16 maggio 2008
Distacco
Distacco: operazione mentale frutto di lungo e impegnativo esercizio, finalizzata a creare un diaframma fra sé e il mondo esterno. Questo può essere dovuto alla necessità di arginare il frastuono del mondo, per assicurare quel minimo di silenzio interiore indispensabile a sopravvivere. Altre volte, più banalmente, esso è finalizzato a proteggere la mente dall’invasione dell’orrore quotidiano, per impedire che essa gli soccomba. In entrambi i casi, trattasi di una pratica faticosa e impegnativa, che assorbe gran parte delle risorse vitali dell’individuo. E nel frattempo, la vita - dov'è?

C'è stato un momento in cui
mi è sembrato capirci qualcosa
vederci più chiaro
in mezzo alle trame
che intreccia la vita
ma è stato un attimo
soltanto un attimo.

C'è stato un momento in cui
si è mostrato il disegno divino
perfetto equilibrio tra tutte le forze
del bene e del male
ma è stato un attimo
soltanto un attimo.

E' tutto chiaro improvvisamente
dopo un po' non rimane niente
allora è meglio che tornino le ombre
fa troppa luce la parola sempre
fa troppa luce
fa troppa luce
fa troppa luce la parola sempre.

C'è stato un momento in cui
si è intravista la meta lontana
la vera ragione
del nostro passaggio
su questo pianeta
ma è stato un attimo
soltanto un attimo.

E' tutto chiaro improvvisamente
dopo un po' non rimane niente
allora è meglio che tornino le ombre
fa troppa luce la parola sempre
fa troppa luce
fa troppa luce
fa troppa luce la parola sempre

fa troppa luce
fa troppa luce
fa troppa luce la parola sempre

E' tutto chiaro improvvisamente
dopo un po' non rimane niente
allora è meglio che tornino le ombre
fa troppa luce la parola sempre
fa troppa luce
fa troppa luce
fa troppa luce la parola sempre

Etichette: ,

postato da la Parda Flora alle 09:31  

 

15 maggio 2008
Dopo di noi il diluvio...
Non so come dire, ma...
Il governo ha ottenuto la fiducia del Senato.
Ohhhhhh - stuporone.

Siamo veramente orgogliosi, se appena avete 30 secondi di pazienza durante i quali potrete scaricare l'eventuale vostra irritazione camminando nervosamente avanti e indietro meditando feroci vendette, di darvi un'anteprima dell'inclita accozzaglia di signori in questione. Che qui, di borghesi gentiluomini mi sa non è rimasto neppure uno.

(ah, magari sapessero esibirsi davvero così bene: per il momento fan girare biglietti "galanti" - altro che il secco "No!" di Marais adulto - e si esibiscono come quadrumani infoiati appena qualcuno che non appartiene alla loro tribù cerca di prendere la parola - ragazzi, questa sì che è democrazia!)

Etichette: , ,

postato da la Parda Flora alle 16:45  

 

13 maggio 2008
The shipping news
Sinceramente, sono davvero stufa di scrivere qui solo di politica. D’altra parte, i casi miei sono decisamente così più noiosi, per me (figuriamoci per eventuali altri!) da non stimolarmi alcuna voglia di parlarne, mentre le notizie che provengono dall’abisso, decisamente, continuano a riuscire a scuotere la mia apparente (solo apparente, insisto) atarassia, o inebetimento, che dir si voglia.

Continua la saga Travaglio.
Ora, sinceramente a me Marco Travaglio è simpatico: ha quel dono dell’ironia, sfumata di apparente soavità in realtà feroce, che apprezzo molto nelle persone. Voglio dire, la sua capacità di reggere un’intervista o un faccia a faccia, senza mai scomporsi più di tanto anche di fronte agli attacchi più beceri e sfrontati, ma al tempo stesso senza mai lasciarsi zittire, ritengo sia dote rara, appartenente alla miglior scuola giornalistica, e osiamolo, anche umana. Le scimmie urlatrici mi dan fastidio allo zoo (a dire il vero, mi danno fastidio anche gli zoo, ma questo è un altro discorso), figuriamoci in televisione all’ora di cena!
Ora, la tesi dell’imponente spiegamento di forze messo in campo contro di lui (quanta paura deve fare un vero giornalista, viene da pensare, che attacca il potere politico, cosa che per altro dovrebbe far parte, quando necessaria, del normale svolgimento della sua attività professionale - che è poi uno dei principali fini per i quali storicamente il giornalismo è nato, e per il quale CREDO TUTTI ci teniamo resti vivo e in buona salute - se riesce addirittura nella vera ...mission impossible di unificare governo e opposizione!) è che Schifani non è mai stato dimostrato sia stato colluso alla mafia: tutt’al più, è stato un giovane avvocato un po’ (tanto? troppo?) malaccorto nella scelta delle sue frequentazioni giovanili (nato nel 1950, si fa riferimento a fatti risalenti a partire dal 1979 ovvero da quando aveva quasi trent’anni - giovane vabbé, ma visto poi il cammino fatto, vogliamo credere anche così irrimediabilmente tonto?) e conseguenti attività professionali, ma relativamente alle quali, a onor del vero, egli non ha mai fornito sinora spiegazioni convincenti, cosa che a casa mia puzza come il pesce della settimana prima.
Ora, a parte che personalmente, pur essendo molto consapevole del fatto che le persone possono realmente in buona fede o spinte da eventi incontrollabili, commettere errori nel loro percorso umano (anzi, direi da quel che vedo ultimamente, pare questa la loro attività principale), tendenzialmente aderirei alla scuola di pensiero che si rifà al vecchio adagio : “Non solo Cesare, ma anche la moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto” - adagio che ha trovato recentemente autorevole conferma grazie alla signora Sandra Lonardo in Mastella, così per fare un nome a caso.
Insomma, ammettiamo pure, sposando la tesi di essere elettori e imbecilli boccaloni, che quando l’avvocato Schifani decideva di mettersi in società con individui che anni dopo (si sa, anche Al Capone, pur essendo da anni solare la sua colpevolezza per associazione a delinquere, pur in assenza di prove legali indispensabili a incriminarlo, fu fermato dopo anni di onorata attività solo grazie a un escamotage che si servì dell’evasione fiscale - quindi, direi, nulla ci dovrebbe più turbare o stupire più di tanto) sarebbero stati inquisiti e condannati per attività mafiose, ci terrei a sottolinearlo, CONDANNATI, fosse un fanciullo ingenuo ignaro di ciò che i suoi soci e amici in realtà facevano per vivere. Se ne deduce che, volendo credere alla sua innocenza, quanto meno ci troviamo di fronte a un sprovveduto cretino integrale, e girala come vuoi, saperlo Presidente del Senato, seconda carica dello Stato, come insistono a farci notare, non è in nessun caso rassicurante: se si associa ignaro a delinquenti, che garanzie di intelligenza e accortezza politica dà al popolo italiano che, non dimentichiamolo, in minoranza (porcellum miracoloso a parte) lo ha votato, immaginando possedesse i mezzi intellettuali per garantirne la tutela degli interessi?
Sarò un’illusa, ma gradirei che gli esponenti del governo non fossero implicabili con tanta facilità in vicende giudiziarie, queste sì, davvero opache, che vedono richiedere alla mia buona volontà di cittadina una fiducia illimitata, e soprattutto motivata dal nulla, nelle qualità morali di coloro che, anche non avendoli io votati, comunque mi rappresentano. A parte il fatto che istintivamente ho sempre diffidato di chi sia privo di labbra, ma mi rendo conto questo sia un argomento lombrosiano, e in quanto tale debole. Tuttavia...
Gradirei anche che l‘opposizione, per altro non facendo nulla di più del suo mestiere, anziché correre a puntellare in modo troppo solerte per non risultare equivoco, le argomentazioni di un governo che, sempre a casa mia, ma dubito di essere l’unica, continua a puzzare come il pesce di una settimana fa, invece di serrare i ranghi di casta, si ponesse almeno qualche dubbio, tanto più visto che a furia di dubbi e scrupoli e fair play del cavolo, ad essa così cari e familiari, ha perso le elezioni! circa le reali posizioni e motivazioni del giornalista Marco Travaglio, contrapposte a quelle del neo Presidente del Senato Schifani, perlomeno sulla base del ragionamento di chi ha maggiormente da guadagnare dal mantenimento dello status quo...
O forse vien da pensare che la base, oramai, ha le idee decisamente più chiare dei vertici politici (per altro, unico dato certo ricavabile dal risultato delle passate elezioni), e quindi in tali vertici politici, come da risultati elettorali, tendenzialmente ormai non si riconosce più?
Secondo l’analisi di D’Avanzo su La Repubblica, Travaglio è in mala fede, perché riferisce fatti veri - le “liaisons dangereuses” di Schifani - tacendo che essi in realtà non hanno nessun tipo di significato politico o giudiziario, dato che in sede giudiziaria non si è mai riusciti a dare loro una lettura di carattere malavitoso.
Ora, a parte che io continuo a credere al vecchio adagio - dimmi con chi vai e ti dirò chi sei - soprattutto quando riferito a personalità che rivestono posizioni di potere, e quindi di possibile corruttela, anche sulla base di qualche esperienza che ho potuto seguire direttamente, inviterei, a parte D’Avanzo, qualsiasi altro comune cittadino a trovarsi, da comune cittadino, nella posizione di Schifani, per verificare la lettura che la legge “uguale per tutti” darebbe della sua posizione. Dio ci scampi e liberi, come cittadini qualsiasi, dall’errore giudiziario, dato che si paga con sangue e stridor di denti - e su questo non credo esitano dubbi. A meno di esser un deputato forzista, o anche solo un deputato... cosa che né Marco Travaglio, né noi elettori qualsiasi, evidentemente, siamo.
Le serene denunce di Travaglio nel corso della trasmissione di Fazio sarebbero quindi, anche secondo l’opposizione, null’altro che frutto di una lettura volutamente distorta dei fatti relativi alla vicenda delle collusioni mafiose fra potere e malavita organizzata. Anche senza contare che il poco parlare di mafia che si fa ultimamente, a me che sono una inguaribile cinica di mestiere, fa pensare che la mafia, lungi dall’essere sconfitta, c’è, gode di buona salute e vi manda ironicamente a salutare tutti dalle sue conquistate posizioni di intoccabile potere, dal momento che ve ne state tutti lì come allocchi abbagliati dal sole .
Per questo, continuo ad auspicare un chiarimento inequivocabile, rispetto alle accuse mosse da Travaglio; un chiarimento un po’ più efficace dei poveri pretesti tirati in ballo sinora; un chiarimento basato, tanto per cambiare, sulla indiscutibile evidenza dei fatti, che per carità, non corrisponderanno sempre e necessariamente alla verità, ma certo sono la cosa che io conosca ci si avvicina di più.
Per questo, anche se vale nulla, va la mia solidarietà a Marco Travaglio, che almeno ci prova a tener alto l’onore nazionale di fronte alla spudoratezza della controparte, augurandomi che il redde rationem che implacabilmente sovrasta ogni intrapresa umana, farà giustizia anche di questi giorni oscuri e vergognosi della storia repubblicana del nostro paese.

Una nota finale: una delle attività giornalistiche che richiede maggior sottigliezza e abilità di mestiere è l’arte della titolazione. Nel film omonimo al titolo di questo post, tratto da un romanzo premio Pulitzer, c’è, ancorché riferito a un minuscolo giornale locale di una minuscola comunità di Terranova, una delle più efficaci ed esaustive lezioni che io conosca, nella sua apparente semplicità, su cosa sia la notizia, come la si deva gestire dal punto di vista giornalistico e come poi la si deva impaginare. Subito dopo, anziché il corso di scrittura di Baricco in edicola a puntate, consiglio la lettura di “Rabbia” di Chuck Palahniuk, che offre molti spunti di riflessione, non solo sociologica, in riferimento alla famigerata programmazione neurolinguistica o PNL familiare agli esperti di marketing, con la quale, oltre alle automobili usate, oramai ci vendono anche la realtà - e so quel che dico, avendo partecipato alla redazione del primo saggio italiano, edito da Sperling & Kupfer per gli inguaribili sospettosi, relativamente all’applicazione alla scrittura di questa tecnica nata in origine per l’uso in corso di terapie psicologiche.
Statemi tutti bene, eh...

Etichette: , ,

postato da la Parda Flora alle 13:09  

 

12 maggio 2008
Nomen omen, dicevano i latini...
Schifani, oggettivamente, che replica potrebbe opporre a documenti e incartamenti processuali dai quali ha tratto le sue informazioni Travaglio?
Rilanciando l’eterna tiritera inaugurata dal suo leader di un mega complotto da parte della magistratura cattiva e comunista a danno di chiunque appartenga alla sua fazione politica? (come se non ci fossero illeciti e reati che vedono coinvolti anche esponenti della sinistra, regolarmente accusati e perseguiti).

Mi pare poi illuminante, sia il modo nel quale Fazio aveva annunciato Travaglio come ospite - ”la trasmissione sta finendo, quindi, comunque vada...” - che o è una boutade mal riuscita, o comunque lancia un piccolo dubbio circa la libertà d’espressione, questa sì davvero in pericolo, persino sulla Tv pubblica; sia la considerazione sul tutto di Travaglio: "Mi limito a notare una cosa: nessuno dice che quanto ho affermato sia falso. Non soltanto è vero, ma è notorio che il presidente Schifani abbia intrattenuto fino agli anni Novanta dei rapporti con Nino Mandalà, il futuro boss di Villabate - comune sciolto due volte per collusioni mafiose - poi condannato in primo grado a otto anni per mafia (e integra la Parda: ad altri 4 per intestazione fittizia di beni). Negli Anni Ottanta Schifani, insieme a Enrico La Loggia, altro esponente forzista, era socio di Mandalà nella società di brokeraggio assicurativo Siculabrokers.(...) In ogni caso ciò che ho detto su Schifani è stato scritto sia da me sia da Peter Gomez nel libro Se li conosci li eviti e, soprattutto, circa un anno fa, in maniera più particolareggiata, lo ha scritto Lirio Abbate, il cronista dell'Ansa celebrato per il suo coraggio e per il suo impegno antimafia dal capo dello Stato Giorgio Napolitano, e che ora vive sotto scorta. Non risulta, però, che qualcuno lo abbia querelato. Quindi delle due l'una: o Abbate è un bugiardo, e perciò si abbia il coraggio di dirlo, oppure ha ragione. Insomma, ci sono dei fatti che si possono citare nei libri ma non in televisione. Allora dico che in tv non si può dire la verità. La televisione è in mano ai politici, alla casta".
E notate, non cita nemmeno i rapporti di Schifani con l’imprenditore Benny D'Agostino, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.

Mi pare valida anche la considerazione di Di Pietro, in mezzo a tanto blaterare posizione da uomo che conosce la legge, a prescindere da come Berlusconi sprezzantemente insinua abbia ottenuto la sua laurea... relativamente alla natura e scopo del mestiere di giornalista di Travaglio, tenuto eticamente e deontologicamente a informare circa i fatti (“Un giornalista che racconta, citando episodi specifici, non ha bisogno di alcun contraddittorio”), a prescindere da chi riguardino, e relativamente al diritto di contraddittorio, che in giornalismo non esiste neppure come concepito per un dibattito politico, ma si chiama diritto di rettifica, previsto dalla deontologia professionale, e consiste nel diritto, da parte di chi si sia sentito accusato ingiustamente, di replicare esibendo e vedendo pubblicate le prove dimostranti efficacemente la falsità di quanto imputatogli, e ottenendo che tale rettifica venga pubblicata e pubblicizzato dalla medesima fonte d’informazione dalla quale era partita la falsa accusa...

Devo poi dire che l’irrigidimento solidale della classe politica in generale verso il “calunniato” Schifani compresa quella dell’opposizione, a partire dalla Finocchiaro, non fa decisamente ben sperare circa la reale volontà dell’opposizione di svolgere al meglio il proprio ruolo in difesa dei cittadini che li hanno votati, e fa davvero sospettare l’esistenza di una certa solidarietà di casta al di là di tutto.
Il che, ammettiamolo, non è per niente bello, né rassicurante.

PS. E quell'allusione al fatto che le dichiarazioni contenute su di un libro divengono querelabili solo quando vengono diffuse via televisione, mi fa oggettivamente provare un brivido dietro la schiena: oltre al 79° posto in classifica per la libertà di stampa, ricordiamo anche che mediamente un italiano legge a malapena solo un libro all'anno, e presumo che i libri di denucia di Travaglio o Abbate non siano fra i più gettonati dalla media...
Pensate forse che un dato come questo non abbia alcun peso su quel famigerato 79° posto?
Perché, oltre ad alzare acuti lamenti ed accuse, non iniziamo anche a chiederci come mai il nostro Belpaese tollera cose che nessun'altra realtà politica europea tollererebbe?
Sarà mica che, a parte tutto, qualche minima responsabilità ce l'abbiamo anche noi, o chi per noi, che preferiamo ascoltare La vita secondo Emilio Fede, così quei quattro neuroni rimasti ancora vitali non ci si affaticano troppo?
Io, sarà un caso, ma la gente cretina che continua a dire: a me la politica non interessa, a me la politica annoia, la continuo a sentire. E quando mi dice - tanto, cosa posso fare? mi verrebbe da urlargli, intanto inizia con l'andare a votare, che c'è gente che è morta per garantirti questo diritto/dovere, e quest'anno mi sono decisa a togliere il saluto ai deficienti fautori del non-voto, convinti loro che così, a parte se stessi, venisse danneggiata anche la controparte! E poi, non lamentarti quando la politica busserà alla porta di casa tua, perché sarebbe bello vivere nel mondo della luna, ma purtroppo siamo qui, e volente o nolente, anche se ci annoia mortalmente e ce ne disinteressiamo totalmente, è la politica che si interessa a noi. In genere, in modo sgradevole.

Etichette: , ,

postato da la Parda Flora alle 11:09  

 

11 maggio 2008
Della libertà d'opinione e della libertà di informazione
Parto da un commento letto, che per riferirsi alla libertà d'opinione scomoda persino Martin Lutero, per alcune riflessioni personali sull'argomento.

Circa Lutero, (e francamente l'uso delle chiese riformate storicamente mi pare un po' spericolato da usare per esemplificare il concetto di libertà d'opinione, se penso al clima opprimente della Ginevra "città dei santi" di Calvino e al rogo di Michele Serveto, senza poi volere entrare nel merito della loro intolleranza che ha scatenato uno dei più feroci periodi di guerre per motivi religiosi che la storia moderna ricordi, e ha giustificato la fuga verso le più tolleranti Polonia e Sette province unite prima, e le nascenti colonie del nord America poi, di tantissimi dissidenti protestanti che per l'appunto null'altro chiedevano se non che fosse riconosciuta, dopo avergliela presentata come dogma di fede, propria la loro libertà di interpretare *da soli* il senso delle scritture).
Comunque, mi sono sempre chiesta come Lutero, che accettava, oltre all'indiscutibilità del primato del potere civile, cosa che infatti lo spinse a prendere sdegnosa distanza dai moti contadini scatenati dalle sue famose tesi (che poi non è neppure sicuro fossero state davvero affisse alla cattedrale di Wittenberg) come unica autorità le Scritture, se la sia cavata con l'ossimoro rispetto alle sue posizioni, creato dal famoso passo evangelico che attribuisce a Pietro e ai suoi successori il diritto di legare e sciogliere a loro criterio in terra e in cielo, quando affermava che il papa non aveva alcun diritto se non sulle sue proprie decisioni personali. E' scemo, lo so, ma è una curiosità teologica che mi è sempre rimasta.

Comunque, non è questo il punto, come non lo è la descrizione un po' frettolosa delle presunte posizioni teologiche luterane e soprattutto protestanti in genere, dato che esse sono invece decisamente più complesse e variegate.
Il punto molto più interessante è che per questo motivo il primo libro stampato da Guttemberg fu la Bibbia, e il tasso di alfabetizzazione che per tale motivo (leggere le scritture) venne rapidamente raggiunto dai paesi protestanti, soprattutto calvinisti (a fine Settecento, praticamente tutti sapevano leggere, se non scrivere, in Svezia) abbia creato quella frattura che ancora oggi a mio avviso pesa sulla cultura e quindi anche sulla libertà dell'informazione nel nostro paese.
Le nazioni protestanti, è indiscutibile, ebbero l’opportunità di formare una opinione pubblica, non solo d’élite, molto prima e molto più efficacemente che non i paesi cattolici. E questo è indubbiamente vero. Opinione pubblica che ebbe, e mi pare ha tutt’ora, un peso con il quale il potere politico deve fare i conti in modo ben diverso che da noi.
E questo è un primo grosso problema da tenere in debita considerazione.

Ieri sera, da Fazio, c’era Travaglio, che ha detto una cosa importante: i giornalisti son servi del potere (veramente ha detto anche che le notizie ci sono, se uno ha la buona volontà di cercarsele e di non accontentarsi dei pasti pre-digeriti, molto più comodi da accettare, visto che qualche responsabilità anche i singoli si dovranno ben decidere a prendersela, prima o poi, credo).
Bella scoperta, direte voi...
Ma è come lo ha detto che colpisce: in sintesi - il mestiere del giornalista è informare, a prescindere dal valore che egli presume il potere politico in assoluto (destra o sinistra) dia o meno a quelle notizie. E invece così non accade: denunciare che un noto esponente del nuovo governo ha collezionato 5 condanne penali pare non interessare neppure all’opposizione, che invece sceglie di sottolinearne l’ideologia fascista.
Ma ai fini della convenienza dei cittadini, che dovrebbero aspirare prima di tutto a non avere dei ladri al governo, (argomento che toccando da vicino le loro tasche, li coinvolgerebbe di più, o almeno dovrebbe, che non lo sventolare fantasmi mussoliniani), non è questo il punto che la sinistra dovrebbe evidenziare, portando invece i trascorsi penali del signore in questione alla conoscenza anche di chi, per un certo numero di motivi, compreso un innegabile disinteresse personale per la cosa, ancora non lo sappia.
Però così non è, e il giornalista, che legge quaranta veline Ansa su esternazioni di politici, nelle quali i trascorsi penali del signore in questione non compaiono mai, ne deduce che la cosa non fa notizia, e si concentra su altro. E dato che è la notizia l’elemento, anche economico, trainate del settore della stampa (che tutti vogliamo ovviamente sia libera e non sovvenzionata, e che quindi deve vivere secondo le logiche del mercato, purtroppo finendo collo scegliere di dare alla gente non solo le informazioni che essa vuole sentire, ma anche nel modo nel quale le vuole sentire)...

Inoltre, fa notare ancora Travaglio e credo abbia decisamnente ragione, sempre immagino per adeguarsi a quelle famose logiche di mercato che consentono loro di sopravvivere, i giornali su carta finiscono per imitare sempre più i telegiornali televisivi...
E qui ci vorrebbe anche un lungo discorso sulla capacità di informare, ma manipolando le cose in modo tale da privarle di qualsiasi reale importanza e significato.
Basti vedere come è stata coperta, dai vari Tg, rai e privati, la notizia della manifestazione pro Palestina di sabato a Torino: si passava da un clima sereno e disteso veicolante un messaggio di pacificazione, a una descrizione cupa che pareva rimpiangere le "prodezze" della polizia al G8 di Genova, che avrebbero permesso al nuovo governo di iniziare il suo mandato esibendo i muscoli.
Dato che la verità, poche infantili illusioni! neppure nel giornalismo, esiste; mentre sempre di più esiste, in barba alla storica buona scuola anglosassone, la interpretazione della notizia, che è certo ingenuo pensare sia umanamente evitabile, ma almeno ci si potrebbe provare...
Faccio un solo esempio, che però ritengo clamoroso: tutti si sono lanciati e accaniti sullo scandalo degli stipendi dei politici, vedendo così solo una faccia della medaglia.
Qual è infatti, ovunque, l’unica vera barriera sociale che divide il mondo fra chi può e chi non può? Il censo - i danée. Dunque, pagare i politici in modo tale che questa attività sia possibile anche per chi non abbia generazioni di ricchezza alle spalle, non potrebbe anche essere nelle intenzioni originarie un tentativo per garantire veramente la democrazia, ovvero la possibilità per tutti, di esercitare un'attività che fu sempre appannaggio della classe più ricca, e che di conseguenza principalmente di quella classe faceva gli interessi? Senza contare che uno stipendio alto “dovrebbe” anche rendere meno appetibile cadere nella logica della corruzione e del clientelismo, che da sempre trova gioco più facile fra chi ha meno mezzi economici. Quindi lo scandalo non starebbe tanto negli stipendi alti, ma nell'abuso che di essi i singoli, per altro perseguibili basta volerlo fare, ne fanno.
So che può apparire, questa, una provocazione, ma pensateci: senza le borse di studio, i figli dei contadini o degli operai, a parità d’intelligenza, quando mai avrebbero potuto aspirare non solo a studiare, ma addirittura farlo presso quei centri di formazione superiore da sempre esclusiva dei più ricchi e spesso passaggi obbligati per un certo tipo di carriere?

Infine, Internet: che crea davvero un bel problema all’informazione, ma non solo nel senso della sua liberalizzazione. Nel lamentare - giustamente - la mancanza di libertà d’informazione, forse non ci rendiamo conto che ormai viviamo in una tale sovraesposizione alle notizie, da generare effetti - contrari a quelli voluti - in un gran numero di utenti della Rete, che comunque rappresentano, anche al di là di una fruizione che si limita alla ricerca dell’ultima ricetta della Clerici, e di qualche gossip sull’attore preferito, ancora una minoranza nella realtà. Insomma, noi stiamo qui a porci problemi che alla maggioranza del paese non fregano per nulla, riproponendo di fatto un antico modello politico e sociale che si è perpetuato per secoli.
Internet però offre anche la possibilità di entrare in contatto con zone del mondo altrimenti silenti... verissimo, anche se esiste il problema altrettanto vero che troppo spesso, circa le notizie reperite, manca per chi non operi sul campo, la concreta possibilità di verificarle, cosa che per il giornalista dovrebbe essere il primo imprescindibile dovere. Perché se poter dire quel che si pensa è ritenuto diritto inalienabile a partire dalla prima dichiarazione dei diritti dell’uomo elaborata dalla Costituente Francese rivoluzionaria, non sempre questa elaborazione implica necessariamente contenuti di qualità.
Dunque, vanno separati i due aspetti della cosa: la libertà d’espressione personale, e la libertà d’informazione, non coincidono per niente, e sarebbe bene ricordarlo, soprattutto quando giustamente si chiede il rispetto di questi due distinti diritti.

Poi, se la cosa diverte, possiamo parlare di manipolazione relativa alle tecniche di comunicazione sino allo sfinimento, ma credo che senza queste necessarie premesse, la cosa lascerebbe un po’ il tempo che trova.

Etichette: , ,

postato da la Parda Flora alle 10:52  

 

   Chi Sono
   Post Precedenti
   Archivi
   Links

Da "Tango Lesson" di Sally Potter

Vamos a lo de la Parda Flora! 

Esmeralda



Le mie ragazze: Malafemmina

Le mie ragazze: Etta

Le mie ragazze: Anna

Le mie ragazze: Esmeralda

Le mie ragazze: Marisa