16 dicembre 2006
Sarà l'avvicinarsi del Natale...
Che te ne fai di un titolo?

Non ce la fanno,
i belli muoiono tra le fiamme:
sonniferi, veleno per i topi, corda,
qualunque cosa..
si strappano le braccia,
si buttano dalla finestra,
si cavano gli occhi dalle orbite,
respingono l'amore,
respingono l'odio,
respingono, respingono.
Non ce la fanno
i belli non resistono,
sono le farfalle
sono le colombe
sono i passeri,
non ce la fanno
una lunga fiammata
mentre i vecchi giocano a dama nel parco
una fiammata, una bella fiammata
mentre i vecchi giocano a dama nel parco
al sole
i belli si trovano nell'angolo di una stanza
accartocciati tra ragni e siringhe, nel silenzio,
e non sapremo mai perché se ne sono andati,
erano tanto
belli.
Non ce la fanno,
i belli muoiono giovani
e lasciano i brutti alla loro brutta vita.
amabili e vivaci: vita e suicidio e morte
mentre i vecchi giocano a dama sotto al sole
nel parco
C. Bukowski

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15 dicembre 2006
Notturno
Dormono le cime de’ monti

e le vallate intorno,

i declivi e i burroni;

dormono i rettili, quanti nella specie

la nera terra alleva,

le fiere di selva, le varie forme di api,

i mostri nel fondo cupo del mare;

dormono le generazioni degli uccelli dalle lunghe ali.

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14 dicembre 2006
Mohamed il giusto
Un racconto trovato qui dall'amico Bucky, che mi piace condividere.

Mohamed è un soldato. Appartiene alla guarnigione di vigilanza di una prigione.
Passa le sue giornate sulla sommità di un’alta torretta di guardia.
Sta sopra un mondo duro, fatto di filo spinato.
Ha sonno, ma si costringe a stare attento, per non perdere la sua opportunità per il Grande Premio: due settimane di licenza per ogni detenuto colpito durante un tentativo di fuga.
Per arrivare all’area protetta da Mohamed, un prigioniero deve oltrepassare il primo recinto di filo spinato che sta tra il cortile interno alla prigione e l’area di Mohamed.
Un solo passo all’interno della sua area significa che Mohamed può aprire il fuoco e reclamare il premio. Ma anche qualora un fuggitivo riuscisse a sopravvivere al fucile di Mohamed, ci sono altre due barriere prima della libertà. Fuggire è impossibile: di più: suicida.
Tuttavia, talvolta, dei detenuti che vogliono farla finita, si lanciano nella zona della morte e diventano un buono per due settimane di licenza per un soldato
fortunato.

Mohamed viene da una delle repubbliche dell’Asia Centrale.
Si è arruolato nell’esercito quattro mesi fa e non sopporta l’umiliazione e il nonnismo crudele al quale è sottoposta ogni recluta dell’Armata Rossa.
Vuole tornare a casa.
L’esercito non è quello che pensava sarebbe stato.
A fargli più male non è la fibbia della cintura con la stella sovietica impressa a fuoco sulla sua natica. E nemmeno il tremendo suono del catino di ferro con cui viene colpito sulla testa ad ogni risveglio.
Quello che gli fa più male è il suo regime alimentare.
Nella sua terra, mangiare carne di maiale è un inaudito, lurido peccato contro Allah.
Ma ora Mohamed vive nella repubblica maggior produttrice di carne di maiale di tutta l’Unione Sovietica, e bocconi della carne proibita sono ovunque: nella sua zuppa, nel suo pane, talvolta persino nel suo the.
Non può aspettare che qualche stupido prigioniero decida di passare la linea che porta nella sua area.
Deve aiutare la cosa a succedere.
Ha bisogno di una trappola e una trappola richiede un’esca.

Così Mohamed scende in silenzio dalla sua torretta e lascia sul terreno, due passi all’interno della sua area, un pacchetto di sigarette e un pezzo di lardo.
Il pacchetto di sigarette brilla nel contrasto con la sporcizia del terreno.
Mohamed sa quello che fanno i prigionieri per un pacchetto di sigarette.
Ora è solo questione di tempo prima che qualche detenuto si inoltri nel suo mondo per afferrare le sigarette e il cibo.
Dopodiché basterà un solo tiro e Mohamed sarà in licenza, nella sua terra, in compagnia di persone giuste che si nutrono di cibi graditi ad Allah.
Fiero della sua inventiva, Mohamed risale sulla sommità della sua torretta e, come un cacciatore, osserva in silenzio la sua preda. È annoiato, ma sta bene così: perlomeno non c’è nessun altro a torturarlo.
Dallo stomaco vuoto di Mohamed risale un pensiero: e se mangiassi carne di maiale? Nelle ultime due settimane una lotta interiore lo tormenta. La notte sogna il cibo, il cibo buono, il cibo giusto. Ma adesso, nella solitudine della sua torretta, ripensa al sogno della notte precedente. Un maiale parlante ha raggiunto Mohamed nel suo sogno. Il maiale ha detto: “Mangia carne di maiale la notte, quando Allah dorme, non sarà peccato”.
Ora Mohamed è rilassato e ripensa al sogno, al suo significato nascosto, persino al suo potenziale profetico.
Una parte di lui vuole credere che il maiale fosse un messaggero positivo. Dopo tutto non sembrava lurido o peccaminoso. Anzi, era addirittura antropomorfo.
Ma un altra parte di Mohamed gli dice che il diavolo può trasformarsi in forme diverse per condurre i giusti al peccato.
Sì, c’era qualcosa di sospetto nel maiale e nel suo modo di parlare. Ha schioccato le labbra e strizzato l’occhio quando ha detto che Allah dorme di notte. Che orrore sarebbe se il maiale in realtà fosse il diavolo.
Era stato un sogno piacevole, un maiale simpatico, almeno fino alla fine del sogno, quando il maiale si era trasformato in un soldato che aveva infilato un cerino acceso tra le dita di Mohamed.
Mohamed guarda le sue dita, marchiate dal fuoco dei fiammiferi messi lì mentre dormiva.
La chiamano “balalaika” per via del gesto con la mano che si fa per cercare di spegnere il fuoco e il dolore e che sembra quello di uno che strimpella una chitarra.
“Devo chiedere a mio fratello di spedirmi dei guanti” pensa Mohamed “Dormirò con i guanti addosso. Buona idea, quei guanti. Da quando ho iniziato a dormire con gli stivali hanno smesso di mettermi cerini accesi tra le dita dei piedi per vedermi ballare come un orso. Dirò a mio fratello di non spedirmi colonia, questa volta, anche perché gli anziani me la portebbero via per bersela di nuovo”.
Lentamente i suoi pensieri si confondono e inizia ad addormentarsi anche se lotta per restare sveglio. Vorrebbe sonnecchiare, magari rivedrebbe il maiale in sogno.
“Magari il maiale era portatore di un buon messaggio” pensa Mohamed, “Mangiare carne di maiale renderebbe la vita più semplice”.
Poi il calore lo avvolge. Pensa di sparare ad un fuggitivo e di andare in licenza.
Proprio davanti a lui sta l’esca.
Inizia a sognare le montagne della sua terra natia.
All’improvviso sente il suono di una sirena lontana e si sveglia.
Se un officiale lo scopre a dormire lo sbatte in prigione.
Il pensiero di un battaglione punitivo lo sveglia del tutto.
Mohamed guarda il suo orologio.
È ora di pregare.
Nel suo villaggio era conosciuto come un ragazzo intelligente e pio, che non mancava mai una preghiera, e non avrebbe certo iniziato adesso, così lontano da casa.
Mohamed si inginocchia e comincia a pregare.
Trova un grande conforto nella sua preghiera.
Ora è in armonia con Allah.
Quando la preghiera è finita, Mohamed si alza in piedi, in pace, e guarda fuori, verso la sua area.
Le sigarette e il lardo sono andati.
Qualcuno ha abboccato all’esca, ma è Mohamed ad avere riguadagnato la sua libertà

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13 dicembre 2006
Continua la beffa Piazza Fontana
Che altro si può dire? Che solo la realtà supera la fantasia?
Avevamo detto che, al momento della prima sentenza, Delfo Zorzi, condannato all'ergastolo, viveva già tranquillamente sotto falso nome in Giappone. Ora, grazie anche alla cortese segnalazione di Silviu, scopriamo anche come ha fatto a vivere nel frattempo.
Fatevi un giro qui, è istruttivo e, in un suo grottesco e perverso modo, persino divertente.

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12 dicembre 2006
E una di ieri: 12.12.1969 - Piazza Fontana
Erano le 16 e 37 del 12 dicembre di 37 anni fa, quando una bomba esplose dentro la Banca nazionale dell'Agricoltura a Milano, in Piazza Fontana. Appena dietro il Duomo, di fronte al Vescovado....Ci sono di fronte dei giardinetti con delle panchine, dove è comune vedere coppiette e anziani riposare. Una targa sul muro della Banca, non più però Nazionale dell'Agricoltura, ricorda la strage: ci furono infatti 16 morti e 88 feriti.
Fortunatamente, non esplode invece l’ordigno posto all’interno della Banca Commerciale Italiana in piazza della Scala.
Anche Roma ha le sue esplosioni: alla Banca nazionale del Lavoro in via Veneto (13 feriti), all'Altare della Patria e all'ingresso del Museo del Risorgimento (altri 4 feriti).
Il resto è storia: l’arresto degli anarchici Valpreda e Pinelli, capri espiatori di un clima di tensione palpabile come le macerie della Banca sventrata.
L’anarchico Pinelli che il 15 dicembre, dopo tre giorni consecutivi di interrogatorio (comportamento illegittimo della polizia) vola giù dal quarto piano della Questura di Milano - suicida, secondo l’allora commissario Luigi Calabresi, che a sua volta morirà, in largo Cherubini, di fronte alla porta di casa, il 17 maggio 1972, ucciso da un commando di due uomini che sarebbero stati istigati ad agire da Adriano Sofri, e così giungiamo ai giorni nostri, e alla diatriba sulla grazia, che Sofri dichiarandosi innocente non ha mai chiesto, ma che ha tanto fatto imbufalire il fu ministro della giustizia Castelli, come forse qualcuno ricorderà, opponendolo in modo duro e per alcuni anticostituzionale all’allora presidente della Repubblica Ciampi, con la questione della firma d’assenso, come atto dovuto o meno, alla grazia decisa dal Presidente, in quanto prerogativa costituzionale del suo alto ruolo.
Si apre una inchiesta sulla morte di Pinelli, della quale il giornale Lotta continua accusa insistentemente la polizia, ma il giudice d’Ambrosio concluderà l’ inchiesta con la sentenza di morte accidentale: Pinelli sarebbe caduto per un malore. Dopo tre giorni d’interrogatorio, dei quali possiamo immaginare la percussività e la violenza... Ma lasciamo stare.
Inizia anche il calvario di Valpreda, processato più volte, prima che nel 1972 le indagini si indirizzino finalmente nella direzione dell’eversione di destra. Non seguiremo le intricate e talvolta fortunose vicende investigative e giudiziarie, nelle quali a un certo punto sbuca, non si sa quanto a tono, persino la Cia, che porteranno dopo anni di carcere al proscioglimento di Valpreda, morto il 6 luglio 2002, del quale voglio ricordare i gialli d’ambientazione milanese scritti con Colaprico, e il bar, dove mi è capitato più volte di bere il caffè.
Nel 2001 la seconda corte d’Assise di Milano condanna per la strage i neofascisti Delfo Zorzi (da anni rifugiato in Giappone), Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni all’ergastolo, e a tre anni per favoreggiamento Stefano Tringali. A distanza di 32 anni, uno dei misteri vergognosi della Prima Repubblica pare finalmente aver trovato chiarimento.
Ma non è così: sbucano nuovi collaboratori di giustizia, si coinvolge l’MSI, si fanno nuovi nomi e, nel 2003, si inizia il processo d’appello. L’anno dopo, nonostante il sostituto procuratore generale al termine della requisitoria chieda la conferma delle condanne emesse nella sentenza di primo grado, la Corte d'assise d'appello di Milano assolve Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi per insufficienza di prove, e riduce a un anno, con la sospensione condizionale, la pena di Tringali.
Nonostante il ricorso della Procura milanese contro la sentenza di assoluzione, il 3 maggio 2005 la Cassazione conferma la sentenza del 2003 e, come ciliegina sulla torta della beffa, obbliga i parenti delle vittime al pagamento delle spese processuali.
Che dire, se non: Giustizia è fatta! Giustizia cieca e uguale per tutti...
Chi desiderasse approfondire la questione del coinvolgimento Sofri nel delitto Calabresi, può leggere un pamphlet, opera dello storico Carlo Ginzburg, intitolato “Il giudice e lo storico. Considerazioni in margine al processo Sofri”, che esaminando con metodologia da storico abituato alla disamina di processi inquisitoriali, analizza l’incartamento processuale di Adriano Sofri, evidenziandone crepe e incongruenze, soprattutto nelle testimonianze del pentito Marino. Può convincere o meno, ma direi che è una bella lezione di metodologia storica: fosse solo per quello, val la pena, se capita, leggerlo.
Chi desiderasse invece sapere lo stato attuale dell'arte (triste) e leggere qualche ricordo di prima mano, può trovarli qui

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Due notizie, oggi
Due notizie, oggi: i funerali di stato per il boia Pinochet, e il convegno antisemita del presidente iraniano Ahmadinejad.
Mentre a Bagdad si consuma l'ennesima strage di sciiti, mi è possibile un solo commento, citando Primo Levi da La tregua:"Poiché, ed è questo il tremendo privilegio della nostra generazione e del mio popolo, nessuno mai ha potuto meglio di noi cogliere la natura insanabile dell'offesa, che dilaga come un contagio. E' stolto pensare che la giustizia umana la estingua."
Forse non solo del suo popolo, forse qualcosa la imparassimo anche noi, volesse il cielo, noi tutti esseri umani.

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11 dicembre 2006
Dead man
Ascolto la bizzarra colonna sonora di Neil Young, esperimento nato per Dead man, film di Jim Jarmusch, mentre flash del film mi tornano alla memoria. Lungo viaggio alla periferia maledetta del sogno americano, fra i più bizzarri western che abbia visto, in un asciuttissimo bianco e nero, sottolineato dalla cupezza e dalle dissonanze della chitarra di Young, e dalla voce di Johnny Depp che legge versi dell’opera di William Blake. Perché proprio William Blake è il nome del personaggio di Depp, che il mastodontico e innegabilmente simpatico indiano “Nessuno” - anche se a tratti indecifrabile nella sua ostinata venerazione, di “nativo americano” acculturato, per l’omonimo poeta romantico inglese - crede reale reincarnazione di Blake.
Al punto di svuotare quasi di volontà propria il giovane William e renderlo succube di una sorta di sortilegio per lui indecifrabile.
Con una sceneggiatura che trasforma rapidamente tutto - il banale viaggio di Blake attraverso l’America della frontiera che sta morendo, verso un nuovo lavoro: ascoltate la chitarra scandire il movimento delle ruote del treno, mentre il paesaggio fuori dal finestrino diviene sempre più selvaggio e ostile - in un gran pasticcio dal quale l’unica via di fuga è sempre e solo la morte (degli altri, e infine la propria), l’indiano Nessuno guida e accompagna, a metà fra sciamano e psicopompo, il giovane William verso il proprio destino di morte, vissuto come una prova iniziatica, che si confonde sempre più con la dimensione irreale e onirica: ricongiungersi con l’anima del poeta inglese per poter tornare alla dimensione ultraterrena alla quale egli è, secondo Nessuno, sfuggito, lasciando dietro di sé, quasi suo malgrado, una scia di bounty killer, sceriffi e agenti di polizia morti...
Resta l’immagine della scialuppa abbandonata alla corrente del fiume, come nel funerale di un grande eroe, e il sottile spezzarsi del confine fra realtà e sogno negli occhi febbricitanti di William, il Dead man, l’uomo votato alla morte sin dalla prima inquadratura del film.
Superfluo dire che anche in questo film, sul quale la critica è stata abbastanza discorde, spicca la magnifica prova d’attore di un Depp che non delude mai.
E non celebra in chiave metaforica proprio il fascino dell’ineluttabilità della morte William Blake, nei suoi famosi versi (a me che amo i felini, tanto più cari)?

Tigre! Tigre! Di fiamma splendente
Nelle notturne foreste
Quale mano, quale occhio immortale formò
La tua simmetria terribile?

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10 dicembre 2006
Ultimo tango a Sarajevo
Il novantaquattro, 8 marzo.

La Sarajevo degli amanti non si arrende.

Sul tavolo l’invito per il matinè di danza allo Sloga.

Naturalmente ci andiamo!


I miei pantaloni sono un po’ logori,

e la tua gonna non è proprio da Via Veneto.

Ma noi non siamo a Roma,

noi siamo in guerra.


Arriva anche Jovan Divjak. Dagli stivali si vede

che viene direttamente dalla prima linea.

Quando ti chiede un ballo sembri un po’ confusa.

Per la prima volta ballerai con un generale.


Il generale non immagina l’onore che ti ha fatto,

ma, a dire il vero, anche tu al generale.

Ha ballato con la donna più celebrata di Sarajevo.

Ma questo tango – questo è solo nostro!


Per la stanchezza ci gira un po’ la testa.

Mia cara, è passata anche la nostra magnifica vita.

Piangi, piangi pure, non siamo in Via Veneto,

e forse questo è il nostro ultimo ballo.



(1994)

Izet Sarajlic
scomparso a Sarajevo il 2 maggio del 2002

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