03 novembre 2006
Grazie a Paolo :-)
"Il grande principio della virtù è che l'anima apprenda a fare a meno delle cose visibili e transitorie per poter poi distaccarsene completamente. E' ancora un voluttuoso colui per il quale la patria è dolce. E' già coraggioso chi trova una patria sopra ogni suolo. Ma è perfetto colui per il quale il mondo intero è un esilio."
Ugo di San Vittore


L'amico Paolo Galloni mi fa dono di questi versi, non nati per me, ma che per me potrebbero essere stati scritti. Il resto lo sappiamo Paolo e io, con il mio grazie grande come una cattedrale sfavillante di vetrate multicolori..
:-)
«Hanno edificato per me una torre di cristallo,
trasparente, invisibile al mondo, dove non si soffre il freddo.
A piedi nudi, fasciata da stoffe soavi
e morbide disillusioni, chiudo gli occhi
e ricordo le vite che non ho vissuto,
non una sola, ma molte.
Sogno saloni affollati di gente e di speranza,
sogno il freddo e il dolore, sogno un’orda notturna
che irrompe e abbatte le difese del castello,
sogno un gesto feroce che frantumi
il mio spazioso, tiepido, confortevole
sepolcro».

Etichette: , ,

postato da la Parda Flora alle 18:36  

 

01 novembre 2006
Troppi dolcetti... Burp!

Etichette: ,

postato da la Parda Flora alle 09:44  

 

31 ottobre 2006
Buon Halloween
Buon Halloween!































“C’erano molte cose che non ti raccontavano della morte, aveva scoperto, e una delle principali era quanto ci voleva perché le persone che più avevi amato morissero anche nel tuo cuore. E’ un segreto, pensò, ed è giusto che lo sia, perché altrimenti chi vorrebbe legarsi a qualcun altro sapendo in anticipo quanto è difficile separarsene quando non c’è più? Nel cuore muore solo poco a poco, vero? Come una pianta quando parti per un viaggio e ti dimentichi di chiedere a un vicino di fare un salto qualche volta con il vecchio innaffiatoio ed è così triste...”

Stephen King “Storia di Lisey”

Etichette:

postato da la Parda Flora alle 18:23  

 

Etichette:

postato da la Parda Flora alle 13:49  

 

Per Kerub, che ama i Vichinghi
I Normanni, con Saraceni e Ungari, si inseriscono nell’ultimo grande moto di invasioni che si dirige verso un’Europa ancora fragile dal punto di vista delle costruzioni statali, con tutto ciò che ne seguirà: sotto questa spinta devastante l’Europa dovrà rinserrarsi in sé, per non soccombere.
L’attestarsi dei saraceni a Frassineto (appo attuale Saint-Tropez) è legato ad un naufragio: nasce così per caso il temibile covo dal quale partono tante incursioni verso la Provenza, il Piemonte, la Liguria, la Svizzera… finché i saraceni spingono la loro audacia sino a catturare un abate di Cluny, e infine, nel 973, le forze congiunte del conte di Provenza e del Marchese di Torino riescono a scacciarli.
Iniziamo col fissare alcune definizioni.
I pirati che giungono dal Nord Europa vengono chiamati dai contemporanei genericamente Nordmann (cioè uomini del nord, senza distinzioni d’etnia) oppure Danesi; i due termini sono sinonimi. In realtà sappiamo esistere tre differenti gruppi etnici - danesi, norvegesi e scandinavi – e se è vero che sovente danesi e norvegesi agivano insieme, gli svedesi o scandinavi fanno invece soprattutto gruppo a sé.
Nella prima fase della loro storia, la denominazione corrente per questi razziatori è quella di vichinghi. L’etimo è oscuro, si è ipotizzato che derivi dai termini “guerra”, o “rada, baia del mare del Nord” della loro lingua. In ogni caso è denominazione che si ricollega alla loro attività, e cioè alla guerra di rapina muovendosi per mare; ben presto la parola vichingo diviene sinonimo di pirata.

Quando dall’VIII secolo si affacciano alla storia dell’Occidente attaccando le isole Britanniche, i vichinghi sono davvero degli sconosciuti per il mondo europeo?
Si e no. Queste regioni settentrionali non erano mai entrate a far parte dell’impero romano, però certamente lungo la via commerciale romana cosiddetta “dell’ambra”, che dal Veneto arrivava sino al mar Baltico, lungo la quale viaggiavano anche pellicce e schiavi, incontri vi furono; di chi erano i capelli biondi per confezionare le parrucche che tanto entusiasmavano le matrone romane?
Questi Normanni sono organizzati per clan alla maniera germanica; il potere politico è legato al valore guerriero di un capo: sono re di genti, di tribù, tanto che potremmo anche considerare improprio l’uso del termine re, in quanto ad esso implicito il concetto di regno, cioè di una presenza statuale, che per gli inizi germanici in realtà non c’era. Non esistono città in senso classico, ma piuttosto centri-empori commerciali, con scarsa coesione sociale. L’agricoltura è, per ovvi motivi climatici, limitata, e prevale l’allevamento.
Vivono comunque largamente di rapine e razzie.

Come si è giustificata la loro comparsa dagli inizi dell’VIII secolo? Potrebbe essere dovuta ad un boom demografico e alla conseguente necessità di nuovi spazi vitali.
Il loro movimento di espansione in effetti vede due distinte fasi:
• una prima, caratterizzata da razzie che possiamo collegare alla denominazione di Vichinghi, cioè i pirati del mare, che è tipica e tipizzante;
• una seconda, che vede queste genti del nord stanziarsi stabilmente sui territori occupati, che invece colleghiamo alla denominazione Normanni e alla fondazione del ducato omonimo in Francia.
Abbiamo accennato a una certa peculiarità degli Svedesi: in effetti, le genti scandinave si spostarono con modi e in direzioni un po’ differenti da Danesi e Norvegesi. Ovviamente si tratta di una generalizzazione, e esistono presenze miste in entrambi i due gruppi definiti, ma la maggioranza degli Svedesi si sposta tendenzialmente verso sud-est e per conto loro, mentre Danesi e Norvegesi si spostano sovente insieme in direzione sud-ovest.
Si usa anche dire che Danesi e Norvegesi erano più pirati, mentre gli Svedesi o Vareghi invece sarebbero stati animati anche da intenti più squisitamente commerciali. Ovviamente, anche qui bisogna non assolutizzare.
Nei loro spostamenti seguivano i grandi fiumi europei – in particolare Dniepr e Volga, sulle direttrici Mar Caspio e Mar Nero –che all’epoca erano ancor più navigabili di oggi.
Nella espansione ad est dei Variaghi possiamo distinguere tre momenti:
1. Prima metà del secolo IX – gruppi di Scandinavi (soprattutto svedesi) riescono ad assumere il controllo politico dei territori dell’attuale Russia settentrionale, combattendo con tribù slave o finniche presenti probabilmente con una organizzazione “statale” ancor meno sviluppata della loro.
Secondo la Cronaca di Nestore, tarda, furono gli stessi slavi e finnici a chiedere agli svedesi di fermarsi fra loro. Ciò che si può immaginare è una rapida sottomissione delle tribù locali, incapaci di organizzarsi per resistere agli invasori. Secondo la tradizione il principe Rjurik fece il suo centro d’insediamento a Novgorod, nel nord presso il golfo di Finlandia.
2. Da Novgorod altri gruppi di svedesi si spostano verso il sud e l’Ucraina seguendo il corso dello Dniepr: fonderanno il principato di Kiev. Si tratta di principati nei quali l’elemento svedese si mescola, di necessità, con la popolazione slava (è una pura questione numerica) e l’apporto delle due etnie fu enfatizzato diversamente dagli storici occidentali e da quelli sovietici. E’ verosimile che l’elemento svedese abbia dato origine alla classe dominante costituendo quell’elemento di coesione indispensabile a generare lo stato russo in quanto struttura politica. In questi anni comincia anche a nascere il termine russi (etimologia sconosciuta, forse “gente che arriva da Nord”) per indicare la popolazione dei due principati di Novgorod e Kiev.
Col nome di varieghi o variaghi gli svedesi divennero parte della guardia del corpo del basileus di Bisanzio, però con Bisanzio vi furono anche scontri violenti – non dimentichiamo che nel loro movimento verso sud, queste popolazioni hanno sempre Bisanzio, mercato allettante e ricchissimo, come obiettivo ultimo. Non mancarono addirittura tentativi di attacchi diretti alla città: il primo secondo le cronache si ha già nel decennio 860/70 quando il Bosforo venne invaso da 200 barche di “russi, costruite in un solo pezzo” che tentano di conquistare la città approfittando del fatto che le navi dell’imperatore Michele III erano in quel momento impegnate nel Mediterraneo a combattere gli Arabi. Nonostante il momento ben scelto per l’attacco, si tratta di un tentativo audacissimo: i principati hanno in fin dei conti solo pochi anni di vita e Bisanzio è ancora il centro del mondo.
3. All’incirca nel 882 un discendente di Rjurik, Oleg, riunisce Novgorod e Kiev. Pochi anni dopo, nel 907, attacca Costantinopoli.

Etichette:

postato da la Parda Flora alle 11:36  

 

30 ottobre 2006
Visto che siamo un popolo di smemorati cronici (Da Akille.net)
Purtroppo tra qualche giorno il caso Saviano si sgonfierà, rimarrà lui con i soliti pochi a fronteggiarsela con minacce e quant’altro.

Vi propongo una lettera ricevuta oggi che parla di un giornalista ragusano che da anni si interessa ai legami poco chiari tra criminalità organizzata, istituzioni e società “civile”. Carlo Ruta, già ospite della chat di Cuntrastamu, non ha mai smesso di denunciare ciò che secondo lui andava denunciato. Per questo, per lottare contro quelli che Ruta chiama “poteri forti”, rischia il carcere.
Ecco il testo della lettera che ci è giunta:

Le inchieste di Carlo Ruta in tribunale

In risposta all’assurda condanna carceraria comminata allo storico Carlo Ruta, reo di aver firmato una intervista sul sito “Accadeinsicilia”, oscurato d’autorità nel dicembre 2004, sono pervenute testimonianze di solidarietà da tanti cittadini e prese di posizione da importanti sedi associative della società civile. A tutti rivolgiamo un sentito grazie, augurandoci che a tali attestazioni di sostegno se ne aggiungano numerose altre.


Il resto potete leggerlo qui

Etichette: , , ,

postato da la Parda Flora alle 10:49  

 

29 ottobre 2006
Sting, depressione e melancolia
Non so chi abbia sentito ieri sera, Sting eseguire dal vivo, alla trasmissione di Rai 3 “Che tempo che fa”, una canzone tratta dal suo ultimo album, “Songs from Labyrinth”, interamente composto da canzoni di John Dowland, compositore, cantante e liutista inglese.
Forse nato a Dublino nella seconda metà del Cinquecento, Dowland si fece cattolico per ripicca contro la protestante regina Elisabetta la Grande, che non lo volle come musicista presso la sua corte. A ciò seguì un destino di esilio dall’Inghilterra, che portò Dowland lungamente anche in Italia, soprattutto a Firenze e Venezia, una vicenda umana che personalmente mi fa sovvenire, nell’intuibile sofferenza, La ballatetta (che spero famosa!) di Guido Cavalcanti, dichiarazione di struggente malinconia per la patria e per la donna perdute.
E proprio di malinconia, anzi - melancolia - si parla nell’intervista seguita all’atmosfera rarefatta creata dalla musica di Dowland, come di un filo ricorrente sia nella creazione di questo esule, sia, in fondo, in quella di Sting, che ebbe sin da ragazzo pesanti problemi familiari di tipo economico, che lo costrinsero ben presto ad abbandonare l’infanzia per diventare parte attiva della sopravvivenza familiare.
Ma alla domanda di Fazio, Sting risponde in modo rapido, senza esitazioni:
“la depressione è una malattia tremenda, la malinconia è un’altra cosa: è quello stato d’animo che ci fa vedere la bellezza triste delle cose”
e poi continua, riflettendo che da questo sentimento probabilmente la società moderna è spaventata, e preferisce frastornarsi di qualsiasi “rumore” pur di sfuggire al silenzio della riflessione e, forse, del proprio vuoto interiore.
Non potrebbe parlare meglio.
Le stesse cose, in molte succose pagine, le scrive Pierre Fédida, membro dell'Associazione psicoanalitica francese e professore di psicopatologia all'Università di Paris 7 - Denis Diderot, che nel suo libro “Il buon uso della depressione” distingue lo stato patologico depressivo da ciò che egli chiama depressività, emozione che assieme alla malinconia entra a far parte della normale gamma delle emozioni umane, non necessariamente legata alla creatività, ma comunque parte essenziale di un approccio riflessivo alla realtà, indispensabile alla creatività.

Sting in alcune occasioni affermò di essere “depresso”, senza meglio specificare cosa intendesse.
Ora, in un vecchio album di Sting, probabilmente fra i suoi meno conosciuti, Mercury Falling, è compresa la canzone che sentite, "Lithium sunset" quasi una preghiera con parole che tutti i depressi conoscono a memoria, e guarda caso, una ballata dedicata alla mortifera Belle Dames San Regrets romantica, consolidato simbolo della morte.

Forse, quando rispode con forza a Fazio:
”Sì, sono stato molto triste e molto creativo, ma la tristezza non è necessaria. Ora voglio essere felice”
sa molto più di quanto pare, di che cosa stia parlando...

Lithium sunset

Fill my eyes
O Lithium sunset
And take this lonesome burden
Of worry from my mind

Take this heartache
Of obsidian darkness
And fold my darkness
Into your yellow light

I’ve been scattered I’ve been shattered
I’ve been knocked out of the race
But I’ll get better
I feel your light upon my face

Heal my soul
O Lithium sunset
And I’ll ride the turning world
Into another night

See mercury falling...

Riempi i miei occhi
o tramonto di Litio
e porta via questo solitario fardello
di preoccupazioni dalla mia mente
Porta via questa angoscia
di oscurità fatta di ossidiana
e stempera la mia oscurità
nella tua luce dorata

Sono stato gettato in un angolo e distrutto
sono stato messo al tappeto, escluso dalla gara
Ma starò meglio
sento la tua luce sul mio viso

Guarisci la mia anima
o tramonto di Litio
e cavalcherò il mondo che gira
verso una nuova notte
verso una nuova notte
verso una nuova notte
Guarda il mercurio che scende...

I sali di litio sono indicati nelle sindromi bipolari, nelle forme depressive, maniaco-depressive e nella profilassi delle loro recidive.
Sono assolutamente controindicati nei pazienti cardiopatici con insufficienza renale, in pazienti con grave stato di debilitazione e in quelli in trattamento con diuretici.
Prima di cominciare il trattamento è opportuno valutare la funzionalità renale, e tali prove andranno ripetute periodicamente nel corso della terapia, essendo i sali di litio tossici per i reni. Così come durante la terapia sarà necessario controllare periodicamente la crasi ematica del paziente
Il paziente e i suoi familiari devono essere avvisati dei principali sintomi indicanti intossicazione da litio e la immediata necessità di portare il paziente in Pronto soccorso; tali sintomi sono diarrea, vomito , tremori, moderata atassia, sonnolenza e debolezza muscolare.

Durante la terapia, per salvaguardare la funzionalità renale, è opportuno che il paziente beva almeno un litro e mezzo d’acqua al giorno.
Durante la terapia con litio, il paziente non potrà assumere:
-diuretici
-antidolorifici non steroidei ,es la banale aspirina, che aumentano in modo non prevedibile il livello ematico del litio
-farmaci ACE-inibitori, usati come anti ipertensivi

In ogni caso, il paziente che assume litio, dovrà comunicare e discutere preventivamente col proprio medico l’introduzione di qualsiasi altra terapia, per il rischio di interferenze coi dosaggi ematici del litio. In ogni caso, la comparsa di uno qualsiasi dei sintomi sopra elencati come segnale di tossicità è indicazione per la sospensione immediata della terapia e l’intervento medico.

Gli effetti collaterali possono comprendere cefalea, debolezza muscolare, ulcere cutanee, secchezza della cute, delle fauci e degli occhi, gusto metallico, eccessivo aumento di peso, diminuzione della capacità di concentrazione renale, l’associazione col comune antipsicotico aloperidolo può, sia pur raramente, scatenare una sindrome encefalopatica caratterizzata da letargia, debolezza, febbre, tremori e confusione, sindromi del sistema extrapiramidale, leucocitosi, seguiti da danno cerebrale irreversibile.

La dose terapeutica è definita da una concentrazione ematica intorno a 1,5mEq/l Già sotto i 2mEq/l, è possibile riscontrare la presenza dei primi sintomi di intossicazione; sopra i 3mEq/l si ha una complessa sindrome fortemente rischiosa per la vita del paziente. Si cerca quindi di non superare, se possibile, 1 mEq/l, e tale dosaggio si raggiunge per tentativi, somministrando dosi progressive del tossico al paziente, e successivamente valutandone il livello ematico.

Con l’aumentare del dosaggio ematico di ha un crescendo di effetti nocivi che vanno dalle aritmie cardiache, al danneggiamento dei reni, agli attacchi epilettici sino al coma.

Una normale confezione di farmaco data in mano al paziente è più che sufficiente a garantire una dose mortale, che si manifesta con sintomi cardiaci, alterazioni dell’elettroencefalogramma e sintomi neurologici quali tremori ed iperriflessia. In tale caso, non si deve esitare, in ospedale, ad avviare immediatamente una emodialisi, meglio se peritoneale.

Sintetizzato dal foglietto informativo allegato a una confezione di carbonato di litio.

Etichette: , , ,

postato da la Parda Flora alle 11:00  

 

   Chi Sono
   Post Precedenti
   Archivi
   Links

Da "Tango Lesson" di Sally Potter

Vamos a lo de la Parda Flora! 

Esmeralda



Le mie ragazze: Malafemmina

Le mie ragazze: Etta

Le mie ragazze: Anna

Le mie ragazze: Esmeralda

Le mie ragazze: Marisa