28 luglio 2006 |
Bigino |
Vediamo a questo punto un po' qual'era la situazione internazionale
Maggio 1945: la guerra in Europa finisce; nell’agosto del 1945, si arrende anche il Giappone. In pochi anni si deteriorarono i rapporti fra le potenze vincitrici e si passò alla cosiddetta “guerra fredda”, in quanto non dichiarata (in realtà per l’Europa è un lungo periodo di pace, ma sembra sotto la costante minaccia di guerra per la corsa agli armamenti, anche nucleari, da parte di Usa e URSS). Ciò che interessa qui è che nel dopoguerra essa, in sostanza, c’era già: ne vediamo rapidamente le tappe. • 1948 la guerra fredda è in corso; nel febbraio si ha il colpo di stato a Praga che azzera l’ultima parvenza di democrazia rappresentativa nel blocco comunista. in giugno si ha il blocco di Berlino e la conseguente creazione di un ponte aereo statunitense per rifornire la città, che durerà circa un anno: si è a un passo dalla guerra, che però viene evitata per la moderazione di entrambe le parti, pur in un clima di tensione altissima. E’ legittimo chiedersi: come fu possibile, in così breve tempo, arrivare a un tale grado di degenerazione dei rapporti fra le potenze che erano state alleate nel corso della guerra? Gli obiettivi, nel corso della guerra, delle potenze antinaziste (paesi anglosassoni e URSS), erano diversi fra loro; anche a Yalta (febbraio 1945) non si riesce ad ovviare a questo fatto, e così, una volta finita l’emergenza data dalla guerra, le differenze riaffiorano. In fondo, esse erano già evidenti nel corso della guerra stessa: per esempio, il comportamento dell’URSS nei confronti del Giappone in relazione alla divisione della Corea. Nel patto Ribbentrop-Molotov (23 agosto 1939) che univa Germania e Unione sovietica, Hitler aveva preteso un impegno di non belligeranza fra i suoi alleati, che durò anche dopo; in effetti fra URSS e Giappone c’è una contrapposizione storica. La rottura del patto, con l’invasione dell’URSS da parte di Hitler (cosiddetta operazione Barbarossa – 21 giugno 1941), tuttavia sino alla fine della guerra l’URSS di fatto non sparò un solo colpo contro il Giappone. E’ vero che molto probabilmente, essendo totalmente impegnata in Europa a fermare Hitler, non ne avrebbe avuto la possibilità materiale, tuttavia si tratta comunque di un’anomalia da segnalare. Vi sono altre discrepanze: gli Stati Uniti con Wilson avevano concepito la Società delle Nazioni, che avrebbe dovuto rendere impossibile l’uso della guerra come soluzione di tensioni internazionali. Tuttavia gli USA non ne fanno parte, l’URSS vi entra solo dopo l’uscita del Giappone... insomma, fu un’iniziativa che non funzionò. Però evidenziò la necessità di un ordine mondiale a favore della pace. Anche gli accordi economici di Bretton Woods (1944) per la creazione di un sistema monetario internazionale, la libera circolazione di merci e persone etc, favorisce la nascita di un nuovo sistema economico mondiale, non autarchico come si era avuto fra le due guerre. Politicamente si ha la nascita dell’ONU (San Francisco 1945)per tutti i paesi del globo, per poter discutere dei problemi internazionali come opzione alla guerra, e casomai poter intervenire per sedare eventuali focolai locali (in fondo con risultati molto deludenti). • 1941 Roosvelt e Churchill firmano il 14 agosto la Carta atlantica , che comprende principi fondamentali per i rapporti fra Stati, compresi criteri da seguire durante la Guerra. In quel periodo si inizia a considerare alleata anche l’URSS, quindi anche URSS, oltre a Inghilterra e USA fa parte dei belligeranti che non dovranno acquisire territori alla fine della Guerra. Si sanciscono anche libero commercio, ripudio della guerra nelle controversie internazionali, necessità di stabilire principi democratici etc. • Quindi dal punto di vista di Stalin, che pure firma, anche se un mese dopo, vi è un vizio di forma e a Yalta anche l’Unione sovietica firma in favore della creazione di regimi democratici etc. in tutti i paesi sottratti all’influenza della Germania e del Giappone. Anche l’URSS era stata invasa, quindi essa considera la propria come guerra di liberazione e in tal modo si superava la situazione presente nel 1941 allo scoppio della guerra. • I termini difesa ed espansione si prestano a differenti interpretazioni a seconda dei punti di vista: per esempio, l’espansionismo russo è visto dall’URSS come riconquista di territori indispensabili per la propria difesa. E’ questa la chiave nella quale si deve leggere tutta la questione dell’Est Europa, che per l’URSS è un cuscinetto, protettivo nei confronti delle potenze occidentali, formato da stati amici. • L’Inghilterra è ancora un impero, formato da India (che raggiungerà l’indipendenza solo nel 1947), Birmania, vari territori in Africa, Cipro, Gibilterra, Somalia Britannica, Aden, Jamaica etc) alla cui difesa Churchill teneva ancora, perché ritiene che contribuisca a creare il ruolo di potenza internazionale dell’Inghilterra. Gli Stati Uniti, potenza anticolonialista, invecec spinge in direzione della decolonizzazione. Questo, assieme alla natura pur sempre europea del Regno unito, contribuirà ad allontanare fra loro gli alleati anglosassoni.Etichette: storia |
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27 luglio 2006 |
Intervallo |
Sono stanca. Ma stanca di essere stanca, come scriveva un poeta africano del quale - ovviamente - non ricordo il nome, dato che sto rincretinendo. Però sono stanca per davvero, ho i brividi e gli occhi che mi bruciano come se avessi la febbre. Rifletto sulla cialtroneria della vita, che mi ha fatto perdere l’unica persona amica della quale m’interessasse ultimamente... ieri sera, lunghissima telefonata con un’amica di lungo corso, durante la quale abbiamo un po’ riso e un po’ pianto, o qualcosa del genere perché, abbiamo concluso, la vita non è mica una cosa da prendere troppo sul serio, anche se a volte fa proprio male. (e io rivorrei tanto la mia)
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ma che donna vendivativa MIru. Poi non mi capisco neanch'io,perciò cancello:il probema è che non ricordo più che volevo scrivere due minuti fa. E questo èil vero problema: niente ferie, niente possibiltà di pause, le mura e la mia ragione che mi implodono addosso, e la malattia che rosicchia. Allora ,sarà allora, sarà il momento di tuffarsi in una capriola in cielo, senza più ritorno.
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"Ho calcolato tutto, valutato ogni cosa: e gli anni a venire mi apparvero spreco di fiato, e spreco di fiato gli anni del passato". |
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alle 12:06
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26 luglio 2006 |
Tre |
La rivolta araba non si fece aspettare, e nel 1936 iniziò con l’assassinio di un ebreo a Nablus e la costituzione dell’Alto comitato arabo, cui si oppose l’Hagana, organizzazione di difesa clandestina dell’Agenzia ebraica. Non gestibile militarmente dall’Inghilterra, la rivolta richiese le risorse diplomatiche anglosassoni, che cercarono di trovare risposta alle legittime rimostranze di Arabi ed Ebrei. : la brillante conclusione dovuta al professor Coupland dell’Università di Oxford fu che nello stesso territorio palestinese convivevano due popoli le cui culture erano inconciliabili e l’unica soluzione era separarli (sic!). Tale spartizione, che nella realtà si sarebbe concretizzata dieci anni dopo, fu aspramente rifiutata dagli Arabi e anche da parte dei sionisti, mentre trovò l’appoggio di Weizmann. Ma il rifiuto arabo, in una situazione internazionale che diveniva sempre più cupa, indusse nel 1937 l’Inghilterra ad accantonare ufficiosamente il progetto di divisione. L’anno dopo, la crisi di Monaco e l’annessione dell’Austria alla Germania da parte di Hitler, la passata invasione dell’Etiopia da parte dell’Italia e l’avvento della dittatura del generale Franco in Spagna delineavano un panorama quanto mai fosco: la possibilità di una guerra mondiale era sempre più concreta. Per l’Inghilterra era necessario risolvere la questione araba, sia perché distoglieva truppe necessarie altrove, sia perché rischiava di chiudere le vie alle colonie orientali inglesi, sia infine perché poteva deviare altrove l’indispensabile petrolio mediorientale. Pochi giorni prima dell’inizio della guerra, l’Inghilterra chiudeva i suoi rapporti con la Palestina, dichiarandone, nella sua interezza, l’indipendenza e limitando l’immigrazione degli ebrei ad un massimo di 75 000 persone. Tuttavia, l’offerta inglese fu rifiutata dall’allora esule Haj Hamin, che preferì allearsi con la Germania, reclutando i musulmani bosniaci nelle SS. Gran bella mossa, se mi è permesso! che probabilmente i palestinesi stanno ancora pagando. Aderirono invece alla proposta inglese, volta a mantenere tranquillo il Medio Oriente, l’Arabia Saudita e la Transgiordania, mantenendo così aperte agli Alleati le vie al petrolio. Tutto ciò venne vissuto dagli Ebrei come un tradimento, tanto più che la loro situazione in Europa andava facendosi sempre più critica. Il terrore iniziò nel novembre del 1938 con la cosiddetta Reichkristallnacht, e nel gennaio successivo, Hitler parlò apertamente di sterminio degli Ebrei in caso di guerra. Sappiamo che fra gli storici è molto dibattuto se l’idea della “soluzione finale” fosse già presente, o nacque solo nel corso della guerra. Questo discorso del 1939, e i molti riferimenti che in più occasioni Hitler vi fece, parrebbero far propendere per la prima ipotesi. Il seguito è storia conosciuta: l’annessione della Polonia con gli accordi segreti per la sua spartizione con Stalin, i brutali pogrom sulla popolazione e la reclusione dei circa due milioni di ebrei nei ghetti di Varsavia, Lodz e Cracovia. Tuttavia, quali fossero le reali intenzioni dei tedeschi circa il problema ebraico non era ancora ufficialmente chiaro. Altri quattro milioni di ebrei finirono sotto il controllo tedesco quando, nel 1941, Hitler iniziò la guerra contro l’ex alleato Stalin. I russi, in attesa del vecchio alleato Generale Inverno, ricorsero a un’altra consolidata tecnica di guerra: il sabotaggio delle città che venivano abbandonate al nemico. Non tutti probabilmente sanno che Kiev costò agli ebrei circa 34 000 morti, e da quel momento gli omicidi di massa si susseguirono. Era l’inizio della Shoa, vissuto dalle SS come purificazione razziale, che si doveva attuare, secondo le disposizione di Goering al vicecapo delle SS Heydrich, in quell’inverno. Per descrivere lo shock vissuto dagli Ebrei di fronte allo sterminio hitleriano, il Dipartimento di Stato Americano parlò di “desiderio cosmico” di assicurarsi uno stato ebraico, anche perché la Shoa, che seguiva secoli di antisemitismo, chiariva per gli ebrei che la loro sicurezza sarebbe esistita solo se gestita direttamente. In tal senso, la seconda guerra mondiale ebbe un enorme peso sulla storia del conflitto arabo-israeliano.Etichette: storia |
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alle 13:45
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25 luglio 2006 |
Finding Neverland |
Una piccola pausa infantile, per alleggerire lo spirito. L’altra sera ho rivisto Finding neverland. Non è che io cerchi l’Isola che non c’è, ma Peter Pan nella mia infanzia è stata una delle fiabe preferite, assieme a quelle di Andersen, tristissime, e queste scene al parco, con un Johnny Depp incredibilmente ringiovanito che si rotola con il suo grosso terranova e che si abbandonano a giocare con grazia e leggerezza, mi hanno intenerito. Uno dei ricordi più forti della mia prima infanzia è l’imbarazzo che provavo a salire su giostre e trenini, ritenendoli passatempi adatti solo a bambini, ed evidentemente non riconoscendomi rientrante nella categoria. Mia madre poi di solito aumentava indicibilmente il mio imbarazzo, pretendendo di salire con me con la scusa di “ farmi coraggio” (lei è invece sempre appartenuta alla categoria dei bambini). Con questo non voglio dire che la mia infanzia sia stata uno schifo (probabilmente tutti avrebbero qualcosa da ridire sulla loro, compresa mia figlia perché ancora oggi io non sono capace di abbandonarmi lievemente al gioco e mi irrigidisco con un gran senso di vergogna) ma i ricordi più belli sonno i gatti accarezzati, i libri letti (quando potevo, perché portavo gli occhiali e allora si pensava che leggere indebolisse la vista, così anche questo passatempo mi era spesso negato), le mie fantasticherie. Mia nonna era dura come un pezzo di pane secco, e la detestavo, e così sono rimasti i nostri rapporti sino alla sua morte, anche per come aveva ferito e mutilato mia madre, rendendola la bambina sciocca e insicura che mi aveva rovinato l’infanzia facendomi sentire la sua nurse. A onor del vero va detto che anche mia madre ha rovinato la vita a me. Impegnata a trovare un padre per se, ne ha privato me, così forse un po’ bambina perduta sono stata anch’io, a pensarci bene. Non ho mai ceduto, non sono diventata la Barbie che avrebbe voluto mia madre, o l’ingegnere duro e cazzuto che avrebbe voluto mio padre, dato che non ero un figlio maschio. Ma ho pagato i miei prezzi, come tutti, immagino. Mi considero orfana da anni e gli scambi che posso avere ancora con i miei distratti genitori sono solo in natura: non ho mai trovato la finestra della mia camera chiusa, come Peter, ma quella era l’unica finestra che mi era concessa, ed era stretta, e doloroso e faticoso passarci. So che a modo loro mi amano, e mi devo accontentare, anche se il vero aiuto del quale avrei bisogno non arriverà mai da loro, così come non è arrivato finora. Già allora, come oggi, scrivere era importante, una consolazione e una compagnia, anche se i miei mi proibirono di iscrivermi a Magistero, quando venne il momento, soprattutto mia madre che ebbe una tale serie di scenate isteriche, che io cedetti la mia penna per un bisturi che mi faceva schifo. Tuttavia studiai medicina, e dopo molto rifletterci, non rinnego quegli anni: il mio mondo era un po’ monotono e asfittico, ma credevo di poter sopravvivere, fra camici, medici, studenti di medicina, professori di medicina e specializzandi di medicina. Mi pareva di essere un po’ un panda: non è che a vivere di pastiglie Valda puoi sperare di andare lontano, mi diceva un mio amico, ma è una verità talmente limpida che a volte ti sfugge. Più che un’alma mater, la mia università mi parve una prigione, e arrivata in fondo a un cursus ponderoso mi resi conto che sarei finita per fare il medico davvero, ma io non ero un medico, non mi sentivo un medico. Ancora oggi molti amici e conoscenti bazzicano gli ospedali limitrofi alla mia università: mia madre era soddisfatta trovassi sempre qualcuno da salutare e con il quale scambiare due chiacchiere. Io no. Ci sono momenti nei quali il mondo va stretto, incredibilmente stretto, così quando finalmente uscì per la prima volta la video cassetta di Peter Pan e io lo rividi con mia figlia, scoppiai in un pianto disperato, improvvisamente consapevole di aver perduto il mio pensiero felice. Disperatamente sola, memtre il mondo vive nonostante tutto.Etichette: cose perdute, diario, extra vagantes |
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alle 10:00
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24 luglio 2006 |
Due |
Nel frattempo in Europa era scoppiata la prima guerra mondiale e nel 1915 entrò in lizza anche la Turchia. Nel tentativo di indebolirne la posizione, gli inglesi si rivolsero prima ai palestinesi, con un accordo ambiguo circa i territori ad essi destinati (espediente spesso usato dalla diplomazia europea nei confronti dei paesi considerati inferiori, sfruttando artatamente ambiguità nella traduzione dei trattati), che scatenò aspre controversie; e poi agli ebrei, rappresentati da Chaim Weizmann che abilmente riuscì ad ottenere il 2 novembre 1917, dal ministro degli Esteri inglese Balfour, la cosiddetta “dichiarazione Balfour”, che esprimeva l’appoggio del governo inglese “allo stabilimento in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico (...) essendo chiaramente sottinteso che non debba essere fatto nulla che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina, o i diritti e lo status politico di cui godono gli ebrei negli altri paesi”. Un mese dopo gli inglesi entravano a Gerusalemme, ove sarebbero rimasti per trent’anni come mandatari nella neonata Società delle Nazioni (1922), nella difficile posizione di aver promesso più o meno le stesse cose ad arabi e a ebrei. Che ne seguisse malcontento, con disordini soprattutto dalla parte più penalizzata, e cioè l’araba, dal 1920, e il tentativo di impedire l’insediamento ebreo, non dovrebbe stupire più di tanto. Per non rendere ulteriormente incandescente la situazione, Churchill nel 1922 sacrificò parte delle aspirazioni sioniste emanando un “memorandum che ridefinisce il focolare nazionale come un centro verso il quale il popolo ebraico nella sua interezza, sulla base della religione e della razza, possa provare interesse e orgoglio” . Tuttavia il focolare nazionale andò espandendosi, e nel 1930 su una popolazione totale di quasi un milione di abitanti gli ebrei erano 156.481 [Anon, 1939]. Nel frattempo, attorno a Weizmann si andava raccogliendo l’Organizzazione Sionista Mondiale, in stretto contatto con l’Agenzia ebraica per la Palestina, dominata da David ben Gurion, di origine polacca , che gestiva il governo e le istituzioni degli Ebrei residenti in Palestina... Venne anche fondata l’università ebraica di Gerusalemme. A mio avviso, ben Gurion, con le sue origini contadine, la sua fede socialista e la creazione del primo sindacato ebraico, l’Histadrut, contribuì ad allargare pericolosamente il solco fra gli ebrei residenti in Israele e i coloni che vivevano nei territori palestinesi, ipotecando anche il futuro di questo lembo di terra, dove Dio s’era manifestato sotto ben tre forme, ma in apparenza solo per maledire e creare guerra e infelicità. In effetti, nella sua orgogliosa affermazione di esser il costruttore di Sion, ben Gurion pare dimenticare la preponderanza numerica degli arabi, ancorché essi fossero incapaci di darsi un governo e delle istituzioni paragonabili a quelle ebree. Vi fu una relativa tranquillità sino alla fine degli Anni ’20 con Haj Hamin muftì di Gerusalemme, ma già nel 1928 ripresero gli scontri fra arabi ed israeliani. E nel 1929 vi furono altri morti fra le comunità di Hebron e di Safed, e gli inglesi dimostrarono tutta la loro incapacità nel mantenere sotto controllo la zona loro affidata Si tentò di recuperare terre per i palestinesi e di limitare i timori provocati fra i palestinesi dalla avanzata ebraica. Fu l’inizio di un tira e molla fra i timori e le esigenze ebraiche e quelle palestinesi che apparentemente si chiusero nel 1931 con un’apparente stabilizzazione della Palestina . Ma nel frattempo (siamo nel 1933) Adolf Hitler con il suo antisemitismo era diventato cancelliere della Germania, inducendo alla fuga dall’Europa una gran parte degli ebrei, soprattutto polacchi e rumeni, che la restrizione dell’America spinse giocoforza verso la Palestina, dove nel 1936 gli ebrei avevano raggiunto la cifra di 370 483 persone su un totale di 1.336.518 [Anon 1939.] Le principali mete furono Tel Aviv, Gerusalemme e Haifa.. Tutto ciò non poteva essere accettato senza timori dagli arabi.
Sunday, July 23, 2006 Noam Chomsky su Gaza e il Libano Dall'intervista a Noam Chomsky apparsa su Democracy Now il 14 luglio scorso (l'originale, qui):
AMY GOODMAN: Può parlarci di quello che sta accadendo ora, in Libano e a Gaza?
NOAM CHOMSKY: Naturalmente non ho informazioni da fonti interne, oltre a quelle di cui disponete anche voi e i vostri ascoltatori. Per cominciare con quello che sta succedendo a Gaza... beh, fondamentalmente lo stadio attuale (ma c'è molto di più) comincia con l'elezione di Hamas, alla fine di gennaio. Israele e gli Stati Uniti annunciarono che avrebbero punito il popolo palestinese per aver votato in modo sbagliato nel corso di libere elezioni. E la punizione è stata dura.
Questa ha avuto luogo parzialmente a Gaza e in modo più velato ma perfino più estremo in Cisgiordania, dove Olmert ha annunciato il suo programma di annessione, quello che è stato eufemisticamente chiamato "convergenza" e descritto spesso come "ritiro", ma di fatto è la formalizzazione del programma di annessione delle terre fertili, della maggior parte delle risorse (acqua inclusa) della Cisgiordania, cantonizzando e imprigionando il rimanente territorio, visto che Olmert ha anche annunciato che Israele si sarebbe preso la Valle del Giordano. Ecco, quel progetto va avanti senza episodi estremi di violenza e senza che se ne parli molto.
Per quanto riguarda Gaza, l'ultima fase è cominciata il 24 giugno, quando Israele ha rapito due civili di Gaza, un dottore e suo fratello. Non conosciamo i loro nomi. Non si conoscono, i nomi delle vittime. Sono stati portati in Israele, presumibilmente, e nessuno sa che fine abbiano fatto. Il giorno dopo invece è accaduto un episodio di cui al contrario sappiamo moltissimo. A Gaza dei militanti, probabilmente appartenenti alla Jihad islamica, hanno rapito un soldato israeliano oltre il confine, il caporale Gilad Shalit. E questo fatto è risaputo da tutti, mentre il primo rapimento non lo è. Poi è seguita l'escalation degli attacchi israeliani a Gaza, sui quali non occorre che mi soffermi, perché è stato già detto molto.La fase successiva è stata il rapimento di due soldati israeliani da parte dell'Hezbollah, avvenuto a quanto si dice sul confine. Il motivo ufficiale è che mirano al rilascio di prigionieri. Ce ne sono alcuni, nessuno sa precisamente quanti. Ufficialmente, ci sono tre prigionieri libanesi in Israele. Si dice che le persone scomparse siano circa duecento. Dove si troveranno?
Ma la vera ragione, e credo che gli analisti concordino su questo, è che... leggo dal Financial Times che ho proprio sotto gli occhi, "La tempistica e le proporzioni dell'attacco suggeriscono che è parzialmente inteso a ridurre la pressione sui palestinesi costringendo Israele a combattere su due fronti simultaneamente". David Hearst, che conosce bene quest'area, descrive l'azione come una dimostrazione di solidarietà nei confronti di un popolo che soffre, un'impulso a compattarsi.
Badate, è un atto davvero irresponsabile. Sottopone i libanesi alla possibilità, anzi alla certezza, di conseguenze violente e forse estreme. Io spero che possa ottenere qualche risultato, nella questione secondaria del rilascio di prigionieri o in quella primaria di qualche forma di solidarietà con il popolo di Gaza, ma non considero altamente probabile questo secondo caso.
JUAN GONZALEZ: Noam Chomsky, sulla stampa è stato dato risalto all'Iran e alla Siria come architetti di ciò che sta succedendo ora in Libano. Che ne pensa di queste analisi che sembrano in un certo senso minimizzare il movimento di resistenza attribuendo le responsabilità all'Iran?
NOAM CHOMSKY: Beh, il fatto è che non abbiamo informazioni in questo senso, e dubito molto che coloro che ne scrivono le abbiano. E francamente dubito che i servizi segreti degli Stati Uniti abbiano anch'essi delle informazioni. È certamente plausibile. Voglio dire, non c'è dubbio che ci siano dei collegamenti, probabilmente dei legami anche forti, tra Hezbollah, Siria e Iran, ma penso che non ci sia la più pallida idea se e come questi collegamenti abbiano motivato le azioni recenti. Si può immaginare quello che si vuole. È una possibilità, anzi, addirittura una probabilità. Ma d'altro canto ci sono tutte le ragioni per credere che Hezbollah abbia le sue motivazioni, forse proprio quelle indicate da Hearst, dal Financial Times e da altri. Anche questo sembra plausibile. Molto più plausibile, anzi.
AMY GOODMAN: Si è detto perfino che Hezbollah potrebbe mandare in Iran i soldati israeliani catturati.
JUAN GONZALEZ: Beh, Israele dice di avere le prove che stava per succedere. Ecco perché sta tentando il blocco navale e ha bombardato l'aeroporto.
NOAM CHOMSKY: Lo dicono. È vero. Ma lo ripeto, non abbiamo le prove. Quello che dice uno stato che sta mettendo in atto attacchi militari non vale molto, in termini di credibilità. Se hanno le prove, sarebbe interessante vederle. E potrebbe succedere. Ma anche se succedesse, non proverebbe molto. Ovunque tengano i prigionieri, nel momento in cui gli Hezbollah decidessero che non possono tenere i soldati in Libano per le proporzioni degli attacchi israeliani, potrebbero mandarli da un'altra parte. Sono scettico sul fatto che Siria e Iran possano volerli, o anche sul fatto che possano farli arrivare lì, ma potrebbero volerlo fare.
AMY GOODMAN: Volevo anche chiederle che ne pensa del commento dell'ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite. Ha difeso le azioni di Israele come una reazione giustificata. Dan Gillerman.
DAN GILLERMAN: In questi giorni difficili invito voi e i miei colleghi a farvi questa domanda: cosa fareste se i vostri paesi si trovassero ad essere attaccati così, se i vostri vicini si infiltrassero attraverso i confini per rapire la vostra gente, se venissero lanciate centinaia di razzi contro le vostre città e i vostri villaggi? Ve ne stareste con le mani in mano o fareste esattamente quello che sta facendo Israele in questo momento?
AMY GOODMAN: Queste erano le parole di Dan Gillerman, l'ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite. Noam Chomsky, la sua risposta?
NOAM CHOMSKY: Si riferiva al Libano più che a Gaza.
AMY GOODMAN: Sì.
NOAM CHOMSKY: Già. Beh, ha ragione sul fatto che sono state sparate centinaia di razzi, e ovviamente questo va fermato. Ma non ha detto, o almeno non in questo intervento, che i razzi sono stati sparati dopo i pesanti attacchi di Israele contro il Libano, che hanno ucciso... beh, secondo le ultime notizie [l'intervista risale al 14 luglio, n.d.t.] almeno una sessantina di persone e hanno distrutto molte infrastrutture. Come sempre, le cose avvengono secondo un certo ordine, e bisogna decidere qual è stato l'evento scatenante. Secondo me, l'evento scatenante nel caso attuale, o meglio gli eventi, sono quelli che ho nominato: la costante intensa repressione; i molti rapimenti; le molte atrocità inflitte a Gaza; l'annessione della Cisgiordania, che se continuerà corrisponderà all'assassinio di una nazione, alla fine della Palestina; il rapimento il 24 giugno dei due civili a Gaza; e poi la reazione e il rapimento del caporale Shalit. E c'è differenza, tra l'altro, tra il sequestro di civili e il sequestro di soldati. Anche la legislazione internazionale in materia umanitaria fa quella distinzione.
AMY GOODMAN: Può dirci in cosa consiste quella distinzione?
NOAM CHOMSKY: Se è in corso un conflitto, a parte la guerra vera e propria, non in un conflitto militare, il rapimento... se vengono rapiti dei soldati devono essere trattati umanamente. Ma non è un crimine al livello della cattura di civili che vengono poi portati attraverso il confine nel proprio paese. Questo è un crimine molto grave. E di quel crimine non si è parlato. E ricordatevi che... insomma, non devo essere io a dirvi che ci sono continui attacchi a Gaza, che è fondamentalmente una prigione, un'enorme prigione, sotto costante attacco: strangolamento dell'economia, attacco militare, omicidi, e così via. Se paragonata a questo, la cattura di un soldato, comunque si veda la cosa, non si colloca in alto sulla scala delle atrocità.
[...]sempre dalla traduzione di mirumir...
AMY GOODMAN: Quanto pesano gli Stati Uniti sulla situazione in Libano e Gaza?
NOAM CHOMSKY: [...] Gli Stati Uniti considerano Israele una loro propaggine militarizzata, lo proteggono da critiche e reazioni e appoggiano passivamente o apertamente la sua espansione, i suoi attacchi contro i palestinesi, la sua progressiva acquisizione di ciò che rimane del territorio palestinese, e le sue gesta tese a realizzare di fatto un commento che Moshe Dayan fece all'inizio degli anni Settanta quando era responsabile dei Territori Occupati Disse ai suoi colleghi ministri che avrebbero dovuto dire ai palestinesi che per loro non c'era una soluzione, che avrebbero vissuto come cani, e che chi voleva andarsene era libero di farlo.... La loro politica è fondamentalmente quella. E presumo che gli Stati Uniti continueranno ad assecondarla in un modo o nell'altro.Etichette: storia |
postato da la Parda Flora
alle 15:22
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Nulla Nulla Nulla |
Per intanto lascio un vuoto, fatto del nulla del quale mi pare di essere formato, poi si vedrà. Il dolore fa tanta, tanta fatica ad andare via e a lasciare via libera alla fiducia. Non è colpa mia, è così. Anche se non interessa a nessuno. |
postato da la Parda Flora
alle 14:45
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23 luglio 2006 |
Uno |
Tanto, ma tanto tempo fa (ma nemmeno poi così tanto: era la fine dell’Ottocento), non esistevano né Israele né la Palestina. Il loro territorio faceva semplicemente parte dal XVI secolo dell’impero Ottomano, ed era diviso nel sangiaccato di Gerusalemme e nel vylaiet di Beirut. Si calcola (non fu mai fatto un vero censimento) che approssimativamente vi vivessero circa 600 000 persone, in larga maggioranza arabi sunniti, che si guadagnavano di che vivere con l’agricoltura. Erano i contadini, i Fellhain, che coltivavano il loro terreno, anche se la maggior parte d’esso era in mano ai grandi proprietari. E, buffo a dirsi, fu l’ondata nazionalista che infiammò l’Europa sino a condurre alla prima Guerra mondiale, a far ricordare agli intellettuali arabi la loro grandezza prima della conquista turca. E il bello è che, mentre molti stati europei dovevano inventarsi un retroterra culturale per essere nazione (un solo esempio, il kilt scozzese del quale è paludato Mel Gibson in Breaveheart in realtà nacque solo nel XVII secolo - o malignamente, le origine celtiche di Calderoli...), la grandezza della civiltà araba era innegabile, così com’era innegabile il suo apporto alla cultura dell’Occidente. Nel frattempo, gli ebrei sefarditi stavano ancora cercando di vincere il senso di diaspora, di esilio senza senso, legato alla crociata cattolica contro arabi ed ebrei di Ferdinando d’Aragona e di Isabella la Cattolica, che in essa avevano visto l’unico modo di riunire i regni spagnoli sotto una sola corona. E così, a fine Ottocento, anche gli ebrei iniziarono a rivendicare diritti su quella terra dalla quale si erano sentiti ingiustamente cacciati dall’imperatore Tito, per essere destinati a un perenne peregrinare senza senso né protezione, con l’unico riferimento di quel Muro del pianto che era tutto ciò che restava del passato. Razza maledetta e calunniata, ma utile, non volle integrarsi o non le fu permesso? Forse entrambe le cose. Certo, l’odio cristiano aprì anche le porte al benessere economico di questi banchieri in nuce, e non ne aumentò la popolarità.. Nonostante Shakespeare riservi parole accorate per Shyklock, alla fine l’ebreo è burlato, e per di più da una donna! Questo certo non aiutò a dimenticare l’orgoglio di un popolo convinto di essere il prediletto da Dio, anzi... Così da fine Ottocento, i primi piccoli gruppi ebraici, prevalentemente askenaziti, iniziarono a stabilirsi in Medio Oriente, alla ricerca della perduta madre patria, e gli arabi residenti nella zona dovettero iniziare a fare i conti con questa nuova realtà.. Ma nonostante le false speranze portate dalla dichiarazione dei Diritti dell’uomo scritta dalla Costituente rivoluzionaria francese, però, occorre ricordare l’affare Dreyfuss, e lo scandalo e il disgusto legati a questa vergognosa vicenda per comprendere come gli ebrei non si potessero fare grosse illusioni? Essa la dice lunga sullo stato della popolazione di origine ebraica nell’Europa di un secolo fa. E come dimenticare gli innumerevoli pogrom che seguirono all’assassinio dello zar Alessandro II, e le seguenti cosiddette Leggi di maggio del 1882, che isolarono ancora di più gli ebrei, estromettendoli da città e villaggi, e dando inizio a quel flusso migratorio verso gli Stati Uniti, dove col tempo gli ebrei formarono una delle lobby più importanti del Paese. Nonostante però questa prime colonie sioniste in Terra Santa, la vera origine del Sionismo va cercata a Vienna, dove l’élite culturale è ebrea: Freud, Schniztler, Mahler... Fu questo clima ambiguo, e via via sempre più apertamente antisemita, che spinse il giornalista Theodor Herzl a scrivere un libretto e a pubblicarlo nel 1896 - Der Judenstaat - che conteneva il nocciolo di tutto quanto accadde in Medio Oriente da allora: se agli ebrei non era stato permesso di assimilarsi all’Europa, allora essi dovevano crearsi un proprio stato - appunto: Lo stato degli ebrei. E l’anno successivo, a Basilea , il primo Congresso sionista si dette come scopo la creazione di un “focolare” ebreo in Palestina. E qui, è ovvio, cominciarono i guai, perché i palestinesi, in Palestina, ci stavano da un bel po’ e la consideravano la loro patria..Etichette: storia |
postato da la Parda Flora
alle 11:39
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