23 marzo 2007 |
Ed ecco la punizione divina! ;-) |
La Repubblica, 23.3.2007 L'Iran arresta 15 marinai inglesi ed è scontro tra Londra e Teheran
L'incidente nelle acque irachene durante una azione di pattugliamento per sospetto traffico di armi. Il governo britannico convoca l'ambasciatore: "Faremo di tutto per liberarli".
Certo, tranne trattare, obviously! mister Blair...
se la sarebbe aspettata ieri, mentre recitava a fare il primo della classe, questa bella sorpresina su come si gestiscono i rapimenti di propri connazionali?
...e questi non sono neppure civili, sono rudi soldati di un ex glorioso impero *arrestati per sconfino territoriale* ...
Ah, la vita a volte è davvero imprevedibile da tanto è burlona.Etichette: comunicazioni di servizio |
postato da la Parda Flora
alle 14:48
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22 marzo 2007 |
Ultime della sera |
Rilascio di Mastrogiacomo Usa: "La Rice non sapeva dell'accordo Roma-Kabul"
Oh cazzo, l'ultima scopata della Condoleeza col nostro Massimino dev'essere andata male! Ma fatele fare più sesso a 'sta pora donna... >:))
"Loro" fanno a casa nostra, con i loro agenti della Cia a rapire imam e con i loro piloti zuzzurelloni della basi NATO (che noi il Cermis non ce lo siamo mica dimenticato!) o ammazzandoci alti graduati dei Servizi (che neanche di Calipari morto ammazzato ad un checkpoint USA "amico" ci siamo scordati) quel cazzo che gli pare, negandoci poi sempre l'estradizione dei criminali che hanno perpetrato il loro gesto criminoso sul nostro territorio o a nostro danno, e noi sempre a leccargli le scarpe (solo quell'imbecille di Berlusconi può essere tutto gongolante per il fatto che Bush lo ha portato fra le sua vacche in Texas - il fatto è che al Nano, le vacche, si è capito a straiosa che piacciono!). Tutto questo perché, (che due palle sempre con 'sta storia!) con l'apporto essenziale dell'Esercito di Liberazione Partigiano, si sono decisi a occupare, dopo accordi con la Mafia, la Sicilia e poi a risalire man mano che i partigiani liberavano le città...toh, facciamo eccezione per la battaglia di Montecassino, ma perché siamo onesti... che già la linea gotica era tracciata col righello principalmente sulle carte geografiche, anche se i tedeschi continuavano imperterriti ad ammazzare civili.
E poi ci ricordiamo anche del processo e della detenzione di Silvia Baraldini (43 anni di condanna così ripartiti: 20 per concorso in evasione di Assata Shakur, alias Joanne Chesimard condannata per l'omicidio di un poliziotto, 20 per associazione sovversiva e due preparativi, mai messi in atto, di rapina, e 3 per ingiuria al tribunale per aver rifiutato di fornire testimonianza sui nomi di altri militanti del movimento "19 maggio", della quale fu accusata di essere ideologa) che dimostra, oltre ad una certa innegabile tendenza all'accanimento anche su basi molto fragili in quanto a prove reali, anche quale fosse il loro concetto unidirezionale del diritto di estradizione, col continuo rifiuto di far scontare alla Baraldini, malata di cancro dal 1988, il resto della pena in Italia.
Insomma, i loro fanno quel cazzo che gli pare, e nessuno li può toccare; gli altri, ebbé, noi siamo la Grande America, con la fiaccola della libertà, che ci frega... (ricordate? quella libertà, uguaglianza e fraternità donate dalla Rivoluzione francese) anche se è messa lì ad accogliere, ad Ellis Island, tutti coloro che la libertà, altrimenti negata, cercano ancora oggi! Ma ormai da anni hanno dimostrato fin troppo bene che i diritti, inviolabili, lo sono solo per loro, e che gli accordi, come le reazioni chimiche, e temo i famosi piatti della bilancia della giustizia, che tanto è cieca e quindi non s'accorge di chi le fa la tara, a volte pendono un po' di più da una parte, quella del più forte o del più prepotente. Ecco il risultato del fallimento del progetto ONU: il mondo è in mano a degli ignoranti bovari che l'aspetto più scioccante dell'11 settembre (con tutto il mio rispetto per le vittime di un atto che rimane scellerato e ingiustificabile) lo hanno vissuto soprattutto perché qualcuno li ha, per la prima volta, attaccati pesantemente a casa loro, invece di aspettare le loro non gradite e frequenti visite a domicilio ovunque gli USA abbiano interessi propri, leciti o meno leciti, ideologici o materiali, da tutelare! Chi mai ricorda, fatalità, l’11 settembre di Salvador Allende suicida per un colpo di stato militare dittatoriale sovvenzionato dall’America libertaria e democratica?
Quindi, per favore, Massimino, fa pace con la “signora” che gioca con il mondo, e falla anche godere un po’ 'sta pora donna, così che le torni un poco di buonumore, ché noi, anche se siamo ligi e rispettiamo i nostri doveri internazionali, saremmo proprio stufi di guerre isteriche!
Pst, secondo voi, quanti giri di coda digrignante avrebbe fatto Minosse per il segretario di Stato USA? Bugiardi? Fraudolenti? Oppure nella bolgia di coloro che provocano dissidi e discordie?Etichette: (brutta) storia, comunicazioni di servizio |
postato da la Parda Flora
alle 18:40
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Ieri sera io ho visto Boston legal - e voi? |
Canto XXVII, dove tratta di que' medesimi aguatatori e falsi consiglieri d'inganni in persona del conte Guido da Montefeltro.
Già era dritta in sù la fiamma e queta per non dir più, e già da noi sen gia con la licenza del dolce poeta, 3
quand'un'altra, che dietro a lei venìa, ne fece volger li occhi a la sua cima per un confuso suon che fuor n'uscia. 6
Come 'l bue cicilian che mugghiò prima col pianto di colui, e ciò fu dritto, che l'avea temperato con sua lima, 9
mugghiava con la voce de l'afflitto, sì che, con tutto che fosse di rame, pur el pareva dal dolor trafitto; 12
così, per non aver via né forame dal principio nel foco, in suo linguaggio si convertïan le parole grame. 15
Ma poscia ch'ebber colto lor vïaggio su per la punta, dandole quel guizzo che dato avea la lingua in lor passaggio, 18
udimmo dire: "O tu a cu' io drizzo la voce e che parlavi mo lombardo, dicendo "Istra ten va, più non t'adizzo", 21
perch'io sia giunto forse alquanto tardo, non t'incresca restare a parlar meco; vedi che non incresce a me, e ardo! 24
Se tu pur mo in questo mondo cieco caduto se' di quella dolce terra latina ond'io mia colpa tutta reco, 27
dimmi se Romagnuoli han pace o guerra; ch'io fui d'i monti là intra Orbino e 'l giogo di che Tever si diserra". 30
Io era in giuso ancora attento e chino, quando il mio duca mi tentò di costa, dicendo: "Parla tu; questi è latino". 33
E io, ch'avea già pronta la risposta, sanza indugio a parlare incominciai: "O anima che se' là giù nascosta, 36
Romagna tua non è, e non fu mai, sanza guerra ne' cuor de' suoi tiranni; ma 'n palese nessuna or vi lasciai. 39
Ravenna sta come stata è molt'anni: l'aguglia da Polenta la si cova, sì che Cervia ricuopre co' suoi vanni. 42
La terra che fé già la lunga prova e di Franceschi sanguinoso mucchio, sotto le branche verdi si ritrova. 45
E 'l mastin vecchio e 'l nuovo da Verrucchio, che fecer di Montagna il mal governo, là dove soglion fan d'i denti succhio. 48
Le città di Lamone e di Santerno conduce il lïoncel dal nido bianco, che muta parte da la state al verno. 51
E quella cu' il Savio bagna il fianco, così com'ella sie' tra 'l piano e 'l monte, tra tirannia si vive e stato franco. 54
Ora chi se', ti priego che ne conte; non esser duro più ch'altri sia stato, se 'l nome tuo nel mondo tegna fronte". 57
Poscia che 'l foco alquanto ebbe rugghiato al modo suo, l'aguta punta mosse di qua, di là, e poi diè cotal fiato: 60
"S'i' credesse che mia risposta fosse a persona che mai tornasse al mondo, questa fiamma staria sanza più scosse; 63
ma però che già mai di questo fondo non tornò vivo alcun, s'i' odo il vero, sanza tema d'infamia ti rispondo. 66
Io fui uom d'arme, e poi fui cordigliero, credendomi, sì cinto, fare ammenda; e certo il creder mio venìa intero, 69
se non fosse il gran prete, a cui mal prenda!, che mi rimise ne le prime colpe; e come e quare, voglio che m'intenda. 72
Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe che la madre mi diè, l'opere mie non furon leonine, ma di volpe. 75
Li accorgimenti e le coperte vie io seppi tutte, e sì menai lor arte, ch'al fine de la terra il suono uscie. 78
Quando mi vidi giunto in quella parte di mia etade ove ciascun dovrebbe calar le vele e raccoglier le sarte, 81
ciò che pria mi piacëa, allor m'increbbe, e pentuto e confesso mi rendei; ahi miser lasso! e giovato sarebbe. 84
Lo principe d'i novi Farisei, avendo guerra presso a Laterano, e non con Saracin né con Giudei, 87
ché ciascun suo nimico era cristiano, e nessun era stato a vincer Acri né mercatante in terra di Soldano, 90
né sommo officio né ordini sacri guardò in sé, né in me quel capestro che solea fare i suoi cinti più macri. 93
Ma come Costantin chiese Silvestro d'entro Siratti a guerir de la lebbre, così mi chiese questi per maestro 96
a guerir de la sua superba febbre; domandommi consiglio, e io tacetti perché le sue parole parver ebbre. 99
E' poi ridisse: "Tuo cuor non sospetti; finor t'assolvo, e tu m'insegna fare sì come Penestrino in terra getti. 102
Lo ciel poss'io serrare e diserrare, come tu sai; però son due le chiavi che 'l mio antecessor non ebbe care". 105
Allor mi pinser li argomenti gravi là 've 'l tacer mi fu avviso 'l peggio, e dissi: "Padre, da che tu mi lavi 108
di quel peccato ov'io mo cader deggio, lunga promessa con l'attender corto ti farà trïunfar ne l'alto seggio". 111
Francesco venne poi, com'io fu' morto, per me; ma un d'i neri cherubini li disse: "Non portar; non mi far torto. 114
Venir se ne dee giù tra ' miei meschini perché diede 'l consiglio frodolente, dal quale in qua stato li sono a' crini; 117
ch'assolver non si può chi non si pente, né pentere e volere insieme puossi per la contradizion che nol consente". 120
Oh me dolente! come mi riscossi quando mi prese dicendomi: "Forse tu non pensavi ch'io löico fossi!". 123
A Minòs mi portò; e quelli attorse otto volte la coda al dosso duro; e poi che per gran rabbia la si morse, 126
disse: "Questi è d'i rei del foco furo"; per ch'io là dove vedi son perduto, e sì vestito, andando, mi rancuro". 129
Quand'elli ebbe 'l suo dir così compiuto, la fiamma dolorando si partio, torcendo e dibattendo 'l corno aguto. 132
Noi passamm'oltre, e io e 'l duca mio, su per lo scoglio infino in su l'altr'arco che cuopre 'l fosso in che si paga il fio 135
a quei che scommettendo acquistan carco
(anche se mancano ancora quattro giorni al 26 marzo...)Etichette: comunicazioni di servizio, esergo e altre perle ai porci |
postato da la Parda Flora
alle 14:52
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20 marzo 2007 |
Perché nei blog si scrivono tante cose stupide? |
“Perché devo avere una faccia così sgradevole?” si chiede (il mio padrone) avvicinando lo specchio a una decina di centimetri dagli occhi. (...) Non capisco bene se stia ancora studiando segni lasciti dal vaiolo o facendo la gara con lo specchio a chi distoglie gli occhi per ultimo. Poiché ha sempre mille fantasie in testa, si potrebbe pensare che guardarsi lo induca a darsi libero sfogo. Niente affatto. Se vogliamo interpretare il frivolo comportamento del mio padrone nello spirito zen, spiegarlo in un’ottica filosofica, potremo dire che fa tante smorfie davanti a uno specchio solo per riuscire a conoscersi veramente. Ogni studio che gli esseri umani conducono è una ricerca su se stessi. Il cielo e la terra, i monti e i fiumi, la luna e il sole e le costellazioni tutte non sono che i modi diversi per designare se stessi. Se si rinuncia all’Io, non si troveranno altre materie di studio. E se l’uomo potesse uscire dalla propria individualità, nello stesso momento il suo Io sparirebbe. L’unico studio possibile è quello di se stessi, non si può studiare un’altra persona. Non è concepibile, anche se c’è chi vorrebbe farlo, e chi vorrebbe essere oggetto di studio da parte di altri. Ecco perché da sempre gli eroi sono diventati tali con le loro sole forze. Se potessimo capire il nostro animo tramite qualcun altro, gli potremmo far mangiare della carne al posto nostro per sapere se è tenera è dura. Tutte le attività cui ci dedichiamo quotidianamente - ascoltare trattati giuridici il mattino, sermoni buddisti la sera, passare la notte nello studio a leggere fasci di testi alla luce di una lampada - sono soltanto mezzi per aprire il nostro spirito all’illuminazione senza far ricorso ad altri. Tuttavia il nostro Io non è presente nella legge che ci spiegano, nella via che ci illustrano, nei cumuli di libri mangiati dai topi. Se vi è presente, è solo uno spettro. E’ vero però che in certi casi uno spettro è superiore a un essere senz’anima, e non è detto che inseguendo un’ombra non si possa incontrare la sostanza. Perché la maggior parte delle ombre non se ne distacca. Se il gingillarsi con lo specchio del mio padrone ha questo senso, allora penso che lui sia degno di stima. Che valga molto più di tutti quegli studiosi che si vantano di aver letto tutto Epitteto. Lo specchio è uno strumento che esalta la vanità, è vero, ma al tempo stesso sterilizza l’orgoglio. Non c’è oggetto che istighi maggiormente gli stupidi ad abbellire il loro aspetto esteriore. In due casi su tre, è la causa dei danni che un orgoglioso privo di mezzi arreca a se stesso o ad altri fin dai tempi antichi. L’inventore dello specchio avrà la coscienza sporca, così come si macchiò di una grave colpa quel medico che al tempo della rivoluzione francese ebbe la fantasia di inventare una macchina per decapitare la gente. Tuttavia, quando si è scontenti di sé, quando si è in preda allo scoraggiamento, non c’è rimedio più efficace che guardarsi allo specchio: si ha una immediata e chiara percezione del bello e del brutto. Ci si meraviglia di aver vissuto fino a quel momento mostrando al mondo quella faccia. E quest’improvvisa consapevolezza è un momento prezioso nella vita di una persona. Nulla è più utile ad un essere umano della percezione della propria stupidità. Davanti a uno stupido che sa di esserlo, tutti coloro che hanno un’alta opinione di sé dovrebbero scusarsi e abbassare la testa per la vergogna. Anche se lo stupido in questione si compiace di disprezzasi e di ridere di sé. Il padrone forse non ha la saggezza di riconoscere la propria follia, però è capace di considerare oggettivamente i segni lasciati sul suo volto dal vaiolo. Ammettendo di essere brutto ha già fatto il primo passo verso la comprensione della propria grettezza spirituale. E’ un uomo in cui si può sperare. Può darsi che la lezione che gli ha impartito il filosofo stia dando i suoi frutti. (...) Il padrone apprezza incondizionatamente tutto ciò che non capisce. Non è certo il solo a comportarsi così. Ciò che non comprendiamo contiene un elemento che sfugge alla nostra valutazione, e sottraendosi al nostro disprezzo acquisisce un’aura di nobiltà. Per questo motivo gli uomini di mondo fingono di aver capito ciò che è loro oscuro, e gli studiosi espongono argomenti semplici in maniera astrusa... Da sempre ammirare qualcosa di enigmatico facendo mostra di capire è cosa piacevolissima...
"Io sono un gatto. Un nome ancora non ce l’ho.", 1905 Natsume SōsekiEtichette: comunicazioni di servizio, cose da ricordare, esergo e altre perle ai porci, etologia domestica |
postato da la Parda Flora
alle 16:58
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