09 marzo 2007 |
Iside (2) |
Una importante testimonianza sulla Iside ellenistica ci è data da il “De Iside et Osiride” di Plutarco (pubblicato in Italia da Adelphi; io ne posseggo l’edizione del 1994 - Piccola biblioteca Adelphi n° 179 - ignoro se sia ancora disponibile in libreria), che testimonia dell’enorme importanza che i Greci attribuivano alla cultura egizia, alla quale guardavano con curiosità, ritenendola eccelsa per saggezza e straordinarietà. Tanto che prima di Plutarco, ne avevano già scritto anche Erodoto (il primo antropologo della storia!), Platone e Pitagora, cultore anch’esso di una sapienza essoterica. Ma la frase che meglio racchiude il mistero di questa dea, che compare nei Tarocchi; riappare con la mania per l’Egitto della Restaurazione napoleonica; compare in una famosa aria (oh Isis und Osiris) dell’opera massonica Il flauto magico di Mozart, quale esempio di coppia animata dallo spirito della saggezza; darà il proprio nome ad uno spettacolo dell’illusionista Houdini; sbuca nell’Aida verdiana; dà il proprio nome ad una linea cosmetica e ad una agenzia di collocamento femminile americane contemporanee, la dobbiamo proprio a Plutarco, che le fa dichiarare: “Io sono tutto ciò che è stato, che è e che sarà, e nessun mortale mai sollevò il mio peplo.” Dichiarazione così forte, che non è possibile non sentire echeggiare in essa la voce del dio di Mosé, che dal roveto ardente afferma "Io sono colui che sarò" e la mitologia ebraica non solo immagina il Metatron, unico angelo in grado di fare da intermediario fra la voce annichilente della divinità e la povertà dell’uomo, ma anche nasconde il proprio vero nome (la cui pronunzia causerebbe la fine dell’universo), dietro il tetragramma Yahweh, per gli ebrei già troppo ineffabile per essere pronunziato con leggerezza, e quindi sovente sostituito con Ad-onai ovvero “Signore”, o con HaShem" "il nome". Ma il mondo non era pronto allora, come oggi, per un Dio donna, e infatti anche per questo la religione di Iside venne fortemente avversata a Roma . Ma Iside è soprattutto, ormai, la dea delle donne, portatrice di fertilità, sovrintende all’amore e al parto (come prima Bubasti o Bastet): nell’Egitto tolemaico verrà assimilata ad Afrodite, a Roma a Venere e in Fenicia e in Siria, ad Astarte.
La sua iconografia è duplice: una donna, pudica e modesta, in piedi, vestita di una tunica di lino finissimo - oppure nella versione più afrodisiaca, nuda, e in tal caso, che si copre pudicamente il pube - coi capelli sciolti “alla libica” e spesso una sorta di scialle nero a cavallo della spalla destra e annodato sul seno. Sua caratteristica però irrinunciabile è il disco solare di Hator, già descritto, che diviene un diadema, sovrastato da due piume, di falco o di struzzo. Altro tipico attributo è il sistro, sorta di crotalo, nella mano destra e una situla (sorta di secchiello con manico, che conteneva probabilmente l’acqua necessaria alle aspersioni rituali) nella sinistra, oppure regge nella destra uno scettro o un ureo (i due serpenti segni dell’Alto e del Basso Egitto) come il Faraone, e nella sinistra una cornucopia simbolo d’abbondanza. Esistono, sia pur rare, anche raffigurazioni teriomorfe della dea: la vacca Hator e, con sede principale nel tempio di Medinet Madi, la “città antica”, la assimilazione di Iside alla dea Cobra Renenutet, che si raffigurerà come divinità metà donna e metà serpente.
L’altra tipica rappresentazione è invece quella che potremmo definire “mariana”o materna: la dea è seduta, col figlio Horus, o Arpocrate (nella versione ellenista, Horus bambino), seduto sulle ginocchia e lo allatta teneramente, in una rappresentazione di mater lactans che comparirà pressoché identica in tutta la iconografia cristiana dedicata alla Vergine. E dato che il suo mito è intriso di morte, e nella morte è concepito il figlio amato, che essa cerca di proteggere dal dolore e soprattutto dalla vendetta di Seth, dato che Arpocrate raccoglie l’eredità paterna di signore degli dei, Iside è spesso raffigurata come una figura dolente. Tuttavia, sovente Arpocrate (Horus) è raffigurato da solo, come un bimbo nudo, con la testa rasata ad eccezione della cosiddetta “treccia dell’infanzia”, che gli ricade sulla tempia destra, ed accenna un apparente invito al silenzio, portandosi l’indice alla bocca, in quello che potrebbe essere un gesto allusivo alla natura segreta, misterica, dei culti nei quali è coinvolto. Nell’iconografia greca, invece, si accentuano le caratteristiche che lo fanno assomigliare ad Eros (ali e faretra) o a Dioniso (si appoggia ad un ceppo di vite; indossa la nebride, ovvero la pelle di un daino, un cerbiatto, un camoscio, una capra o anche una pantera, tipica del dio e dei suoi seguaci; è incoronato di alloro). Horus sarà il titolo che tutti i re d ‘Egitto, infatti, assumeranno, ma tanto amore materno fu anche mal ripagato: secondo uno dei molti miti che vedono protagonista la dea, Horus la violentò generando con lei “I 4 figli di Horus” custodi dei vasi canopi che conservano le viscere dei defunti mummificati; ancora, Horus lotta con la madre, tagliandole la testa e sostituendola con una testa di vacca, mentre Iside taglia le mani al figlio. Questa ricchezza di miti e caratterizzazione delle divinità sono l’ennesima prova della forte tendenza al sincretismo religioso egizio, e va ricordato che Horus era divinità più antica, come oggetto di culto, della madre, che probabilmente finisce per attirare a sé, facendo sì che i luoghi che ospitavano templi di Horus, finissero per accogliere anche isei: un esempio è quello di Copto, dove Horus di identifica con il locale dio generatore Min - e Iside, è sposa e madre di Min, uscendo dal classico mito che la lega a Osiride. E acquisendo le caratteristiche dell’antica dea madre di Horus, Hator, Iside diviene la principale e maggior divinità celeste egizia. Nel mito osiriaco, essa più che sposa è vedova, e i lamenti di lei e della sorella trovano codificazione in un (tardo) papiro, che raccoglie il rituale di rinascita dei morti, il che fra l’altro spiega le libagioni di latte che ella porta allo sposo, quasi esso fosse, nel risorgere, tornato infante. Il suo progressivo divenire anche divinità infera, comporta che ella venga identificata (ennesimo sincretismo!) anche con Imentet, la dea Occidente, poiché è ad occidente, dove tramontava il sole, che venivano seppelliti i morti. E nella sua natura cosmica, che ha saputo generare il figlio dallo sposo morto, e che si caratterizza per la non contemporaneità dell’esistenza di padre e figlio - uno morto e signore dei morti, l’altro vivo e re degli dei - Iside dirà anche: "Io sono fatta maschio, benché fossi donna" (Donadoni, Papiro Louvre 3079) generando “Horus-che-si-cura-di-suo-padre” e “Horus-figlio-di-Iside”.
Come per il piccolo Giove, anche Horus viene allevato di nascosto, per proteggerlo dalle ire dello zio Seth; Iside scegli l’isola di Khemmis, nel Delta, e lì da sola, esercitando anche la magia (es. incantesimo contro la puntura di serpenti e scorpioni) alleva, custodisce e istruisce il figlio. Ciò, oltre ad esaltare il forte carattere materno di questa dea, più volte sottolineato, ne aggiunge come nuovo carattere la perizia nelle arti magiche, che rincontreremo col passare del tempo.
Innumerevoli sono le Isidi di epoca imperiale che possiamo incontrare: Iside Panthea, rappresentata con le caratteristiche di tutte le altre dee; la più rara Iside Io, dall’aspetto di vacca; la Iside Invicta, che ha vinto il destino al punto di sostituirsi ad esso e alla quale è legata la Iside Tyche o della Buona Fortuna, che veglia sugli stati e le città e che a differenza delle altre divinità sottomesse al fato, trionfa sulla cattiva sorte proteggendo chi le si affidi; Iside Pelagia, protettrice dei mari e dei naviganti e dei commerci marittimi, tipicamente greca; la Iside Sothis, che cavalca il Cane maggiore (la stella Sirio, che con la sua comparsa annunciava l’inizio dell’inondazione del Nilo); e infine, la più antica interpretazio romana di Iside, legata alla Fortuna Primigenia di Preneste (Palestrina), materna e caritatevole, portatrice di fertilità.
Il rito di Iside, come è intuitivo, è indissolubilmente legato dal Nilo, che può essere sostituito da acqua; l’Iseo dell’isola di File, ad esempio, è circondato e protetto nella sua segretezza, dall’acqua del Nilo. Ma accanto agli isei non mancano mai cisterne e serbatoi, mentre la situla contiene l’acqua per le aspersioni, e l’acqua sacra è contenuta in un vaso canopo che raffigura il dio Osiride. La dea era festeggiata con le Isia di novembre, nelle quali veniva ricordato il mito della morte e resurrezione di Osiride. Più difficile comprendere il ruolo e la natura, agreste e ctonia, di Serapide, divinità totalmente ellenica. Una teoria lo vorrebbe, anche se certamente derivato dal toro sacro della necropoli di Saqqara a Menfi, dio del tempo, e il cane che l’accompagna, e che per molti sarebbe il guardiano degli inferi Cerbero, in realtà sarebbe una raffigurazione del tempo, e le tre teste raffigurerebbero un cane, un lupo e un leone, avvicinandolo al demone Aion, altro nome di Satana. Iside stessa si avvierà ad acquisire caratteristiche di maga, che tradizionalmente erano profondamente legate alla cultura dell’Egitto, e con il tempo il suo culto si trasformerà nel sabba delle streghe, fra le quali , varrà la pena ricordarlo, spiccano sovente le sage-femme, le levatrici, coloro che come la dea, sovrintendono al parto, e si sanno occupare di disturbi e faccende donnesche.
Stairway to Heaven
Theres a lady whos sure All that glitters is gold And shes buying a stairway to heaven. When she gets there she knows If the stores are all closed With a word she can get what she came for. Ooh, ooh, and shes buying a stairway to heaven.
Theres a sign on the wall But she wants to be sure cause you know sometimes words have two meanings. In a tree by the brook Theres a songbird who sings, Sometimes all of our thoughts are misgiven. Ooh, it makes me wonder, Ooh, it makes me wonder.
Theres a feeling I get When I look to the west, And my spirit is crying for leaving. In my thoughts I have seen Rings of smoke through the trees, And the voices of those who standing looking. Ooh, it makes me wonder, Ooh, it really makes me wonder.
And its whispered that soon If we all call the tune Then the piper will lead us to reason. And a new day will dawn For those who stand long And the forests will echo with laughter.
If theres a bustle in your hedgerow Dont be alarmed now, Its just a spring clean for the may queen. Yes, there are two paths you can go by But in the long run Theres still time to change the road youre on. And it makes me wonder.
Your head is humming and it wont go In case you dont know, The pipers calling you to join him, Dear lady, can you hear the wind blow, And did you know Your stairway lies on the whispering wind.
And as we wind on down the road Our shadows taller than our soul. There walks a lady we all know Who shines white light and wants to show How evrything still turns to gold. And if you listen very hard The tune will come to you at last. When all are one and one is all To be a rock and not to roll.
And shes buying a stairway to heaven.
Scala per il Paradiso C'è una signora che è sicura che sia oro tutto quel che luccica e sta comprando una scala per il paradiso quando vi arriverà sa che se tutti i negozi sono chiusi con una parola può ottenere ciò per cui è venuta e sta comprando una scala per il paradiso
c'è una scritta sul muro ma lei vuole essere sicura perchè, come tu sai, talvolta le parole hanno due significati su un albero vicino al ruscello c'è un uccello che canta talvolta tutti i nostri pensieri sono sospetti e questo mi stupisce e questo mi stupisce
c'è una sensazione che provo quando guardo a Ovest e il mio spirito grida di andarsene nei miei pensieri ho visto anelli di fumo attraverso gli alberi e le voci di coloro che stanno in piedi a osservare
oooh e questo mi stupisce ooooh e questo mi stupisce davvero
e si mormora che presto se tutti noi intoniamo la melodia il pifferaio ci condurrà alla ragione e albeggerà un nuovo giorno per coloro che aspettavano da lungo tempo e le foreste risponderanno con una risata
e questo mi stupisce
Se c'è trambusto nella tua siepe non ti allarmare è solo la pulizia di primavera per la festa di Maggio
si, ci sono due strade che puoi percorrere ma a lungo andare c'è sempre tempo per cambiare strada e ciò mi stupisce
la tua testa ti ronza e il ronzio non se ne andrà nel caso tu non lo sapessi il pifferaio ti sta chiamando per unirti a lui signora cara, può senitre il vento soffiare? che la sua scala è costruita sul vento mormorante?
e scendiamo in strada le nostre ombre più grandi delle nostre anime là cammina una donna che noi tutti conosciamo che risplende di luce bianca e vuole dimostrare come qualsiasi cosa si tramuti in oro e se ascolti molto attentamente alla fine la melodia verrà da te quando tutti sono uno e uno è tutti per essere una roccia e per non rotolare via
e sta comprando una scala per il paradiso.
Led ZeppelinEtichette: storia? |
postato da la Parda Flora
alle 14:47
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08 marzo 2007 |
8 marzo |
Sono una donna, non un panda - non mi sto estinguendo, né, mi auguro, sto morendo... E il rispetto lo esigo, come qualsiasi altro essere umano, 365 giorni all'anno, bisestili compresi.
Le mimose (se proprio volete mettervi in pace la coscienza arricchendo fiorai e vivaisti, ché pure loro devono vivere...) portatele sulle tombe delle donne che non ci sono più, le sconosciute e quelle della vostra vita, che sicuramente hanno fatto molto per questo mondo, anche se quasi nessuno glielo riconosce.
"Elle a dit, garde tes trésors Moi, je vaux mieux que tout ça Tes barreaux sont des barreaux, même en or Je veux les mêmes droits que toi Et du respect pour chaque jour Moi je ne veux que de l'amour
Lei dice, tienti cari i tuoi tesori io, io voglio di meglio di tutto questo le tue sbarre sono pur sempre sbarre, anche se sono d'oro Io voglio i medesimi diritti che hai tu e rispetto per ogni giorno. Io non voglio che amore."Etichette: comunicazioni di servizio, cose da ricordare |
postato da la Parda Flora
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07 marzo 2007 |
Iside (1) |
Nei Testi delle Piramidi, testi sacri destinati a garantire la sopravvivenza del faraone, troviamo il mito di Iside, dea antropomorfa che viene citata circa una settantina di volte, figlia di terra e cielo (Geb e Nut), che solitamente impugna il caratteristico Ankh, o croce ansata della vita (tanto che essa verrà chiamata anche “nodo di Iside”), e a partire dal Nuovo regno (1560 - 1085 a.C.) acquisisce sempre maggior importanza, anche a scapito della devozione verso lo sposo, e aggiunge alla sua iconografia il disco solare racchiuso fra le corna bovine della dea Hathor (dea madre, della dinastia antica, adorata come madre del dio-falco Horo). Le sue principali funzioni, come desunto dal mito, sono quelle di sposa e madre: essa, con la sorella Nefti (dea infera e del parto, madre di Anubi), veglia le spoglie dello sposo e fratello Osiride assassinato dall’altro fratello, invidioso, Seth, dio delle tempeste e, forse, padre di Anubi.. Osiride è il misericordioso dio dei morti, rappresentato spesso con le carni verdi a ricordare il suo ruolo nella fertilità della vegetazione che rinasce dopo ogni inondazione del Nilo. Nell’evoluzione della sua natura divina, la funzione “vegetale” (Osiride ha donato l’agricoltura agli uomini, e per questo è adorato e scatena l’invidia di Seth - una sorta di Caino e Abele, per certi versi, dove l’agricoltura segna un passaggio obbligato dell’evoluzione di una civiltà prima nomade e pastorale, e in questa chiave vi è anche chi ha letto la leggenda sulla fondazione di Roma, con lo scontro fra Romolo e Remo) è più antica; successivamente Osiride verrà assimilato al sole nella sua fase notturna, quindi il sole che, pur continuando ad esistere oltre al tramonto, e rinascendo al mattino, scompare dalla terra durante la notte inghiottito dal cielo. Ciò, nell’intuibile simbolismo di morte e rinascita, giustifica parte del mito del dio, e la sua signoria sulla terra dei morti, che egli visiterebbe al di là del tramonto, e la sua facoltà di giudicare i morti, come “signore del limite estremo”. Nell’iconografia i suoi attributi tipici sono: lo scettro, la frusta e il bastone di lunga vita, paragonabile al raggio del sole. Dall’unione di Iside ed Osiride risorto, nasce il dio Horus/Horo dall’occhio di falco, rappresentato anche come un cerchio con ali di sparviero.
In breve, il mito prevede che Seth organizzi un banchetto invitando anche il fratello, imprigionandolo poi con l'inganno in una bara fatta costruire appositamente per lui, e gettandolo nel Nilo, ove Osiride annega e con la sua morte induce l’annuale inondazione del fiume. Ritrovato il corpo, Iside riesce a riportarlo in vita il tempo necessario a concepire con lui il figlio Horus, ma poi Seth trova anch’esso il corpo e lo fa in 14 pezzi (le fonti qui possono variare per un’unità in più o in meno), che nasconde in vari luoghi (ove secondo la tradizione ellenica verranno erette da Iside altrettante tombe), tranne i genitali, che vengono mangiati da un pesce tipico del Nilo, l’Ossirinco. Prima che il corpo venga imbalsamato dalle divinità Anubi (dio infero, dalla tipica testa di cane selvaggio) e Thot (spesso rappresentato come un babbuino, ritenuto dio della scrittura e della mediazione), Iside riesce, con l’aiuto della sorella Nefti, a ritrovare i pezzi dello sposo smembrato e a ricomporlo; quindi, con il suo alito vivificatore, Iside, la materna, la protettrice, lo riporterà in vita vincendo la morte ed esaltando la caratteristica divina dello sposo. Horus combatterà Seth, per vendicare la uccisione del padre: nella lotta Horus perde un occhio e Seth, un testicolo. Esistono due varianti del mito: nella prima, Horus vittorioso scaccia Seth e prende il posto di re degli dei (una possibile interpretazione del significato del nome Iside o Isis, in egiziano Aset, è “trono”, il trono che quindi genera il re degli dei); nella seconda, le due divinità vengono fatte riconciliare e questo atto simboleggerà l’unione fra Alto e Basso Egitto. Bisogna evidenziare subito una cosa: la coppia divina Iside e Osiride, con il figlio Horus/Horo, in realtà sono divinità che acquisiscono maggior importanza col passare del tempo e con l’espandersi del regno egiziano, di fatto inglobando in sé caratteristiche di divinità analoghe per caratteristiche, autoctone e preesistenti. In fondo, Osiride prende il post di Seth e Iside quello di Hator, divinità dell‘Alto Egitto (Delta del Nilo) e dell’Antico regno: forse il mito rispecchia in parte anche questa lotta divina per la supremazia ...e la natura proteiforme, che caratterizzerà Iside “dai diecimila nomi”, soprattutto dal Nuovo Regno in poi, e quando i Greci e poi i Romani la importeranno in Europa, facendone espandere il culto come uno di quelli misterici più diffusi e popolari, la divinità subirà ulteriori modificazioni che la renderanno ancora attuale durante il Rinascimento nei diffusi circoli alchemici, e oltre. Così essa diviene la dea suprema e universale, la “madre e la natura intera, signora di tutti gli elementi, origine e principio dei secoli, divinità suprema, regina dei Mani, prima fra gli abitanti del cielo, prototipo degli dei e delle dee. Le vette luminose del cielo, le brezze salutari del mare, i silenzi desolati degli inferi, sono io che governo tutto secondo la mia volontà”. (citato dall’egittologo francese Serge Sauneron). La sua presenza nei silenzi desolati degli inferi è testimoniata dalla sua rappresentazione tipica sui sarcofagi, che la ritraggono con grandi ali d’uccello, che generano il vento, ma anche raccolgono l’anima del defunto per guidarla verso gli inferi. Assume quindi anche caratteristiche di psicopompo, pur se il giudizio sull’anima resta appannaggio del suo sposo, assistito da Anubi con la sua bilancia e la piuma di Maat, in genere rappresentata come una piuma di struzzo, che doveva pesare più del cuore del defunto, per salvarlo dall’essere gettato in pasto al mostro Ammit e destinarlo al regno di Osiride. Maat, divinità femminile spesso dotata d’ali, rappresentava l’ordine cosmico ed era garante dell’ordine pubblico nell’antico Egitto. Per comprendere l’evoluzione nel tempo di queste divinità, e i miti ad esse legati, è importante comprendere anche l’intreccio politico amministrativo alla quale esse sono legate. L’Egitto antico è formato da distretti o nomoi distribuiti lungo il decorso del Nilo, ciascuno sottoposto ad un capo locale, che potremmo paragonare ad un magistrato alle acque, dato che aveva il governo, manutenzione compresa, delle varie dighe e canali legati alle acque del fiume, cuore di questa civiltà, e al loro controllo, affinché esse fossero solo fonte di vita e non anche di distruzione, durante le periodiche piene. Il numero dei nomoi, a partire dall’Egitto predinastico, sino ad arrivare alla XXX dinastia nel IV secolo a.C., che concluse la dominazione egiziana del regno, andò tendenzialmente crescendo col tempo, e praticamente ogni nomos aveva una sua divinità particolare, che con l’espandersi della dominazione dei faraoni, veniva assimilata, per sincretismo, alle divinità preesistenti, o ampliava il pantheon originario. Ciò ne giustifica anche le variazioni iconografiche e le peculiarità, che si evolvono e si arricchiscono nel tempo. Così, Iside diviene la dea madre per eccellenza, mentre nel III millennio a.C. essa quasi non compare fra gli dei egiziani, e sicuramente non con caratteristiche di predominanza su di loro. Testimonianza della sua crescente importanza, è la comparsa del suo nome nell’”anagrafe” egizia: troviamo bambini chiamati - E’ Iside che me l’ha dato; Iside tiene in vita; Che Iside sia in festa (Jean Leclant). In Egitto i due luoghi di culto della dea più importanti erano l’Iseo di Behbeit- el-Hagar, nel Delta, e l’Iseo di File, Isola della prima Cataratta del Nilo. Entrambi conobbero la massima popolarità nel periodo della XXX dinastia (378 - 341 a.C.), ma la popolarità di Iside non calò neppure dopo la conquista da parte dei macedoni e il dominio dei Tolomei, anzi, si consolidarono i legami fra la cultura egizia e quella greca, che trasformerà la natura originale del culto della dea, con la cosiddetta "dogana Alessandrina" (Jèrôme Carcopino ) . E’ dall’elaborazione greca che Iside, ora figlia di Crono e di Rea, diviene, con gli inni aretologici che ne celebrano l'eccellenza, divinità che sovrintende alla morte, civilizza, istituisce giustizia e leggi, sovrintendo ai principi morali e ai buoni costumi (Maat?); istituisce l’agricoltura (Osiride); sovrintende alle lettere (Thot?), governa la medicina e può guarire tutte le malattie (Imhotep; Thot); governa cielo (Amon), mare e terra, e protegge dai pericoli della guerra e della navigazione.... insomma, si è trasformata in una divinità totalizzante, dagli attributi, sottratti a più antiche divinità, così molteplici da far quasi attendere il passaggio ad una forma di monoteismo.
Il suo culto si diffonde all’isola di Delo, poi in Campania, soprattutto a Pozzuoli e Pompei, e infine, all’epoca di Silla (88 - 78 a.C.) giunge a Roma, dove ufficialmente viene rifiutato, come prodotto dell’ Egitto nemico, e perciò bandito da Augusto, ma trova larga diffusione ugualmente nei circoli colti della città, soprattutto fra le nobildonne romane, com’è ovvio essendo divinità profondamente femminile. Ma la vita di Iside a Roma non è facile: nel 19 a.C. Tiberio fa distruggere il suo tempio e gettare nel Tevere la statua della dea, a seguito di uno scandalo che coinvolge un cavaliere romano che seduce, travestito da dio egizio, una matrona (Jean Leclant). E tutti gli imperatori augustei furono sempre ostili alla diffusione nell’impero ( ma a noi interessa soprattutto l’Italia) del culto della dea, a differenza dei discendenti di Antonio, suoi sostenitori, e degli imperatori Flavii. Caligola verrà addirittura iniziato ai misteri isiaci, e fa costruire al Campo Marzio un tempio alla dea. E’ lui legato alle imbarcazioni in stile egizio che troviamo sul misterioso lago di Nemi, tanto studiato da Frazer nel suo ormai superato ma sempre affascinante lettura,Il Ramo d’oro, ove è possibile fossero celebrati particolari festeggiamenti dedicati alla dea, in una sua assimilazione a Diana, cacciatrice e lunare. Anche Nerone, Tiberio, Tito, Traiano, Antonino Pio saranno fedeli della dea. Accanto ad Iside, nel frattempo è comparsa una nuova divinità, Serapide, personaggio imponente e barbuto, dispensatore di ricchezze, che si accompagna al cane Cerbero, e racchiude in sé parte di Osiride e parte di Api, incarnazione terrena di Ptah il creatore, rappresentato da un toro sacro, divinità di Menfi e delle sue necropoli. Serapide si sovrappone a Osiride, nella funzione di sposo, nella quale sarà intercambiabile con Osiride nella visione romana del culto della dea. Iside e Serapide saranno sempre più popolari a Roma, come dimostrano gli atteggiamenti di devozione, le iniziazioni e, non ultime, le emissioni di medaglie e monete recanti le immagini di queste due divinità egizie. Ma l’Egitto è di gran moda anche in architettura e nella vita quotidiana: e in giardini e nei luoghi pubblici spuntano statue degli dei egizi, obelischi, piramidi...(ricordiamo solo la piramide Cestia). Il permanere della potenza vivificatrice per la vegetazione farà sì che Iside venga accostata da Erodoto anche a Demetra/Cerere, dea delle messi, e così la possiamo trovare raffigurata con una spiga in mano, o con spighe a sostituire le corna bovine ereditate da Hator. Porrà fine, a questo, come agli altri culti pagani, l’editto di Teodosio del 380 d.C. che stabilirà il cristianesimo essere l’unico rito ufficiale dell’impero. Ma nel frattempo Iside ha radicato a fondo la sua presenza nella penisola, e colei che si meritò la invocazione di “una quae es omnia”, si prepara a nuove metamorfosi.
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( ...e che c'azzecca Khaled con Aïcha, Colei che vivrà, nome della sposa prediletta di Maometto? principalmente, il fatto che mi piace... e magari il fatto che adesso l'Egitto è islamico. Ma in realtà, avrei voluto metterci (troppo ovvia Isis di Bob Dylan da Desire?) Stairway to Heaven dei Led Zeppelin... e non è escluso che lo faccia, appena mi gira! Comunque, se leggete il testo, questa Aïcha credo che sarebbe piaciuta anche alla dea Iside...
Comme si j'n'existais pas Elle est passée à coté de moi Sans un regard, Reine de Saba J'ai dit, Aïcha, prends, tout est pour toi
Voici, les perles, les bijoux Aussi, l'or autour de ton cou Les fruits, bien mûrs au goût de miel Ma vie, Aïcha si tu m'aimes
J'irai où ton souffle nous mène Dans les pays d'ivoire et d'ébène J'effacerai tes larmes, tes peines Rien n'est trop beau pour une si belle
Oooh ! Aïcha, Aïcha, écoute-moi Aïcha, Aïcha, t'en vas pas Aïcha, Aïcha, regarde-moi Aïcha, Aïcha, réponds-moi
Je dirai les mots des poèmes Je jouerai les musiques du ciel Je prendrai les rayons du soleil Pour éclairer tes yeux de reine
Oooh ! Aïcha, Aïcha, écoute-moi Aïcha, Aïcha, t'en vas pas
Elle a dit, garde tes trésors Moi, je vaux mieux que tout ça Tes barreaux sont des barreaux, même en or Je veux les mêmes droits que toi Et du respect pour chaque jour Moi je ne veux que de l'amour
Aaaah ! Comme si j'n'existais pas Elle est passée à coté de moi Sans un regard, Reine de Sabbat J'ai dit, Aïcha, prends, tout est pour toi
Aïcha, Aïcha, écoute-moi Aïcha, Aïcha, écoute-moi Aïcha, Aïcha, t'en vas pas Aïcha, Aïcha, regarde-moi Aïcha, Aïcha, réponds-moi
Lalala....lalala... )Etichette: storia? |
postato da la Parda Flora
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06 marzo 2007 |
Afghanistan |
Il portavoce della Casa Bianca Tony Snow ha respinto con forza "ogni tentativo di tracciare un paragone morale tra terroristi che uccidono civili come linea politica e gli Stati Uniti che come linea politica hanno quella di cercare di salvare questa gente". La Repubblica, 6 marzo 2007
Ci dev'essere una sottile logica, una ragione morale, in quanto Snow afferma, immagino, voglio credere, ma una linea politica che per cercare di salvare la gente la ammazza (25 civili solo negli ultimi giorni), non so perché, ma è troppo sottile, troppo ...morale, per me. Non la capisco proprio: condividerla, poi...
(Un cucchiaino di zucchero nel the
Io non ci credo agli altri, sì lasciali credere loro vogliono così chi siamo noi per rovinare il gioco di chi dal mondo ha avuto molto poco. Lascia che credano ai Santi e ai peccatori e che decidano chi è dentro e chi sta fuori la gente ha sempre una gran voglia di nemici come le piante hanno bisogno di radici perchè un nemico nella vita sai cos'è un cucchiaino di zucchero nel the.
Senza i sapori dell'avventura sabato sera è una noiosa fregatura si resta lì, reggendosi la testa. Senza una preda non ha senso fare festa. Lascia che credano agli angeli e all'inferno e se la prendano con i ladri e col governo la gente ha voglia di gridare e fare a botte come le stelle hanno bisogno della notte perchè un nemico nella vita sai cos'è un cucchiaino di zucchero nel the
Non sempri frivolo l'accostamento: leggete attentamente questo testo di Ricky Gianco cantato da Mina; non siamo forse tutti noi, quelli lì, con le nostre indifferenze e ipocrisie?)
Ops, quasi dimenticavo: io, sia the sia caffé, li bevo senza zucchero...che mi pare guai ce ne siano già tanti - certe dolcezze le lascio volentieri agli altri.Etichette: strano mondo |
postato da la Parda Flora
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05 marzo 2007 |
Per P. |
Così siamo
Dicevano, a Padova, “anch’io” gli amici “l’ho conosciuto”. E c’era il romorio d’un acqua sporca Prossima, e d’una sporca fabbrica: stupende nel silenzio. Perché era notte. “Anch’io l’ho conosciuto.” Vitalmente ho pensato a te che ora non sei né soggetto né oggetto né lingua usuale né gergo né quiete né movimento neppure il né che negava e che per quanto s’affondino gli occhi miei dentro la sua cruna mai ti nega abbastanza.
E così sia: ma io credo con altrettanta forza in tutto il mio nulla, perciò non ti ho perduto o, più ti perdo e più ti perdi, più mi sei simile, più m’avvicini.
Andrea Zanzotto da "IX Ecloghe"
(You Can’t Always Get What You Want
I saw her today at the reception A glass of wine in her hand I knew she was gonna meet her connection At her feet was a footloose man You cant always get what you want You cant always get what you want You cant always get what you want But if you try sometimes well you might find You get what you need And I went down to the demonstration To get my fair share of abuse Singing, were gonna vent our frustration If we dont were gonna blow a 50-amp fuse You cant always get what you want You cant always get what you want You cant always get what you want But if you try sometimes well you just might find You get what you need I went down to the chelsea drugstore To get your prescription filled I was standing in line with mr. jimmy And man, did he look pretty ill We decided that we would have a soda My favorite flavor, cherry red I sung my song to mr. jimmy Yeah, and he said one word to me, and that was dead I said to him You cant always get what you want You cant always get what you want You cant always get what you want But if you try sometimes you just might find You get what you need You get what you need--yeah, oh baby I saw her today at the reception In her glass was a bleeding man She was practiced at the art of deception Well I could tell by her blood-stained hands You cant always get what you want You cant always get what you want You cant always get what you want But if you try sometimes you just might find You just might find You get what you need You cant always get what you want You cant always get what you want You cant always get what you want But if you try sometimes you just might find You just might find You get what you need )
Rolling StonesEtichette: cose perdute per sempre |
postato da la Parda Flora
alle 16:35
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04 marzo 2007 |
Balada para un loco (visto che sarà la domenica dei matti...) |
Altri anni (1969)...altre parole, ma neanche tanto (chissà se Cristicchi la conosceva, in Italia la portò la voce da parda di Milva!)..altra voce, quella del Maestro Astor Piazzolla, che musicò le parole di Horacio Ferrer,e in questa splendida esecuzione canta sia la parte maschile che quella femminile della canzone, per una Balada para un loco...e grazie all'amico G. che me l'ha ricordata
(Voz masculina) Recitado
Las tardecitas de Buenos Aires tienen ese que se yo, viste? Salis de tu casa por Arenales. Lo de siempre: en la calle y en vos... Cuando de repente, detras de un arbol, me aparezco yo.
Mezcla rara de penultimo linyera y de primer polizonte en el viaje a Venus: medio melon en la cabeza, las rayas de la camisa pintadas en la piel, dos medias suelas clavadas en los pies y una banderita de taxi libre levantada en cada mano.
Te reis!... Pero solo vos me ves: Porque los maniquies me guiñan, los semaforos me dan tres luces celestes y las naranjas del frutero de la esquina me tiran azahares. Veni!, que asi, medio bailando y medio volando, me saco el melon para saludarte, te regalo una banderita y te digo...
Cantado
Ya se que estoy piantao, piantao, piantao... No ves que va la luna rodando por Callao; que un corso de astronautas y niños, con un vals, me baila alrededor... Baila! Veni! Vola!
Yo se que estoy piantao, piantao, piantao... Yo miro a Buenos Aires del nido de un gorrion; y a vos te vi tan triste... Veni! Vola! Senti!... el loco berretin que tengo para vos:
Loco! Loco! Loco! Cuando anochezca en tu porteña soledad, por la ribera de tu sabana vendre con un poema y un trombon a desvelarte el corazon.
Loco! Loco! Loco! Como un acrobata demente saltare, sobre el abismo de tu escote hasta sentir que enloqueci tu corazon de libertad... Ya vas a ver!
Recitado
Salgamos a volar, querida mia; subite a mi ilusion super-sport, y vamos a correr por las cornisas con una golondrina en el motor! De Vieytes nos aplauden: “Viva! Viva!”, los locos que inventaron el Amor; y un angel y un soldado y una niña nos dan un valsecito bailador.
Nos sale a saludar la gente linda... Y loco —pero tuyo—, que se yo!; provoco campanarios con la risa, y al fin, te miro, y canto a media voz:
Cantado
Quereme asi, piantao, piantao, piantao... Trepate a esa ternura de locos que hay en mi, ponete esa peluca de alondras, y vola! Vola conmigo ya! Veni, vola, veni!
Quereme asi, piantao, piantao, piantao... Abrite los amores que vamos a intentar la magica locura total de revivir... Veni, vola, veni! Trai-lai-lai-larara!
Gritado
Viva! Viva! Viva! Loca ella y loco yo... Locos! Locos! Locos! Loca ella y loco yo!
(Voz femenina)
Recitado
Las tardecitas de Buenos Aires tienen ese que se yo, viste? Salis de tu casa por Arenales. Lo de siempre: en la calle y en mi... Cuando de repente, detras de un arbol, se aparece él.
Mezcla rara de penultimo linyera y de primer polizonte en el viaje a Venus: medio melon en la cabeza, las rayas de la camisa pintadas en la piel, dos medias suelas clavadas en los pies y una banderita de taxi libre levantada en cada mano. ¡Ja, ja! Parece que sólo yo lo veo. Porque él pasa entre la gente, y los maniquíes le guiñan; los semáforos le dan tres luces celestes, y las naranjas del frutero de la esquina le tiran azahares. Y así, medio bailando y medio volando, se saca el melón, me saluda, me regala una banderita, y me dice...
Cantado
Ya se que estoy piantao, piantao, piantao... No ves que va la Luna rodando por Callao; que un corso de astronautas y niños, con un vals, me baila alrededor... Baila! Veni! Vola!
Yo se que estoy piantao, piantao, piantao... Yo miro a Buenos Aires del nido de un gorrion; y a vos te vi tan triste... Veni! Vola! Senti!... el loco berretin que tengo para vos:
Loco! Loco! Loco! Cuando anochezca en tu porteña soledad, por la ribera de tu sabana vendre con un poema y un trombon a desvelarte el corazon.
Loco! Loco! Loco! Como un acrobata demente saltare, sobre el abismo de tu escote hasta sentir que enloqueci tu corazon de libertad... Ya vas a ver!
Recitado
Y, así diciendo, El loco me convida A andar en su ilusión super-sport, y vamos a correr por las cornisas ¡con una golondrina en el motor! De Vieytes nos aplauden: “Viva! Viva!”, los locos que inventaron el Amor; y un angel y un soldado y una niña nos dan un valsecito bailador.
Nos sale a saludar la gente linda... Y El loco, loco mío, ¡qué sé yo!, provoca campanarios con su risa, y al fin, me mira, y canta a media voz:
Cantado
Quereme asi, piantao, piantao, piantao... Trepate a esa ternura de locos que hay en mi, ponete esa peluca de alondras, y vola! Vola conmigo ya! Veni, vola, veni!
Quereme asi, piantao, piantao, piantao... Abrite los amores que vamos a intentar la magica locura total de revivir... Veni, vola, veni! Trai-lai-lai-larara!
Gritado
¡Viva! ¡Viva! ¡Viva! ¡Loco él y loca yo! ¡Locos! ¡Locos! ¡Locos! ¡Loco él y loca yo!
Non lo sentite anche voi, come me e le mie ragazze, quel piccolo brivido lungo la schiena?Etichette: cose da ricordare, le vite degli altri |
postato da la Parda Flora
alle 14:53
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