10 aprile 2008
L’età delle tenebre
Di cose allarmanti, per non dire deliranti, in queste giorni, ne sono state dette sin troppe: un invito a mezza voce alle dimissioni di Napolitano, perché comunista e quindi chiaramente di parte nel suo ruolo di più alta carica dello Stato e garanzia della legalità e della Repubblica; accuse di brogli a venire agli avversari, tanto per mettere le mani avanti se i sondaggi si rivelassero, come sono, una scienza tutt'altro che esatta; rifiuto come inaccettabile della proposta di Veltroni di sottoscrivere senza ambiguità la fedeltà almeno ai più elementari principi costituzionali e repubblicani - dopo l’ennesima chiamata alle armi di un alleato che sputa sul tricolore e persino per il Cavaliere inesistente è, con un sorrisino denigratorio, di salute (mentale?) troppo vacillante per ricoprire cariche nel nuovo governo, o nuova era, va tu a capire cosa passa davvero per quella testa: magari riformerà il calendario come Napoleone; di certo cercherà, se gli sarà possibile, di continuare a farlo con il codice, anche se temo con esiti meno encomiabili di quelli napoleonici.
Cose tutte dette, con la ormai sperimentata tecnica di buttare là un’enormità e aspettare la reazione: se il popolo "bue" (!) dorme e non reagisce, è andata; altrimenti, dato che ci sono persone che come direbbe Toro Seduto, (citazione non impropria, anzi: vedansi i manifesti dei “nativi padani”) parlano solo con lingua biforcuta, si ritrattano senza alcun senso né di vergogna né di dignità.

La cosa non mi turba più di tanto.

Secondo la tradizione indù, il tempo è suddiviso in cicli cosmici, formati da quattro età o “Yuga”, ognuna caratterizzata da una propria alba e da un inevitabile crepuscolo. Ognuna di queste lunghe età prende il proprio nome dal gioco dei dadi: l’età compiuta, perfetta, per esempio, è la Krta Yuga, corrispondente al tiro vincente e all’età della compiutezza e della perfezione; l’età nella quale “l’ordine morale è rispettato nella sua integrità totale”: evidentemente, non il tempo nostro.
Da molto quindi so e mi sono rassegnata al fatto che noi viviamo nel Kali Yuga, l’età cattiva, l’età del tiro perdente, dominata da dispute e discordie e dall’insieme di peggiori esseri umani immaginabili. Nel Kali Yuga solo la proprietà conferisce rango sociale; la ricchezza è l’unica fonte della virtù e la falsità e la menzogna gli unici strumenti per raggiungere il successo: io qualche attinenza con la situazione attuale ce la vedrei pure - non so voi.
Questo tempo disgraziato prepara la fine del mondo, che secondo questa credenza è già morto e rinato svariate volte, quindi immagino che un indù, pur se neppure lui entusiasta di ritrovarsi nel bel mezzo dell’età di Kali, proprio quella di Indiana Jones e il tempio maledetto (accidenti, immagino che ogni età abbia anche il background culturale che si merita!), la nera dea dell’implacabilità del Tempo, e quindi della Morte, abbia qualche speranza per il prossimo ciclo a venire e un minimo di rassegnata saggezza in più rispetto alle tenebre che vede infittirsi attorno a lui, nel crepuscolo della civiltà e nell’attesa del nuovo ciclo cosmico.
A noi, che indù non siamo, e la ciclicità del tempo l’abbiamo perduta da tempo grazie all’avvento del cristianesimo, non resta neppure questa consolazione.
Abbiamo avuto la sfortuna di nascere in questa era di cialtroneria e disonesta malvagità, e questo è quanto.

Tuttavia, in questo marasma, che man mano che la fatidica data delle elezioni si avvicina, diviene sempre più convulso e, a un osservatore esterno, apparirebbe francamente patetico, se non ridicolo (immaginate gli stessi discorsi in bocca a un vecchietto pensionato in coda al supermercato, coi rialzi nelle scarpe e una capigliatura quantomeno sospetta, oltre a una abbronzatura palesemente da ...isole Lampados, e di colpo una serie di cose si ridimensionano e appaiono per ciò che sono: sbruffonate, per non dire cavolate tendenziose, forse non esenti dall’influenza di una punta di iniziale aterosclerosi, e quel che è peggio dette in pessima fede) c’è una cosa che proprio mi pare avere toccato le vette del sublime, a modo suo.
Mi riferisco alla vicenda dell’”eroico” malavitoso Mangano, al quale (profeticamente?) avevo alluso anch'io qualche post fa, salariato come fattore, non come stalliere (puntualizza stizzoso il Cavaliere inesistente, e si può ben capire la rilevanza umana e giuridica di questa precisazione).
>:))
Prendete un aderente alla malavita organizzata, strategicamente e un po’ misteriosamente collocato al servizio di uno spregiudicato imprenditore, (e già ci si potrebbe fare, e rispondere, qualche domanda: dipende da quanto cinici si è naturalmente), passato in giudicato e condannato all’ergastolo, che per spirito di corpo, per codice d’onore, per paura di ritorsioni, insomma per motivi o tornaconti suoi, immagino anche indagabili, volendo, decide di non diventare collaboratore di giustizia. Non dirò: così parando il culo a chi ora oggi in modo forse sospetto inneggia al suo eroismo; vi apro una “linea di credito” che presuppone siate sufficientemente svegli da trarne conclusioni, quelle che vi pare, da voi.

Poi prendete, che ne so, Alcide Cervi e i suoi sette figli e metteteli sull’altro piatto della bilancia, che vorrebbe questo confronto fantasioso immaginato da Dell’Utri, e subito sposato entusiasticamente dal Cavaliere inesistente - un malavitoso omertoso versus la Guerra di liberazione partigiana - come se fosse un confronto possibile, equanime e credibile.

Vi pare davvero possibile che i cattolici Cervi fossero solo degli sporchi comunisti da usare ormai solo come spauracchio per far andare a letto presto i bambini quando rompono, e un delinquente comune invece sia un eroe, presumibilmente per la sua propensione all’omertà?

Ma a ben guardare, il punto non è neppure questo.

I Cervi e tanti altri come loro (compresi membri della mia famiglia) si sacrificarono in nome di quello che ritenevano il bene della collettività e per un ideale (che fra parentesi è quello che consente oggi persino alla apertamente dichiarata fascista Santanché et similia, oltre che al PdL, quella libertà di opinione e parola che altri innamorati della dittatura e del potere assoluto come loro, benché strettamente legati al Dna della loro posizione politica, non avrebbero assolutamente mai permesso); il malavitoso "eroe" Mangano, invece, ha agito al massimo in nome della fedeltà al suo datore di lavoro.
Insomma, lotta contro la dittatura fascista, e copertura delle magagne personali (val la pena ricordare che tra i capi d'accusa di Mangano, per i quali è stato condannato, vi sono anche due omicidi?) vengono placidamente valutate sullo stesso piano, come fossero equivalenti. Non stupisce che molti blogger, indignati, abbiano chiesto quale ruolo il leader del PdL penserebbe di attribuire, in una Storia d'Italia, a magistrati quali Falcone e Borsellino, e io aggiungerei anche il generale Dalla Chiesa, con moglie e figlio e, non scordiamole, relative scorte.

Qui è evidente l’aberrazione che inchioda per sempre, che vinca o perda questo porcellum di elezioni, il Cavaliere inesistente a ciò che realmente è:
un omuncolo che non conosce altro interesse che il suo, e che col non perdere occasione per gloriarsi di una laurea in giurisprudenza, pare avere sviluppato una visione molto personale e solo pro domo sua di ciò che significa il rispetto della legalità; narcisista sino alla nausea, permaloso, umorale, privo di qualsiasi senso di autocritica e, a volte sospetto, addirittura con qualche tratto psicotico, visto il palese distacco dalla realtà che sovente dimostra quando debba confrontarsi con l’unico vero amore sviscerato che provi nella sua vita: quello per se stesso.

A questo punto, mi chiedo: forse il test di sanità mentale richiesto per i magistrati, lo dovrebbero invece fare ai candidati premier. Oso pensare che concorderebbe persino Basaglia, e magari così l’Italia potrebbe avere un grosso problema di meno. Chissà...

Ad maiora! In fondo, mancano ancora alcuni giorni alle votazioni: chissà con quali altri conigli mannari proditoriamente estratti dal cilindro della democrazia, ci saprà stupire il Grande prestigiatore.


Disclaimer: nessun bue è stato maltrattato per la stesura di questo post.
Al massimo, ci si è posti ragionevoli dubbi sul Quoziente Intellettivo di una parte di elettori che inneggia al non voto e ad altre simili stronzate antidemocratiche. Ad eventuali lettori dissidenti, si rivolge la preghiera di riaccendere il cervello e dopo opportuna resettazione e carburazione, rileggere con attenzione: hai visto mai qualche neurone sia sopravvissuto?

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postato da la Parda Flora alle 09:57  

 

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