21 ottobre 2006
Notturno al giorno di santa Lucia, che è il più breve
È la mezzanotte dell'anno, ed è la mezzanotte del giorno
Di Santa Lucia, che si toglie la maschera solo per sette ore:
Il Sole è affranto, e ora che le sue fiaschette
Sprigionano razzi leggeri, non raggi costanti,
Tutta la linfa del mondo è prosciugata:
L'idropica terra ha bevuto tutto il balsamo,
Dove la vita s'è ritirata, morta e sepolta,
Come ai piedi del letto; eppure queste cose sembrano,
A me comparate, risibili tutte, a me che sono il loro Epitaffio.

Studiatemi, quindi, voi che sarete gli amanti
Del prossimo mondo, ovverossia della prossima Primavera:
Perché io sono ogni cosa morta,
In cui amore operò nuova Alchimia.
Ché la sua arte ha espresso
Persino dall'annullamento, e dalle privazioni opache, e dalla
Magra vacuità una quintessenza: mi distrusse,
E sono ricreato nuovamente
D'assenza, di tenebra e morte; le cose che non sono.
Gli altri, da tutte le cose, traggono tutto ciò che è buono,
La vita, l'anima, la forma, lo spirito, da cui la propria essenza;
Io sono invece, per l'alambicco d'amore, la tomba
Di tutto, ossia son nulla
. Spesso un diluvio intero
Abbiamo noi due pianto, e in questo modo
Sommerso il mondo intero, e cioè noi due; ma spesso invece
Ci siamo fatti due Caos, quando mostrammo
D'interessarci ad altro; e sovente ogni assenza
Ci sottrasse le anime, rendendoci morte carcasse.

Ma io per la sua morte (parola che la offende)
Son diventato Elisir del primo nulla;
Se fossi un uomo, d'essere tale avrei
Necessità di saperlo; sceglierei,
Se fossi invece bestia,
Un fine, un mezzo; Perfino le piante, perfino le pietre detestano,
E amano; Tutto, tutto di qualche proprietà è investito;
Se io fossi un nulla comune, come l'ombra,
Anche un corpo e una luce vi dovrebbe essere.
Ma io sono Nulla; né si rinnoverà il mio Sole.Avanti, voi per amor dei quali il Sole
Minore in questo tempo al Capricorno è corso
A procurare altra concupiscenza per donarla a voi,
Godete tutti la vostra estate;
Dacché lei gode la festa della sua lunga notte,
Fate che io per lei mi prepari, che chiami quest'ora
Il suo Preludio, la sua Vigilia, poiché è questa
La mezzanotte profonda dell'anno e del giorno
.

John Donne

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19 ottobre 2006
Domanda
Poiché ognuno di noi ha una sola vita, perché non decidere di passarla con un gatto?
La risposta è fin troppo facile,: perché un gatto vive molto, ma molto meno di noi. Però val sempre la pena di provare.

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17 ottobre 2006
Shame. shame!
Vergogna e bandiera a mezz'asta per gli Stati Uniti d'America: sono morte le libertà civili, è morta la Costituzione!

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Al cittadino non far sapere?
Un piccolo aereo si schianta, apparentemente senza senso, contro un palazzo di New York, pochi giorni fa: otto morti. Oggi la metropolitana (classico bersaglio terroristico) di Roma ha un non meglio chiarito incidente, con una donna morta e 140 feriti, incidente la cui dinamica convincerà forse voi, ma non me.
E se il terrorismo stesse cambiando faccia?
Un tempo erano l'importanza, il valore e il prestigio del simbolo colpito che davanp l'indicazione sui possibili obiettivi, i famosi obiettivi sensibili, così a Roma il Vaticano era l'obiettivo per eccellenza, per capirci, con le ambasciate i musei, il Campidoglio e così via.
Ma ora, semplicemente, per gli analisti operazioni della portata dell'attentato del World Wide Center non sono più fattibili.
E se dunque ora non fosse più così, e anche il terrorismo si stesse occidentalizzando ? parcellizzando le sue operazioni su un territorio disseminato di micro obiettivi sensibili, per attentati "copribili" dalla polizia, nella loro matrice terroristica, di fronte all'opinione pubblica, perché limitate; operazioni facilmente orfane da rivendicazioni o altro, che non servirebbero più, per il potere destabilizzante che tali azioni avrebbero in sè. Personalmente, volessi spargere il terrore, prenderei il municipio di un paesino sperduto di una provincia speduta, come obiettivo: a dire, non illudetevi, non c'è più sicurezza da nessuna parte. Ma questa è la mentalità occidentale, come dire - più logistico-pratica - non è la mentalità islamica, o non lo era, o non lo sarà più?
Di sicuro scommetterei che anche persone molto più qualificate di me si stanno ponendo gli stessi dubbi.

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Roberto Saviano: quando il noir diventa nero
Mi pare che dopo il molto parlare dell'assassinio di Anja Politkovskaja , meriti voce anche una vicenda di casa nostra, con regolamentari minacce di morte per aver parlato di realtà scomode. Una visitina al sito non costa nulla, e magari sapremo qualcosa di più del nostro bel Paese...

Sosteniamo Roberto Saviano

Questo sito nasce dalla voglia di esprimere Solidarietà a Roberto Saviano autore del libro "Gomorra. Viaggio nell'impero economico e nel sogno di dominio della camorra".
Roberto nei giorni scorsi ha ricevuto dure minacce da parte della Camorra, minacce che hanno costretto il prefetto di Caserta a far allontanare Roberto dalla sua città e a chiedere un programma di protezione.
"Un'iniziativa apartitica e apolitica. Roberto non deve essere considerato un martire o un eroe, ma non possiamo accettare il recinto che si è venuto a creare intorno a Roberto, un recinto legittimato purtroppo anche da alcuni organi istituzionali.
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16 ottobre 2006
Una condannata di Anna Politkovskaja
Questa è la traduzione inglese di Miru di un articolo inedito di Anna Politkovskaja comparso ieri su The Guardian. Al solito, grazie per la sua voce controcorrente, che spesso risuona nel silenzio. Infatti, in Russia, dopo tre giorni dall'assasinio di Anja, nessuno ne parla più.

Sono un paria. Questo è il risultato principale del mio lavoro giornalistico negli anni della seconda guerra cecena e dell'aver pubblicato all'estero alcuni libri sulla vita in Russia e sulla guerra cecena. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle riunioni alle quali siano presenti personalità del Cremlino, perché non pensino che gli organizzatori covano simpatie nei miei confronti. Nonostante questo, tutti i più alti rappresentanti del governo mi parlano, se interpellati, quando scrivo i miei articoli o faccio delle inchieste, ma solo segretamente, dove non possono essere visti: all'aperto, in qualche piazza, in case sicure alle quali arriviamo prendendo strade diverse, come spie. Agli alti dirigenti piace parlare con me. Sono felici di darmi delle informazioni. Mi incontrano e mi raccontano quello che succede ai vertici. Ma solo in segreto.

A questo non ci si abitua, ma si impara a conviverci. È esattamente così che ho dovuto lavorare durante la seconda guerra cecena. Mi nascondevo dall'esercito federale russo, ma ero sempre in grado di entrare in contatto clandestinamente con le singole persone attraverso intermediari di fiducia, così che i miei informatori non corressero il rischio di essere denunciati ai generali.
Quando il progetto di cecenizzazione di Putin ebbe successo (facendo sì che i ceceni "buoni" leali al governo uccidessero quelli "cattivi" che vi si opponevano), ricorsi allo stesso sotterfugio per parlare con gli ufficiali ceceni "buoni", che naturalmente conoscevo da molto tempo e che prima di diventare "buoni" mi avevano accolto nelle loro case nei mesi più difficili della guerra. Adesso possiamo incontrarci solo clandestinamente perché sono un paria, un nemico. Anzi, un nemico incorreggibile che non si presta a essere rieducato.

Non sto scherzando. Tempo fa Vladislav Surkov, vice presidente dell'amministrazione presidenziale, ha spiegato che esistono dei nemici che possono essere ricondotti alla ragione e nemici incorreggibili con i quali ragionare è impossibile e che devono essere semplicemente "epurati" dall'arena politica.

E così stanno cercando di togliere di mezzo me e altri come me.

Il 5 agosto del 2006 mi trovavo in mezzo a una folla di donne nella piccola piazza di Kurčaloj, un polveroso villaggio ceceno. Indossavo sulla testa una sciarpa ripiegata e annodata come fanno molte donne della mia età in Cecenia, senza coprire completamente il capo ma anche senza lasciarlo scoperto. Era essenziale che mantenessi l'anonimato, altrimenti chissà cosa sarebbe successo.
Su un lato della piazza, sulla tubazione del gas che attraversa tutto il villaggio di Kurčaloj, erano stesi dei pantaloni di tuta maschili, imbrattati di sangue. Allora era già stata portata via la testa mozzata dell'uomo, che non vidi.

Nella notte tra il 27 e il 28 di luglio alla periferia di Kurčaloj due combattenti ceceni erano caduti in un'imboscata tesa loro dalle unità di Ramzan Kadyrov, leader amico del Cremlino. Uno, Adam Badaev, era stato catturato, mentre l'altro, Hoj-Ahmed Dušaev, di Kurčaloj, era stato ucciso. Verso l'alba una ventina di macchine Žiguli, piene di uomini armati, entrarono nel villaggio e andarono alla stazione di polizia. Avevano con sé la testa di Dušaev. Due di loro la appesero. Sotto stesero i pantaloni insanguinati che ora stavo vedendo.

Gli uomini armati passarono due ore a fotografare la testa con i cellulari.

La testa rimase lì per 24 ore, poi i miliziani la portarono via ma lasciarono i pantaloni dove stavano. Gli agenti dell'ufficio del procuratore generale cominciarono a ispezionare la scena dello scontro e la gente del posto sentì uno degli ufficiali chiedere a un sottoposto: "Hanno finito di ricucire la testa?".

Il corpo di Dušaev, con la testa ricucita al suo posto, fu portato sul luogo dell'imboscata e gli agenti del procuratore generale cominciarono a esaminare la scena del crimine seguendo le normali procedure investigative.


Scrissi di questo sul mio giornale, astenendomi dal commentare e limitandomi a mettere un po' di puntini sulle "i" a proposito di quello che era successo. Arrivai in Cecenia quando uscì l'articolo sul giornale. Le donne nella folla cercarono di nascondermi perché erano sicure che gli uomini di Kadyrov mi avrebbero uccisa sul posto se avessero saputo che mi trovavo lì.
Mi ricordarono che Kadyrov aveva pubblicamente giurato di uccidermi.Durante una riunione del suo governo aveva detto che ne aveva abbastanza, e che la Politkovskaja era condannata. Me l'avevano riferito membri di quello stesso governo.

Perché? Perché non scrivevo quello che voleva Kadyrov? "Chiunque non sia dei nostri è un nemico". Così ha detto Surkov, e Surkov è il principale sostenitore di Ramzan Kadyrov nella cerchia di Putin.

"Ramzan mi ha detto, 'È così stupida da non conoscere il valore del denaro. Le ho offerto dei soldi ma non li ha presi'", mi raccontò quello stesso giorno un vecchio conoscente, un alto ufficiale delle forze speciali della milizia. Lo avevo incontrato in segreto. Essendo "uno dei nostri", diversamente da me, avrebbe avuto dei problemi se ci avessero visti insieme. Quando venne l'ora di andarmene era già sera, e insistette perché mi fermassi in quel luogo sicuro. Temeva che potessero uccidermi.
"Non devi uscire", mi disse. "Ramzan è infuriato con te".

Decisi di andarmene comunque. Quella notte mi aspettavano a Groznij per un altro colloquio segreto. Propose di farmici accompagnare con un'auto della milizia, ma mi sembrò ancora più rischioso. A quel punto sarei diventata un bersaglio per i combattenti.

"Sono almeno armati, là dove stai andando?", domandò ansiosamente. Durante tutta la guerra mi ero sempre trovata tra due fuochi. Quando qualcuno minaccia di ucciderti sei protetto dai suoi nemici, ma domani il pericolo verrà da qualcun altro.

Perché corro tutti questi rischi? Solo per spiegare che la gente in Cecenia ha paura per me, e lo trovo molto commovente. Hanno paura per me più di quanto ne abbia io, ed è così che sopravvivo.

Perché Ramzan ha giurato di uccidermi? Una volta lo intervistai e mandai in stampa l'intervista esattamente come l'aveva rilasciata, con la sua tipica stupidità da idiota, con la sua ignoranza e le sue inclinazioni diaboliche. Ramzan era convinto che l'avrei riscritta completamente, presentandolo come un uomo intelligente e onesto. Dopotutto così si comporta oggi la maggioranza dei giornalisti, quelli che "stanno dalla nostra parte".

È abbastanza perché qualcuno giuri di ucciderti? La risposta è semplice quanto la morale personalmente incoraggiata da Putin. "Siamo spietati con i nemici del Reich". "Chi non è con noi è contro di noi". "Coloro che sono contro di noi devono essere annientati".


"Perché te la prendi tanto per quella testa mozzata?", mi chiede Vasilij Pančenkov quando ritorno a Mosca. Dirige l'ufficio stampa delle truppe del Ministero degli Interni, ma è una brava persona. "Non hai niente di meglio di cui preoccuparti?". Gli sto chiedendo di commentare i fatti di Kurčaloj per il nostro giornale. "Scordatelo. Fingi che non sia mai successo. Te lo dico per il tuo bene!".

Ma come posso dimenticarlo, se è successo?

Disprezzo la linea del Cremlino elaborata da Surkov, che divide le persone tra coloro che stano "dalla nostra parte", "non dalla nostra parte" o perfino "dall'altra parte". Se un giornalista è "dalla nostra parte", riceverà premi e rispetto, forse anche un invito a candidarsi alla Duma. Se un giornalista "non è dalla nostra parte", invece, sarà considerato un sostenitore delle democrazie europee, dei valori europei e diventerà automaticamente un paria. È il destino di tutti quelli che si oppongono alla nostra "democrazia sovrana", alla nostra "tradizionale democrazia russa". (Cosa mai sia, non lo sa nessuno, eppure giurano di esserle fedeli: "Siamo per la democrazia sovrana!")

Non sono un animale politico. Non ho mai aderito a un partito e lo considererei uno sbaglio per un giornalista, almeno in Russia. Non ho mai sentito il bisogno di candidarmi alla Duma, anche se in passato sono stata invitata a farlo.

Dunque quale crimine mi ha meritato questa etichetta di "non una dei nostri"? Mi sono limitata a riferire quello che ho visto, niente di più. Ho scritto e, meno frequentemente, ho parlato. Sono perfino riluttante a commentare, perché mi ricorda le opinioni impostemi durante la mia infanzia e la mia giovinezza sovietiche. Mi sembra che i nostri lettori siano capaci di interpretare da soli quello che leggono.
Ecco perché il mio genere è il reportage, con limitati interventi personali. Non sono un magistrato ma qualcuno che descrive la vita che ci circonda per coloro che non riescono a vederla con i loro occhi, perché quello che viene mostrato alla televisione e di cui scrive la schiacciante maggioranza dei giornali è ammorbidito e indebolito dall'ideologia. Le persone sanno molto poco di quello che succede in altre parti del loro paese, a volte perfino nella loro regione.

Il Cremlino reagisce cercando di bloccarmi l'accesso alle informazioni: i suoi ideologi suppongono che sia il modo migliore per rendere inoffensivo quello che scrivo. Però è impossibile fermare qualcuno fanaticamente dedito alla professione di raccontare il mondo che ci circonda. La mia vita può essere difficile, più spesso umiliante. A 47 anni non sono, dopotutto, così giovane da accettare di imbattermi costantemente nei rifiuti e di farmi sbattere in faccia la mia condizione di paria. Però posso conviverci.

Non voglio dilungarmi sulle altre gioie della strada che ho scelto: l'avvelenamento, gli arresti, le lettere e le e-mail minatorie, le minacce di morte al telefono, il fatto che mi convochino ogni settimana nell'ufficio del procuratore generale per firmare dichiarazioni praticamente su tutti gli articoli che scrivo (la prima domanda è sempre: "Come ha ottenuto questa informazione?"). Ovviamente non mi piacciono gli articoli costantemente derisori che appaiono su altri giornali e su siti internet che mi hanno a lungo presentata come la pazza di Mosca. Trovo disgustoso vivere così; mi piacerebbe ricevere un po' più di comprensione.

La cosa più importante, però, è continuare il mio lavoro, descrivere la vita che vedo, ricevere tutti i giorni in redazione persone che non hanno un altro luogo in cui portare i loro guai perché il Cremlino trova le loro storie inopportune, e così il solo luogo che può dar loro voce è il nostro giornale, la Novaja Gazeta.

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postato da la Parda Flora alle 12:45  

 

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