08 marzo 2008
Ah, gattaccio!
Mi fai fare anche quel che non volevo... Contento?
Nel nostro Paese, la Giornata internazionale della donna viene regolarmente festeggiata solo dal 1945, per volontà e iniziativa congiunta dell’Unione Donne italiane, e del Centro Italiano Femminile.
Questo è particolarmente significativo e dovrebbe indurre ognuno di noi ad una seria riflessione, dato che dimostra nei fatti come, di fonte ai grandi temi, quali il diritto al lavoro e alla parità salariale, assieme alla possibilità di fare carriera al pari degli uomini e poter così non solo subire, ma anche partecipare attivamente a determinare la vita pubblica nazionale, pare proprio che le donne - socialiste, comuniste, cattoliche, ex partigiane o anche solo vedove di guerra - avessero scoperto già 63 anni fa come superare quella oggi apparente impossibilità di convivere e cooperare per il conseguimento di un obiettivo comune, che superi le differenze per esaltare le affinità, e rendere così quell’obiettivo realizzabile. Dando in questo modo, credo, una importantissima lezione di civiltà e tolleranza, anche politica, ancora oggi di grande valore e attualità .
Anche la data di questa festa, simboleggiata dal fiore della mimosa poiché facilmente reperibile in questo periodo dell’anno, è legata a quella storica riunione, che si ebbe l’8 marzo nell’aula magna di un liceo romano.
Ci spiace quindi, ma dobbiamo proprio sfatare una credenza ancora oggi profondamente radicata: l’8 marzo fortunatamente non vi fu nessuno sciopero delle operaie tessili di New York represso con la violenza, né la morte di più di 100 di queste operaie intrappolate in un fabbrica in fiamme, come ancora troppo spesso si sente affermare, anche dai mezzi d’informazione.
La realtà è molto più banale, e cinica: dal momento che le prime donne consapevoli della necessità di difendere i propri diritti appartenevano al partito socialista, per scelta politica probabilmente si preferì annacquare questo dato creando la leggenda molto più neutra e innocua della commemorazione delle operaie morte. Anche se indubbiamente, il primo Women’s Day si celebrò nel 1910 proprio in un teatro americano in occasione di una riunione del partito socialista, complice l’assenza del consueto oratore uomo, che permise alla donne una sorta di piccolo... colpo di stato, per poter così finalmente esporre e discutere liberamente tra di loro delle esigenze e delle speranze di quella che per troppo tempo è stata definita “l’altra metà del cielo”, quasi che essa non potesse aspirare ad un riconoscimento anche terreno.
Dato che lo scopo della Giornata della Donna, lungi dal favorire le finanze di fiorai e gioiellieri, con l’inesorabile commercializzazione consumistica anche di questo giorno, è quello di ricordare alle donne l’importanza, spesso negata, del loro ruolo sociale.
Un ruolo così importante e qualificato da spingere poco tempo fa il governo pakistano, di fronte alla crescita di una classe agguerrita di laureate sempre più inserite profondamente nel tessuto sociale e lavorativo del Paese, alla paradossale scelta di istituire delle “quote azzurre” fra le matricole universitarie, a salvaguardia di una supremazia maschile apparentemente messa in crisi da professioniste più “sgobbone”, preparate e motivate dei loro colleghi uomini. Dato che le donne sanno bene che, quale che sia la strada che sceglieranno, anche a parità di meriti, sarà sempre un po’ più ripida e faticosa di quella dei loro colleghi maschi.
Un ruolo che è giusto e doveroso periodicamente rianalizzare e riportare all’attenzione generale, dato che se molta strada è stata fatta, almeno altrettanta resta ancora da fare, se è vero che la Comunità europea ha anche recentemente ribadito tra i propri obiettivi per un nuovo slancio per l’Europa sociale ed economica proprio il raggiungimento dell’abolizione di tutte le discriminazioni sul mercato del lavoro, e la necessità di “favorire concretamente l’aumento del tasso di occupazione femminile (rispetto al quale, ahimè, l’Italia rappresenta il fanalino di coda della UE) e sviluppare politiche in grado di sviluppare la conciliazione fra vita professionale e vita familiare e privata, sia per le donne sia per gli uomini; metter fine alle disparità di trattamento fra uomini e donne sul posto di lavoro, in particolare sotto il profilo retributivo e delle carriere; rafforzare le politiche sociali e fiscali a sostegno della famiglia”.
In perfetta armonia, tra l’altro, con quanto affermato anche dalla nostra Costituzione all’articolo 37: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”

Se quindi, voi siate uomini o donne, avete scelto di festeggiare questa giornata, fatelo prendendo realmente coscienza del suo autentico significato, e scegliendo di adornarvi con un fiore di mimosa, fatelo ricordando che questo fiore vuole innanzi tutto significare il rinnovamento: obiettivo che si può commemorare una volta all’anno, ma poi si persegue solo grazie a un impegno autentico che prosegue per tutti gli altri 355 giorni dell’anno.

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postato da la Parda Flora alle 08:12  

 

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