24 agosto 2006
Le parole
Una riflessione sulla parola di Tullio De Mauro, ex Ministro della Pubblica istruzione, mi è tornata in mente girellando per blog. Soprattutto in quelli più pretenziosi e snob, che ritengono che per far cultura o comunicare sia necessario essere oscuri, spocchiosi e altisonanti, per ribadire la propria superiorità sui poveracci che li leggono. Che fastidio, per me che ho partecipato alla redazione di corsi per l'autoistruzione alla chiarezza nella comunicazione: pubblica, bancaria, professionale... mi consola nel mio giudizio stare in buona compagnia. La comunicazione chiara si basa sempre sui fatti: per questo diffido di buona parte della poesia, e di certa scrittura, che vibra tutta di emozioni mal celate , al punto da risultare spesso incomprensibile e pertanto fastidiosa.
Ma questo è solo il mio pensiero. Saper scrivere BENE è un talento, e ahimè, pochi lo hanno; la maggior parte lo crede solamente.



Le parole sono fatte, prima che per essere dette, per essere capite:
proprio per questo, diceva un filosofo,
gli dei ci hanno dato una lingua e due orecchie.
Chi non si fa capire viola la libertà di parola dei suoi ascoltatori.
È un maleducato, se parla in privato e da privato.
È qualcosa di peggio se è un giornalista, un insegnante,
un dipendente pubblico, un eletto dal popolo.
Chi è al servizio di un pubblico
ha il dovere costituzionale di farsi capire.
postato da la Parda Flora alle 10:55  

 

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