11 maggio 2008
Della libertà d'opinione e della libertà di informazione
Parto da un commento letto, che per riferirsi alla libertà d'opinione scomoda persino Martin Lutero, per alcune riflessioni personali sull'argomento.

Circa Lutero, (e francamente l'uso delle chiese riformate storicamente mi pare un po' spericolato da usare per esemplificare il concetto di libertà d'opinione, se penso al clima opprimente della Ginevra "città dei santi" di Calvino e al rogo di Michele Serveto, senza poi volere entrare nel merito della loro intolleranza che ha scatenato uno dei più feroci periodi di guerre per motivi religiosi che la storia moderna ricordi, e ha giustificato la fuga verso le più tolleranti Polonia e Sette province unite prima, e le nascenti colonie del nord America poi, di tantissimi dissidenti protestanti che per l'appunto null'altro chiedevano se non che fosse riconosciuta, dopo avergliela presentata come dogma di fede, propria la loro libertà di interpretare *da soli* il senso delle scritture).
Comunque, mi sono sempre chiesta come Lutero, che accettava, oltre all'indiscutibilità del primato del potere civile, cosa che infatti lo spinse a prendere sdegnosa distanza dai moti contadini scatenati dalle sue famose tesi (che poi non è neppure sicuro fossero state davvero affisse alla cattedrale di Wittenberg) come unica autorità le Scritture, se la sia cavata con l'ossimoro rispetto alle sue posizioni, creato dal famoso passo evangelico che attribuisce a Pietro e ai suoi successori il diritto di legare e sciogliere a loro criterio in terra e in cielo, quando affermava che il papa non aveva alcun diritto se non sulle sue proprie decisioni personali. E' scemo, lo so, ma è una curiosità teologica che mi è sempre rimasta.

Comunque, non è questo il punto, come non lo è la descrizione un po' frettolosa delle presunte posizioni teologiche luterane e soprattutto protestanti in genere, dato che esse sono invece decisamente più complesse e variegate.
Il punto molto più interessante è che per questo motivo il primo libro stampato da Guttemberg fu la Bibbia, e il tasso di alfabetizzazione che per tale motivo (leggere le scritture) venne rapidamente raggiunto dai paesi protestanti, soprattutto calvinisti (a fine Settecento, praticamente tutti sapevano leggere, se non scrivere, in Svezia) abbia creato quella frattura che ancora oggi a mio avviso pesa sulla cultura e quindi anche sulla libertà dell'informazione nel nostro paese.
Le nazioni protestanti, è indiscutibile, ebbero l’opportunità di formare una opinione pubblica, non solo d’élite, molto prima e molto più efficacemente che non i paesi cattolici. E questo è indubbiamente vero. Opinione pubblica che ebbe, e mi pare ha tutt’ora, un peso con il quale il potere politico deve fare i conti in modo ben diverso che da noi.
E questo è un primo grosso problema da tenere in debita considerazione.

Ieri sera, da Fazio, c’era Travaglio, che ha detto una cosa importante: i giornalisti son servi del potere (veramente ha detto anche che le notizie ci sono, se uno ha la buona volontà di cercarsele e di non accontentarsi dei pasti pre-digeriti, molto più comodi da accettare, visto che qualche responsabilità anche i singoli si dovranno ben decidere a prendersela, prima o poi, credo).
Bella scoperta, direte voi...
Ma è come lo ha detto che colpisce: in sintesi - il mestiere del giornalista è informare, a prescindere dal valore che egli presume il potere politico in assoluto (destra o sinistra) dia o meno a quelle notizie. E invece così non accade: denunciare che un noto esponente del nuovo governo ha collezionato 5 condanne penali pare non interessare neppure all’opposizione, che invece sceglie di sottolinearne l’ideologia fascista.
Ma ai fini della convenienza dei cittadini, che dovrebbero aspirare prima di tutto a non avere dei ladri al governo, (argomento che toccando da vicino le loro tasche, li coinvolgerebbe di più, o almeno dovrebbe, che non lo sventolare fantasmi mussoliniani), non è questo il punto che la sinistra dovrebbe evidenziare, portando invece i trascorsi penali del signore in questione alla conoscenza anche di chi, per un certo numero di motivi, compreso un innegabile disinteresse personale per la cosa, ancora non lo sappia.
Però così non è, e il giornalista, che legge quaranta veline Ansa su esternazioni di politici, nelle quali i trascorsi penali del signore in questione non compaiono mai, ne deduce che la cosa non fa notizia, e si concentra su altro. E dato che è la notizia l’elemento, anche economico, trainate del settore della stampa (che tutti vogliamo ovviamente sia libera e non sovvenzionata, e che quindi deve vivere secondo le logiche del mercato, purtroppo finendo collo scegliere di dare alla gente non solo le informazioni che essa vuole sentire, ma anche nel modo nel quale le vuole sentire)...

Inoltre, fa notare ancora Travaglio e credo abbia decisamnente ragione, sempre immagino per adeguarsi a quelle famose logiche di mercato che consentono loro di sopravvivere, i giornali su carta finiscono per imitare sempre più i telegiornali televisivi...
E qui ci vorrebbe anche un lungo discorso sulla capacità di informare, ma manipolando le cose in modo tale da privarle di qualsiasi reale importanza e significato.
Basti vedere come è stata coperta, dai vari Tg, rai e privati, la notizia della manifestazione pro Palestina di sabato a Torino: si passava da un clima sereno e disteso veicolante un messaggio di pacificazione, a una descrizione cupa che pareva rimpiangere le "prodezze" della polizia al G8 di Genova, che avrebbero permesso al nuovo governo di iniziare il suo mandato esibendo i muscoli.
Dato che la verità, poche infantili illusioni! neppure nel giornalismo, esiste; mentre sempre di più esiste, in barba alla storica buona scuola anglosassone, la interpretazione della notizia, che è certo ingenuo pensare sia umanamente evitabile, ma almeno ci si potrebbe provare...
Faccio un solo esempio, che però ritengo clamoroso: tutti si sono lanciati e accaniti sullo scandalo degli stipendi dei politici, vedendo così solo una faccia della medaglia.
Qual è infatti, ovunque, l’unica vera barriera sociale che divide il mondo fra chi può e chi non può? Il censo - i danée. Dunque, pagare i politici in modo tale che questa attività sia possibile anche per chi non abbia generazioni di ricchezza alle spalle, non potrebbe anche essere nelle intenzioni originarie un tentativo per garantire veramente la democrazia, ovvero la possibilità per tutti, di esercitare un'attività che fu sempre appannaggio della classe più ricca, e che di conseguenza principalmente di quella classe faceva gli interessi? Senza contare che uno stipendio alto “dovrebbe” anche rendere meno appetibile cadere nella logica della corruzione e del clientelismo, che da sempre trova gioco più facile fra chi ha meno mezzi economici. Quindi lo scandalo non starebbe tanto negli stipendi alti, ma nell'abuso che di essi i singoli, per altro perseguibili basta volerlo fare, ne fanno.
So che può apparire, questa, una provocazione, ma pensateci: senza le borse di studio, i figli dei contadini o degli operai, a parità d’intelligenza, quando mai avrebbero potuto aspirare non solo a studiare, ma addirittura farlo presso quei centri di formazione superiore da sempre esclusiva dei più ricchi e spesso passaggi obbligati per un certo tipo di carriere?

Infine, Internet: che crea davvero un bel problema all’informazione, ma non solo nel senso della sua liberalizzazione. Nel lamentare - giustamente - la mancanza di libertà d’informazione, forse non ci rendiamo conto che ormai viviamo in una tale sovraesposizione alle notizie, da generare effetti - contrari a quelli voluti - in un gran numero di utenti della Rete, che comunque rappresentano, anche al di là di una fruizione che si limita alla ricerca dell’ultima ricetta della Clerici, e di qualche gossip sull’attore preferito, ancora una minoranza nella realtà. Insomma, noi stiamo qui a porci problemi che alla maggioranza del paese non fregano per nulla, riproponendo di fatto un antico modello politico e sociale che si è perpetuato per secoli.
Internet però offre anche la possibilità di entrare in contatto con zone del mondo altrimenti silenti... verissimo, anche se esiste il problema altrettanto vero che troppo spesso, circa le notizie reperite, manca per chi non operi sul campo, la concreta possibilità di verificarle, cosa che per il giornalista dovrebbe essere il primo imprescindibile dovere. Perché se poter dire quel che si pensa è ritenuto diritto inalienabile a partire dalla prima dichiarazione dei diritti dell’uomo elaborata dalla Costituente Francese rivoluzionaria, non sempre questa elaborazione implica necessariamente contenuti di qualità.
Dunque, vanno separati i due aspetti della cosa: la libertà d’espressione personale, e la libertà d’informazione, non coincidono per niente, e sarebbe bene ricordarlo, soprattutto quando giustamente si chiede il rispetto di questi due distinti diritti.

Poi, se la cosa diverte, possiamo parlare di manipolazione relativa alle tecniche di comunicazione sino allo sfinimento, ma credo che senza queste necessarie premesse, la cosa lascerebbe un po’ il tempo che trova.

Etichette: , ,

postato da la Parda Flora alle 10:52  

 

   Chi Sono
   Post Precedenti
   Archivi
   Links

Da "Tango Lesson" di Sally Potter

Vamos a lo de la Parda Flora! 

Esmeralda



Le mie ragazze: Malafemmina

Le mie ragazze: Etta

Le mie ragazze: Anna

Le mie ragazze: Esmeralda

Le mie ragazze: Marisa