01 febbraio 2008 |
“Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?” |
I fatti: per legge, in Italia, nessun soggetto può (potrebbe?) detenere più del 20% delle reti televisive nazionali.
In base a questa legge in difesa del pluralismo dell’informazione, Europa 7 vince l’appalto per le frequenze attualmente occupate da Retequattro, già nel 1999. Sarà per la data infausta, che molti ricorderanno come titolo di un telefilm cult di fantascienza, ma da allora Di Stefano, proprietario di Europa7, come Astolfo, è partito davvero per andare a cercare sino sulla luna (ovvero alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea) il senno perduto della Giustizia italiana. Senza per altro averlo ancora trovato - e son passati otto anni. Visto che secondo l’usuale costume così amato dalla Casa delle Libertà (prevalentemente, le loro), e cioè: fatta la legge, trovato l’inganno - quando la Corte Costituzionale diede il 31 dicembre 2003 come termine ultimo a Fede & Co per sloggiare e traslocare sul satellite, subito arrivò la provvidenziale legge Gasparri ad personam (sempre la stessa, quella del processo Sme, per i più distratti) che annullava l’efficacia della sentenza di una delle più alte istituzioni dello Stato, e che fra l’altro già aveva ricevuto sonore tirate d’orecchie in sede europea. A quel punto... a quel punto, il legittimo vincitore della gara d’appalto relativa all’utilizzo delle frequenze occupate illegalmente da Retequattro, incassato l’ennesimo due di picche dal Tar, decide d’impugnare tale sentenza e rivolgersi al Consiglio di Stato, e il Consiglio di Stato, a sua volta, si è rifatto al parere della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Che già aveva accusato l’Italia di opacità e palesi discriminazioni nella gestione della “libera prestazione di servizi” e quindi si è pronunciata a favore della ormai da otto anni “imbavagliata” Europa 7, ribadendo anche a livello europeo l’illegalità della situazione di Retequattro. Cosa che fra l’altro appartiene alla rivoltante aberrazione, in merito al rispetto del pluralismo della libertà d’opinione, rappresentata dall’Italia, che dopo tante lacrime di coccodrillo e false promesse, per non parlare delle ridicole manovre correttive attuate dalle Destre, che si sarebbero pretese essere risolutive dell’ormai annoso e stomachevole, per arroganza, in realtà mai risolto, anche se forse un po' accantonato come priorità politica, conflitto d’interessi. Ora, il non recepimento della decisione europea (non si può continuare a stare dentro l’UE a corrente alternata: se mi comoda sì, se non mi fa comodo no!) dovrebbe costare all’Italia una salatissima multa di 400 mila euro per ogni giorno di inadempienza, cosa sulla quale farebbe bene a riflettere chi si lamenti del canone Rai, che mi sembra ben più contenuto, a favore della sbandierata gratuità della concorrente Mediaset. Ma dato che saranno soldi dei cittadini, e non di Pinocchio, questi si è già premurato di rassicurare i fan di Fede: per Retequattro non cambierà nulla. E l’illegalità, sfacciata e arrogante, continuerà a regnare sovrana.
Il tutto (il caso Sme, i voti scambiati per una velina, le dichiarazioni iperboliche e deliranti sempre rimangiate, la indifferenza con la quale è stata accolta la condanna Europea sul caso Retequattro...) mi ha fatto ricordare il famoso inizio della prima Catilinaria di Cicerone, credo il primo processo storico documentato, a memoria d’uomo, per un caso di congiura contro la Repubblica di Roma: allora, in punta di pugnale; oggi anche a colpi di frequenze etere. L’unica differenza era che Catilina, a modo suo, era anche un idealista, come riconobbe col tempo persino Cicerone; Pinocchio invece, solo un disonesto opportunista. “I 1 Fino a che punto, Catilina, approfitterai della nostra pazienza? Per quanto tempo ancora la tua pazzia si farà beffe di noi? A che limiti si spingerà una temerarietà che ha rotto i freni? Non ti hanno turbato il presidio notturno sul Palatino, le ronde che vigilano in città, la paura della gente, l'accorrere di tutti gli onesti, il riunirsi del Senato in questo luogo sorvegliatissimo, l'espressione, il volto dei presenti? Non ti accorgi che il tuo piano è stato scoperto? Non vedi che tutti sono a conoscenza della tua congiura, che la tengono sotto controllo? O ti illudi che qualcuno di noi ignori cos'hai fatto ieri notte e la notte ancora precedente, dove sei stato, chi hai convocato, che decisioni hai preso?
2 Questi i tempi! Questo il malcostume! Il Senato conosce l'affare, il console lo vede, ma lui è vivo. È vivo? Addirittura si presenta in Senato, prende parte alla seduta, indica e marchia con lo sguardo chi ha destinato alla morte. E noi, uomini di coraggio, crediamo di fare abbastanza per lo Stato se riusciamo a schivare i pugnali di un pazzo! A morte, Catilina, già da tempo dovevamo condannarti per ordine del console e ritorcerti addosso la rovina che da tempo prepari contro noi tutti!
(e invece continuano a votarlo regolarmente: mistero più glorioso di quello dell'Immacolata Concezione! nota della parda)
3 Ma come? Un uomo della massima autorità come Publio Scipione, il pontefice massimo, fece uccidere senza mandato pubblico Tiberio Gracco, che minacciava solo in parte la stabilità dello Stato, e noi consoli dovremo continuare a sopportare Catilina, smanioso di distruggere, di mettere a ferro e a fuoco il mondo intero? Non voglio ricordare il passato, episodi come quello di Caio Servilio Ahala che uccise con le sue mani Spurio Melio, il rivoluzionario. Ci fu, ci fu un tempo tanto valore nello Stato che uomini impavidi punivano il concittadino ribelle con maggiore severità del più implacabile dei nemici! Abbiamo un decreto senatoriale contro di te: è di estrema durezza. Allo Stato non mancano né l'intelligenza né la fermezza dell'ordine senatorio: manchiamo noi, noi, i consoli, lo dico apertamente.”
(per chi lo desideri, ad esempio qui uno dei tanti testi integrali in Rete dell'orazione, che è persino meglio del vibrante discorso repubblicano di Lucilla, la sorella di Commodo, nella scena finale de Il gladiatore! :D Visto che ormai, beatamente immemori del nostro passato, i nostri parametri culturali, e non solo, sono questi). ..e intanto il muro continua a salire, un pezzo per volta: non sentite anche voi cominciare a mancarvi l'aria?Etichette: storia (indegna) |
postato da la Parda Flora
alle 07:25
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31 gennaio 2008 |
Come gli americani ci stermineranno |
E la cosa più buffa (si fa per dire) è che ciò non accadrà coinvolgendoci nell’ennesima guerra, ma a causa di una scriteriata politica di disinfezione generalizzata a base di clorinati, ovvero disinfettanti a base di cloro, e antibiotici a gogò. Solo un mese fa l‘ennesimo allarme, pubblicato sulla edizione di dicembre della Environmental Health Perspectives , relativo allo studio degli effetti legati all’uso indiscriminato di queste sostanze come disinfettante da parte delle autorità americane. Problema ben presente agli addetti ai lavori, in particolare a coloro che si tengano aggiornati, ma credo poco conosciuto dall’opinione pubblica italiana e differente dai periodici allarmi circa le epidemie di influenza aviaria, e da quel che ho potuto constatare, cosa ben più grave, ignorato o sottostimato anche da molti tecnologi alimentari e medici nostrani, che mi paiono dotati di informazioni un po' obsolete, tipo ignorare che risultati simili sono stati riscontrati anche in Europa, e quindi i coliformi da un po’ non sono più, ahimè, quelli di una volta, quando già comunque potevano essere causa non solo di una banale tossinfezione alimentare, ma anche di endocarditi. Tanto per dirne una.
Ebbé, e dov’è il problema, direte voi? Il problema è che questo uso “pigro” dei clorinati e degli antibiotici (in fondo basterebbe alternare i vari presidi medico-chirugichi, usati per la disinfezione, in una rotazione intelligente in grado di non consentire a specifici patogeni di avere il tempo per sviluppare resistenza), sta di fatto selezionando ceppi di Coliformi e Salmonelle sempre più agguerriti e temibili, per l’uomo. Perché a furia di mutazioni da parte di appartenenti alla famiglia dell'Escherichia coli, (che, ironia della sorte, è pure un normale ospite, se in debita e contenuta proporzione, dell’intestino umano, e un tempo, un dismicrobismo intestinale a suo favore avrebbe in linea di massima causato una fastidiosa diarrea e poco più), ormai esistono ceppi talmente aggressivi di Coliformi ed Enterobacteriacee (famiglia alla quale appartiene la Salmonella) da provocare anche la morte dell’ospite. Cioè, noi. E contro i quali siamo oggi terribilmente a corto di risorse farmaceutiche, come fra l'altro in genere per tutte le infezioni da Gram-negativi. Anche perché - e qui la parte in causa è una comunicazione del due gennaio 2008 che si riferisce a ricerche della John Hopkins Bloomberg School of Public Healt si è evidenziato come con una allarmante frequenza, l’uso di antibiotici negli allevamenti avicoli abbia selezionato ceppi antibiotico-resistenti ad ampicillina, gentamicina, tetracicline, cicloproxacina e ceftriazone. Ceppi che colonizzano i lavoratori del settore, in particolare coloro che operano nell’ambito del trattamento industriale, dalla macellazione al confezionato, dei polli, e che poi svolgono il ruolo concreto di veicolo di diffusione nell’ambiente, anche semplicemente attraverso le uniformi da lavoro, (ruolo già confermata con ricerche in Maryland e Virginia, ove l‘allevamento industriale dei polli è particolarmente diffuso) di questi ormai indiscutibilmente pericolosi agenti patogeni, resistenti ai principali farmaci dei quali disponiamo per curare le infezioni che provocano. E “la resistenza agli antibiotici ha iniziato a diventare un serio problema per i servizi di salute pubblica mondiali”, anche tenuto conto che secondo la Divisione Malattie Infettive della Facoltà di Medicina della già citata John Hopkins Bloomberg School, “ben più della metà delle medicine antimicrobiche attualmente prodotte in America viene normalmente utilizzata nella produzione di cibo animale. Oltre alla gentamicina, negli Stati Uniti ben altri 16 farmaci antimicrobici sono autorizzati per l’utilizzo nella sola produzione avicola”
Se oltre al crollo delle borse; il bilancio domestico che non torna mai; le bugie di Pinocchio, al solito smentite, nonostante siano state registrate e ascoltabili da chicchessia; la crisi di governo; una assoluzione vergognosa passata nell’indifferenza più totale da parte della società civile; l’effetto serra e il terrorismo, sentivate bisogno di un nuovo motivo per angosciarvi - in fondo, la varietà, anche nella sfiga, è pur sempre un cambiamento potenzialmente gradevole, ho pensato e poi ero stufa di politica... - eccovi accontentati.
Altre che guerre batteriologiche e armi di distruzione di massa...
Mi raccomando, riposate sereni: in fondo, davvero, chi vuol vivere per sempre?
(e se vi chiedete il perché dell'etichetta di questo post, pensate alla colonia di ancora tranquilli Coliformi che è ospite del vostro pancino... ) >:))Etichette: etologia domestica |
postato da la Parda Flora
alle 11:04
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Pensierino del mattino ovvero come buttare al vento 300 milioni di euro! tanto, a noi avanzano... |
Perché si dovrebbe andare al voto subito, senza neppure provare ad aprire (in totale mala fede) una linea di credito a Marini e al suo incarico esplorativo?
Per rispondere non servono fondi di caffé, né sfere di cristallo: basta leggere Il Sole24ore!
Come direbbe don Camillo: quando sarete nella cabina elettorale ricordatevi che Dio non vi vede (con buona pace di Ratzinger, Ruini, Bagnasco e della Cei intera, avendo mi auguro cose ben più serie alle quali pensare), ma Pinocchio e suoi fidi collocati nelle commissioni elettorali (tanto si sa, no? come si formano le commissioni elettorali da che mondo è mondo. Democratico e non...) mmmmh, non ne sarei altrettanto sicura. Dato che anche dietro a questo emolumento per "ridurre i costi della politica", immagino, c'è una legge (ahimé, bipartisan) del governo Berlusconi, che per il voto anticipato è oggi certo quello che starnazza più forte. Eppure qualche altro mese cercheremo bene di reggerlo no, per tutelare i diritti dei Poveri Trentacinque in cerca di pensione? Perché, anche se Marini s'indigna con la stampa che lo ha fatto notare, vedendo la media dei figuri che si aggirano impunemente in Senato e i loro bizantinismi, il dubbio invece a me è sembrato più che legittimo. Soprattuto da chi si domanda se rivedrà mai sotto forma di pensione, lui e soprattutto suo figlio, i contributi che versa regolarmente.Etichette: storia (indegna) |
postato da la Parda Flora
alle 07:52
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30 gennaio 2008 |
Dimmi, o Divo, in quanti modi poss'io definirti innocente? |
"Caso Sme, assolto (sic?!?) Berlusconi falso in bilancio non è più reato
I giudici della I sezione penale del Tribunale di Milano hanno prosciolto il leader di Forza Italia, accogliendo la tesi della difesa: "I fatti non sono più previsti come reato". I magistrati hanno applicato una legge varata dal governo di centrodestra" La Repubblica, 30 gennaio 2008
Servono commenti? Non credo proprio...
Ormai, al gioco lurido ci siamo così assuefatti, che probabilmente lo rieleggeremo pure, questo furfante "innocente" sempre per i consueti cavilli legali e/o prescrizione dei reati commessi (e in questo caso valgono entrambe le opzioni), ma mai perché non ha commesso i reati imputatigli. Mi incuriosisce un po' la cecità di tante presimibilmente brave persone, che invece di urlare vendetta al cospetto di Dio per lo scempio della Giustizia, al quale assistono, si rallegreranno. Anche se a questo punto mi appare chiaro che chi persista nel mangiare questa immondizia e non condannare l'arrogante gestione sempre e solo pro domo suo del potere di questo delinquente, non ha più scusanti del tipo - è un cretino! No,ormai è chiaro a tutti gli effetti che è un suo complice, e come tale sarà visto, pesato e giudicato. Perché, presto o tardi, ma il redde rationem arriva per tutti, persino per coloro che sono convinti che con i soldi si possa comprare davvero tutto! Io, ad ogni modo, oramai non mi stupisco più di nulla. Neppure della faccia di palta con la quale c'è chi sorride e con marcia virile e maschia infanga disinvoltamente persino una parola pura come innocenza.Etichette: storia (indegna) |
postato da la Parda Flora
alle 12:24
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Scrittori contro lettori? |
“Senza soggettività non possiamo decifrare le sensazioni, ma senza le sensazioni non abbiamo niente per cui essere soggettivi. Per questo, mi pare, l’autore di un testo dovrebbe tenere a mente di essere anche un lettore, in modo da prendere in considerazione scrivendo, almeno nelle intenzioni, la soggettività del lettore”
La lettura del lungo post dal quale è estrapolato solo la fine, post oltretutto parte di una riflessione più articolata, sulla scrittura in ambito saggistico e non solo, poi ampliatosi alla scrittura in generale, mi ha spinto ad alcune riflessioni. Pensare a un lettore ipotetico è uno dei primi esercizi che vengono suggeriti in tutte le scuole di scrittura creativa, che io sappia, perché rendere il lettore concreto, in qualche modo, aiuta a vincere la lotta col foglio bianco. Poi so che moltissimi scrittori, contemporanei e non, hanno affermato (e non vedo perché dovrebbero mentire) in interviste o loro libri dedicati alla riflessione sulla scrittura, questa cosa del lettore ideale come una costante. Poi magari il lettore ideale può anche essere l'editor, perché no? col quale il confronto esiste, e ben diretto e concreto. Comunque, anche se lo scrittore, come è stato accusato, proiettasse sue caratteristiche sul lettore, non vedo il dramma. Ogni scrittore, persino l'autore di best seller commerciali, ha un suo target di riferimento: credo possa essere naturale che esso coincida col lettore ideale. La cosa diventa particolarmente evidente, direi, con la cosiddetta letteratura di genere. E poi esistono situazioni di scrittura nelle quali se non tieni sempre ben presente chi è il tuo lettore, non arrivi proprio da nessuna parte. Certo, il problema è un po' diverso con la produzione saggistica, mi pare. Spesso, è vero, ci si trincera dietro ai linguaggi tecnici come fossero cavalli di Frisia... e infatti, da anni ormai c'è uno sforzo generale, da parte delle amministrazioni, per abolire il “burocratichese” e rendere le comunicazioni al pubblico più semplici, comprensibili e quindi efficaci, con anche dei bei risultati conseguiti. E qui sicuramente il ragionamento di partenza è particolarmente pregnante, perché se il saggio, per suo natura, si rivolge sempre solo a una minoranza di lettori, che spesso si presume siano in possesso di competenze particolari, è nella comunicazione che si rivolge a tutti, che lo sforzo di mettersi fino in fondo nei panni del lettore, possibilmente un anziano seminalfabeta, acquista un profondo significato anche civile e politico, secondo me. Però è anche vero che ci sono ambiti nei quali il linguaggio tecnico non è solo un vezzo accademico o di casta, è una necessità concreta: penso ad esempio a certe formule codificate del diritto, dove ogni singola parola ha un suo senso e scopo, o anche alla medicina, per la quale non è questione di cercare un termine equivalente del linguaggio comune, ma avviare una spiegazione di 20 minuti, che comunque spesso per essere capita, richiederebbe anche tutta una serie di conoscenze attinenti alla disciplina. Tuttavia, quando si scrivono pubblicazioni in questi due ambiti, il lettore è decisamente di nicchia, e perciò non trovo nulla di scandaloso che chi scriva un articolo per Lancet, non si ponga problemi di contenere l'uso di termini tecnici, e quindi esatti. D’altra parte, anche muovendoci in territori apparentemente più neutri, come per esempio la citata storia, in uno studio, per dire, sulla gestione economica di un certo territorio da parte del proprietario fondiario, l’uso direi imprescindibile di termini come enfiteusi, livella o fedecommesso, li puoi una prima volta spiegare, ma poi immagino li si utilizzerà tranquillamente tal quali, dando per scontato un minimo di buona volontà da parte del lettore (anche perché credo sarebbe scorretto nei suoi confronti, nello sforzo di semplificare, negargli conoscenze che sono oggettivamente parte della realtà esaminata). Poi è verissimo, è molto più facile scrivere elzeviri o saggi interi, arzigogolati e perciò d'impatto, che in realtà non vogliono dire nulla o quasi, che non scrivere con semplicità e chiarezza, pur nel rispetto della correttezza non solo dei contenuti, ma anche della forma. Per esempio, noto (anche per quel che mi riguarda, ovvio) che sovente anche commenti ai post non brillano per lo sforzo di essere semplici e immediati, linguisticamente e non, anzi.... Anche perché, oggettivamente, scrivere con semplicità è più faticoso, e credo che per molti significhi anche una sensazione di perdita di autorevolezza.Etichette: extra vagantes |
postato da la Parda Flora
alle 10:00
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