26 agosto 2006
Kansas City Shuffle
"Figliolo, la vita non è solo vivere"
postato da la Parda Flora alle 21:53  

 

25 agosto 2006
Cinque
Nel 1944 arriviamo alla quarta campagna elettorale di Roosvelt, che punta a vincere la guerra e siglare la pace successiva. Ovviamente, puntando alla rielezione, con Truman vice presidente che gli assicura il sostegno del congresso, Roosvelt non lesina promesse ai gruppi etnici nell’intento di accaparrarsene i voti. Così, nell’ottobre del 1944 promise che, se rieletto, avrebbe sostenuto la creazione “in Palestina di un commonwelth ebraico libero e indipendente”, nonostante fosse perfettamente consapevole che la situazione nell’area era troppo scottante per permettere una soluzione tranquilla. Così, di ritorno da Yalta, l’anno successivo, ebbe un colloquio con Ibn Saud che, pare, sostenne che il risarcimento agli ebrei era faccenda riguardante i Paesi dell’Asse, e non quelli Arabi: Roosvelt lo rassicurò circa la sua determinazione a non prendere iniziative unilaterali. In tal modo, di fatto dava un colpo al cerchio e uno alla botte, ricreando la situazione ambigua che, dalla fine del primo conflitto mondiale, aveva caratterizzato la politica inglese.
Ricordiamo infatti che nel 1939 Churchill aveva pubblicato il cosiddetto Libro Bianco, che limitava l’immigrazione ebraica in Palestina, nonostante la Dichiarazione Balfour del 1917.
Il 12 aprile 1945 Roosvelt muore.
Vi erano state sempre tensioni fra gli inglesi e la comunità ebraica residente in Palestina, il cosiddetto yishuv, ma con la fine della guerra, le ostilità contro i mandatari inglesi divennero aperte, anche se l’avvento in Inghilterra di un governo laburista (1945) parve propizio alla causa sionista. Tuttavia ben presto Ben Gurion e i suoi dovettero arrendersi al fatto che la linea di principio seguita dal governo anglosassone era ancora quella dettata dal Libro Bianco, sostenuta dal Ministro degli Esteri Ernest Bevin, ex sindacalista, e più preoccupato delle esigenze post belliche del Regno Unito, favorite da un atteggiamento filo arabo, piuttosto che da quello favorevole a un ipotetico stato israeliano in Palestina... Al solito, la preoccupazione maggiore era garantire l’accesso ai pozzi petroliferi del Medio Oriente, e agli oleodotti che trasportavano il petrolio ad Haifa, indispensabili per la ricostruzione dell’Inghilterra dopo sei anni di guerra.
La Gran Bretagna possedeva all’epoca la colonia di Aden e due basi aeree in Iraq, ma l’influenza inglese aleggia un po’ su tutta l’area. E secondo Bevin, così come per gli USA, gli interessi dell’occidente stavano dalla parte degli arabi.
Vediamo la situazione generale: il Libano si era liberato dal mandato francese nel 1943 e la Siria nel 1946; l'Egitto (con l’indispensabile canale di Suez) e la Transgiordania, anche se ufficialmente raggiungono l’indipendenza, sono sotto l’influsso inglese: una situazione pesante per gli arabi, che trovava nella sorte della Palestina il proprio simbolo, anche perché non vi era una leadership all’altezza del momento storico che la Palestina stava vivendo, e così come era nato a suo tempo un movimento nazionalista ebraico, era nato anche un movimento nazionalista arabo. Tuttavia “i palestinesi dovettero affrontare le difficoltà legate sia al fatto di non aver mai goduto di strutture politiche che, in qualche modo, bilanciassero quelle messe in piedi, con cura, dall’Agenzia ebraica, sia a quello di non essersi mai del tutto ripresi dalla repressione della loro rivolta, negli anni 1936 - 39, da parte della Gran Bretagna” (T.G. Fraser), così da trovarsi impreparati alla grande sfida che da lì a poco i sionisti avrebbero lanciato contro di loro.
Su posizioni filo arabe si trovavano anche gli Stati Uniti; infatti Loy Henderson, il più importante arabista del Dipartimento di Stato americano, contrario a Stalin, dirigeva la divisione degli Affari Africani e del Vicino Oriente, oltre ad essere ambasciatore a Baghdad dal 1942.
La sua esperienza di ambasciatore in Medio Oriente lo convinse che l’ostilità degli arabi nei confronti degli ebrei era così intensa che gli ebrei avrebbero cambiato i vecchi ghetti con uno più grande in Medio Oriente, e che la nascita di uno stato ebraico non avrebbe potuto avvenire senza l’uso della violenza. Ciò indusse Henderson a proporre con forza altre destinazioni per lo stato ebraico - America del Sud, USA o paesi del Commonwelth britannico - anche se ciò lo rese impopolare, ma inutilmente. L’illusione di Washington era che si potesse arrivare a uno stato ebraico pacificamente. Tuttavia, la posizione filo araba del Dipartimento di Stato durò oltre il mondato di Henderson.
Alla morte di Roosvelt era succeduto il suo vice, Truman, poco esperto in politica estera, paternalista e filo ebreo. Ancora una volta la sorte del Medio Oriente subì una radicale inversione di marcia.

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postato da la Parda Flora alle 15:01  

 

24 agosto 2006
Le parole
Una riflessione sulla parola di Tullio De Mauro, ex Ministro della Pubblica istruzione, mi è tornata in mente girellando per blog. Soprattutto in quelli più pretenziosi e snob, che ritengono che per far cultura o comunicare sia necessario essere oscuri, spocchiosi e altisonanti, per ribadire la propria superiorità sui poveracci che li leggono. Che fastidio, per me che ho partecipato alla redazione di corsi per l'autoistruzione alla chiarezza nella comunicazione: pubblica, bancaria, professionale... mi consola nel mio giudizio stare in buona compagnia. La comunicazione chiara si basa sempre sui fatti: per questo diffido di buona parte della poesia, e di certa scrittura, che vibra tutta di emozioni mal celate , al punto da risultare spesso incomprensibile e pertanto fastidiosa.
Ma questo è solo il mio pensiero. Saper scrivere BENE è un talento, e ahimè, pochi lo hanno; la maggior parte lo crede solamente.



Le parole sono fatte, prima che per essere dette, per essere capite:
proprio per questo, diceva un filosofo,
gli dei ci hanno dato una lingua e due orecchie.
Chi non si fa capire viola la libertà di parola dei suoi ascoltatori.
È un maleducato, se parla in privato e da privato.
È qualcosa di peggio se è un giornalista, un insegnante,
un dipendente pubblico, un eletto dal popolo.
Chi è al servizio di un pubblico
ha il dovere costituzionale di farsi capire.
postato da la Parda Flora alle 10:55  

 

23 agosto 2006
Presenze diaboliche
Triora è un paesino della Liguria di Ponente. E’ abbastanza noto fra gli addetti ai lavori per un celebre processo di stregoneria che vi si tenne nel 1587, quando, ai primi di ottobre, i vicari dell’Inquisizione di Genova e del vescovo di Albenga iniziarono ad accertare strane voci che circolavano da tempo su alcune donne del villaggio.
La dinamica di questo processo a me ha sempre fatto pensare un po’ ai fatti di Salem, alla vicendsa dei benandanti analizzata da Carlo Ginzburg e anche a un altro processo famoso, quello narrato da Aldous Huxley ne I diavoli di Loudun, per lo schematismo che si ripete: accadimenti negativi in una comunità vengono attribuiti all’elemento più strano, estraneo e debole o in qualche modo vulnerabile, in genere una vecchia che pratica piccola medicina naturale e ostetricia; di qui, a cascata, per delazione, l’accusa di stregoneria si espande a macchia d’olio, anche al di là delle intenzioni originali, e in qualche modo coinvolge una intera comunità, in un fenomeno sociologico piuttosto caratteristico dei gruppi limitati. Lievemente diversa la storia di Loudun, nella quale il dramma che coinvolge molti innocenti si consuma tutto all’interno di un convento coinvolgendone il padre spirituale, ma anch’esso è pur sempre un fenomeno d’isteria collettiva che travolge e distrugge ogni ragionevolezza.
Io sono piuttosto arrabbiata con il revisionismo che il Vaticano da qualche anno ha messo in opera circa l’Inquisizione, sia quella fai-da-te, che gli storici chiamano inquisizione con la minuscola, che caratterizza l’età medievale, sia l’Inquisizione spagnola e quella Romana di epoca moderna, fra l’altro unico tribunale per così dire “federale” dell’Italia pre unitaria: il lungo braccio della chiesa, infatti, superava confini e barriere, nella sua pia opera di persecuzione di quanti non la pensassero come lei.
Gli studi sovvenzionati da Roma parlano di un totale di sole 100 vittime arse - a parte l’inattendibilità a mio avviso di tale dato, più demagogico che reale, la navicella di Pietro non avrebbe dovuto trovare giustificazione per una sola morte imposta ad un essere umano, e per di più in massima parte sulla base di confessioni estorte con la tortura. E se anche i primi giuristi a mettere in dubbio la credibilità di deposizioni estorte con tali mezzi sono proprio ecclesiastici, e del XVI secolo, il ricorso metodico alla tortura come strumento giudiziario è una realtà che ancora ci perseguita, se si pensi che ne sono stati denunciati casi anche in Italia da parte di Amnesty International, già prima che il governo Berlusconi ne “scongelasse” la definizione legale, richiedendo la reiterazione del fatto per poterne parlare in termini di reato.
Ma cosa significa tortura o tormento, al di là di aspetti granguignoleschi ai quali fiction e informazione ci hanno assuefatti? Leggere gli atti relativi a questo processo, conservati presso il mastodontico Archivio di Stato di Genova, riserva momenti di grande, profonda angoscia. In particolare, è toccante la testimonianza relativa all’interrogatorio di Franchetta Borelli, avvenuto il 19 settembre 1588 (Lettere al Senato n. 539). La voce disperata di questa donna straziata dalla sofferenza non trova eco nei suoi morbosi, percussivi, implacabili carnefici, neppure quando li accusa esplicitamente di scorrettezza. Resti almeno il suo ricordo nelle nostre coscienze, dando voce alla sua tragica storia.

Seppure lunga, riporto un ampio stralcio della deposizione di Franchetta, proprio per comunicare la natura ossessiva dell’azione inquisitoria nei suoi confronti: lo scandire le ore sul cavalletto, il ripetersi monotono e quasi indifferente delle domande del signor inquisitore e il diniego disperato ma senza incertezze della torturata, così come piattamente riportati dal notaio che trascriveva i verbali dei processi, sono più eloquenti ed orribili di mille parole.

1588 die 19 septembris in loco tormentorum
(...)
Interrogata fuit se finalmente si è risoluta in tanto tempo che ha avuto comodità di pensare dir la verità.
Respondit: Signor la verità l’ho tutta volta detta
Interrogata se tutta volta ha detto la verità che dovea sono anche vere quelle cose che cominciò a confessare et per questo finisci de dir la verità.
Respondit: io all’hora havea la febbre et non sapea quello che mi dicessi.
Tunc visa obstinatione et pertinacia dicte costitute viso etiam decreto serenissimi Senatus tunc pro iudicio iussit dictam constitutam spoliari et indui quodam palio tele albi et poni in tormento vocato del cavalletto abrasa prius de omnibus capillis capitis per chirurghum et partis pudendis per quondam mulierem vocatam ad id, que abrasa et in tormento posita posito primo orologio dixit:
Giudicame signor, aggiutame Signor Dio Grande mandame aggiuto e conforto, signor Dio mi aggiuterà, signor calatemi che la verità l'ho detta, ah signor delle false testimonianze, giudicame signor, tu che sai chi sono, che li giudici del mondo non lo possono sapere, io stringo li denti e poi diranno che rido, ahi le mie braccia, aggiutame signor, et non mi abbandonar, che non ho altro conforto che Dio, signor calatemi che se io non ho detto la verità Dio non mi accetti mai in Paradiso. Il cuor mi manca. Signor, mandami l’Angelo dal cielo che mi guardi et mi diffendi, calatemi che la verittà l’ho detta, se non mi calate adesso mi calerete morta, mi manca il fiato, Signor, mandame l’Angelo dal cielo, Christo che potete più delle false testimonie traetemi l’anima di dentro il corpo et mandatela dove deve andare, et tacuit. Et postea dixit: Il cuor mi schiatta, il Signor non mi lascerà sino a giorno perché manderà a pigliar la mia anima, Signor commissario, fattemi dar un poco di aceto o di vino et sic bibit bichierinum unum vini. Et dixit:Misericordia vi domando, misericordia mandame aggiutto e dattemi un poco da bevere. Et sic denuo illi datus alius bichierinus vini et postea dixit: Signor Commissario io vorrei prender un ovo. Et sic ei fuit datum ovum et steterat in tormento per spatium horarium quinque et nil dixit, nec se condoluti, nisi post horam undecimam quod dixit: Aggiutame chi può, et dicente domino che si può aggiutare da lei stessa, dicendo la verità, nihil respondit sed onnino tacuit. Deinde: Ahi lo mio cuore ahi la mia testa, mi volete voi un poco far callare signor commissario, et dicente domino quod dicat veritatem quia eam deponi facit, respondit: Ahi che l’ho detta signor provedeteci voi che potete signor, et tacuit. Et post horas duodecim dixit: Io sono scorticata et tacuit. Postea: Ah Dio mio il collo. Et post horas tredecim dixit: Datemi un poco d’acqua che io muoio di sete. Et interrogata se vuole del vino, respondit: Signor no che mi farà male, a digiuno. Et interrogata se vuol mangiare respondit Signor no, et sic fuit sibi data aqua ad bibendum et tacuit. Et postea: Io non gli chiarisco con gli occhi in modo che sono stroppiata degli occhi e delle mani che la mia roba tutta se n’è andata. Et dicente domino che non è tempo di raccordar la roba, ma dir la verità et haver cura dell’Anima respondit: l’Anima è la prima et di gratia fatemi un poco sligare. Et dicente domino che dichi la verità che la farà slegare et deponere respondit: Io l’ho detta, io non basto mai più a ritener l’urina, la verità l’ho detta, et se poteste veder l’animo mio. Et sicut cum steterit in tormento per horas quatuordecim fuerunt a Quilico Borrello frate suo sibi trasmissa denuo alia ova, recentia, que assorbuit et postea dixit: Delle mie braccie non me ne potrò più aggiutare, guardatemi come ho la mia lingua... io non posso più, per l’amor di Dio fatemi calare tanto che io respiri un poco. Interrogata che dichi la verità che si faria deponete et respirare a suo piacere, respondit: Signor fattemi calare che io l’ho detta, og’uno mi aggiuti se è possibile che io non posso più, mi sento schiattar il cuore, ahi Signor non mi lasciate schiattar il cuore, lasciatemi dar aggiuto signor che la verità l’ho detta, ahi qualcheduno mi aggiuti un poco, oh ben sete crudeli tutti, è possibile che nessuno mi vogli dar un cucchiaio che io mi possa cacciar nella gola. Signor datemi il fuoco alli piedi et levatemi di qui. Et dicente domino, che se non dice la verità sino che sia sul cavalletto ben si ponerà al fuoco respondit: Fattemi brusciare che quanto a me la verità l’ho detta, fatemi levare di qui che non ci posso più stare et non mi ponete più in disperatione, prendete una mazza et datemi sopra la testa, et levatemi d’affanni, la verità l’ho detta. Vergine Maria ahi fattemi slegare et fattemi dare un poco d’aggiuto. Et dicente domino quod dicat veritatem, quia non solum solvi sedetiam eam deponi faciet respondit: La verità l’ho detta ahi madre, il cuore mi schiatta, fattemi calare che la verità l’ho detta, misericordia, il cuor mi manca, ahi che a Roma il cavalletto non dura se non otto hore et io ci sono stata una notte e alquante hore di giorno, et mi fui detto, da uno di Triora, che è venuto di Roma l’altr’ieri quando io ero a Genova, et tacuit. Postea dixit: Ho freddo alli piedi. Et fuit sibi responsum quod dicat veritatem quia dominis commissarius deponi faciet respondit: Non mi tormentate più che l’ho detta, et non ho più bisogno di dirla, io moro di freddo alli miei piedi, di gratia, Signor Commissario, fattemi portar un poco di brace per ascaldarli.

Può bastare.Nè il signore Iddio, nè Cristo, nè la Vergine Maria nè, infine, la madre - l'ultima a esser implorata dai disperati - vennero in aiuto di Franchetta.
Il tormento al cavalletto di Franchetta, ch’era donna anziana (di lei si mormorava - da giovane puttana, da vecchia strega), durò in tutto 23 ore e non sortì confessione alcuna. L’obiezione di Franchetta rispetto ai tempi massimi di durata del tormento imposti da Roma è vera: si voleva in tal modo garantire soprattutto la salute del torturato.


“Anche la donna, da parte sua, deve lasciarsi convertire e riconoscere i valori singolari e di grande efficacia di amore per l’altro per cui la sua femminilità è portatrice.”
Joseph Ratzinger, ora papa Benedetto XVI, già Cardinale Prefetto per la dottrina della fede e dei costumi (così prese nome nel 1965 l’Inquisizione Romana del Sant’Uffizio) nella
Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo.
postato da la Parda Flora alle 12:25  

 

22 agosto 2006
Che te ne fai di una vita?
Quinta volta, per questa poesia di Charles Bukowski. Fino a impararla a memoria, ma non con la mente, con la carne, con il dolore, con l'anima disseccata come foglie accartocciate.
"Ho calcolato tutto, valutato ogni cosa: e gli anni a venire mi apparvero spreco di fiato, e spreco di fiato gli anni del passato".



Non ce la fanno
quelli belli muoiono in mezzo alle fiamme-
suicidi, pillole, veleno per topi, corda qualunque
cosa...
si strappano le braccia
si gettano fuori dalla finestra
si cavano gli occhi fuori dalle orbite;

rifiutano l'amore
rifiutano l'odio
rifiutano, rifiutano

Non ce la fanno
quelli belli non durano

loro sono le farfalle
loro sono le colombe
loro sono i passeri
loro, non ce la fanno.

Una bella fiammata
mentre i vecchi giocano a dama nel parco
una fiammata, una bella fiammata
mentre i vecchi giocano a dama nel parco
nel sole.

Quelli belli li trovano in fondo ad una stanza
ammucchiati in mezzo ai ragni e agli aghi e al silenzio
e non riusciamo mai a capire perché loro
se ne sono andati, loro che erano così
belli.

Non ce la fanno,
quelli belli muoiono giovani
e lasciano quelli brutti alle loro brutte vite.
Attraenti e brillanti: in vita e nel suicidio e in morte
mentre i vecchi giocano a dama nel sole
nel parco.
C. Bukowski


What’s the use of a title?


They dont make it
the beautiful die in flame-
suicide, pills, rat poison, rope what-
ever...
they rip their arms off,
throw themselves out of windows,
they pull their eyes out of the sockets,
reject love
reject hate
reject, reject.

They don’t make it
the beautiful can't endure,
they are butterflies
they are doves
they are sparrows,
they, don’t make it.

One tall shot of flame
while the old men play checkers in the park
one flame, one good flame
while the old men play checkers in the park
in the sun.

The beautiful are found in the edge of a room
crumpled into spiders and needles and silence
and we can never understand why they
left, they were so
beautiful.

They don’t make it,
the beautiful die young
and leave the ugly to their ugly lives.

Lovely and brilliant: life and suicide and death
as the old men play checkers in the sun
in the park.

Charles Bukowski
postato da la Parda Flora alle 12:19  

 

21 agosto 2006
Quattro
Qui arriviamo a un momento molto delicato per il futuro di Israele.
Abbiamo visto che il patronato del Regno Unito vorrebbe uno stato palestinese con un accesso limitato per gli ebrei: in questo braccio di ferro si inserisce l’incidente della Struma, la nave delle SS che nel dicembre 1941 affondò nel porto di Istanbul con a bordo 769 rifugiati ebrei cui fu negato il permesso di sbarcare. Questo episodio fu ulteriore conferma per gli ebrei che non avrebbero potuto trovare protezione se non da se stessi, in un proprio stato.
Nacque così l’Hagana - la forza di difesa dell’Agenzia ebraica che poi avrebbe costituito il nucleo dell’esercito israeliano - e cominciò ad armarsi.
In conflitto con l’Agenzia ebraica e il movimento nazionale nacquero anche altri due gruppi clandestini, più decisamente anti britannici e legati all’ala destra del movimento sionista: si tratta dell’Irgun Zvai Leumi (Organizzazione militare nazionale) capeggiato da Vladimir Jabotinskij, che si era staccato dall’Organizzazione sionista mondiale nel 1935, in opposizione a Ben Gurion, e del Lehi (Combattenti per la libertà di Israele).Nacque così quella frattura di base che influenzerà il futuro dello stato di Israele.
L’Irgun (1944) dichiarò guerra al mandato britannico, e tale risoluzione si concretizzò nell’assassinio di Lord Moyne, ministro inglese in Medio Oriente e grande amico di Churchill. In tal modo, il futuro d’Israele andava ad incassare la prima cambiale, alienandosi le passate simpatie del Primo ministro inglese per uno stato israeliano post bellico.
Nel frattempo il panorama internazionale sta cambiando, e la nuovo protagonista è l’America, dove dalla fallita rivoluzione europea del 1848 la comunità sionista s’era sempre più ingrossata, soprattutto di ebrei provenienti dalla Germania, sino ad avere, all’inizio del secolo successivo coi suoi due milioni di componenti, un peso sull’opinione pubblica. Grazie anche alle possibilità che, al di là di eterni pregiudizi, il sogno americano offre anche a questi esuli.
Da metà Ottocento, essi si distinguono per la rilevante presenza nell’editoria, nel commercio e nel giornalismo. Di ebrei sono grandi magazzini come Bloomingdale’s , Macy’s e Gimbel’s a New York; sono gli ebrei che inventano le rivoluzionarie vendite per corrispondenza con i cataloghi dello Sears Roebuck di Chicago. Più tardi si inserirono nell’industria cinematografica (Goldwyn, Mayer, i fratelli Warner) e nella vita culturale della loro nuova patria. Cito solo Bernstein, Goodman, Gershwin, ma la lista potrebbe allungarsi.
Vi è tuttavia un rovescio della medaglia: il Ku Klux Klan li perseguita, le università li discriminano, Henry Ford finanzia una grossolana propaganda anti semita - la realtà con la quale gli ebrei sono abituati a confrontarsi da sempre li segue anche nel Nuovo Mondo. Non è vero, dunque, come pensa il topolino Fievel, al quale Spielberg affida il racconto dell’arrivo dei suoi antenati negli States, che non ci sono gatti in America.
Negli Anni Venti poi, anche le nuove leggi sull’immigrazione li discriminano, e ciò renderà difficile la fuga verso l’America con le successive evoluzioni politiche in Germania. E proprio Hitler farà sì che, anche se la comunità ebrea negli USA fu sempre sensibile al sionismo, dagli Anni Trenta essa inizi a sostenerlo attivamente.
Grosse speranze vennero riposte nell’elezione di Roosvelt, che introdusse molti ebrei nella propria amministrazione, ma in realtà questo presidente fece molto poco per la questione ebraica, anzi, venne ritenuto correo per la sua posizione neutra quando, nel 1942, iniziarono a filtrare le prime informazioni sulla Shoa. Sempre nel 1942 si ottenne, con modifica del vecchio programma di Basilea del 1897, che la Palestina sarebbe diventata un commonwelth ebraico, ufficializzando e rendendo in tal modo pubblica la posizione sionista. Tuttavia la posizione di Roosvelt al riguardo restò tiepida, come a suo tempo lo era stata quella Britannica rispetto a uno stato Palestinese arabo, e per gli stessi motivi: il timore che il gioco della alleanze chiudesse l’accesso dell’Occidente all’indispensabile petrolio. Perciò nel 1943 il presidente americano assicurò Ibn Saud dell’Arabia Saudita che le decisioni relative alla Palestina sarebbero state prese solo dopo consultazioni sia con la parte araba, sia con quella ebrea.

(disclaimer:le mie fonti si basano su saggi storici redatti da docenti di storia contemporanea, e non su reportage giornalistici o simili scemenze - e non so perché ma i giornalisti che hanno debiti con Bettino Craxi mi ispirano poca fiducia relativaemnte alla loro onestà intellettuale. E infatti qualche topica la prendono: casuale o voluta? Nel mio caso posso almeno dire che l'unico filtro sono io: la serietà non s'inventa, e non nasce dai favori ricevuti)

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postato da la Parda Flora alle 11:27  

 

20 agosto 2006
Mathilda
"Léon, esattamente che lavoro fai per vivere?"
"Faccio le pulizie."

(battuta anche autoreferenziale, oltre che ironica? in Nikita, Jean Reno fa "il pulitore" che fa sparire il lavoro mal riuscito di Nikita con l'acido)

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