10 luglio 2007
Osservazioni di etologia
I cani, quando s’incontrano, scodinzolano e si annusano il culo per riconoscersi in un rituale virtuale e sociale ben consolidato. Strano a dirsi, ma ci sono anche tante persone che si comportano allo stesso modo: fingono affetti che non provano, e si sbaciucchiano, senza mai appoggiare davvero la gota a quella dell’altro, senza mai entrare in contatto davvero, in un complesso rituale tribale, che in genere mi diverte osservare.
Dopo aver annusato ben bene i culi dei vicini per stabilire con certezza parentele, gerarchie e affinità, i cani iniziano un complesso balletto sociale, per stabilire chi è il maschio alfa e chi invece il giullare della compagnia. Ma quelli che ho visto non son gran combattimenti: ricordano di più le lotte tribali ad insulti dei babbuini, e perciò sono ridicole, e a volte patetiche. C’è un grande esibire di deretani colorati, come a dire il mio è più sfolgorante e abbacinante del tuo, e invece sono solo sederi di scimmie, che non potranno fare altro per tutta la vita che cercare di avere il culo più azzurro del vicino. Così i cani: cercano di essere il capo branco, ma non è mica facile: non basta avere tanta parlantina da istupidire l’ascoltatore al punto che questi si mette a pensare ai casi suoi e vi lascia da soli a blaterare... no, per fare il capo branco bisogna essere disposti ad accettare morsi e lacerazioni, e fin alla morte - tutte cose che non vanno granché di moda ultimamente. Perché un capo branco dev’essere anche disposto a sacrificarsi per i suoi, e io non ne ho ancora conosciuto uno disposto nemmeno a sacrificarsi per i figli. Tanto i figli si rifanno, mentre se il padre muore, la stirpe si esaurisce.
Così continuo a guardare questi branchi di cani un po’ selvaggi, un po’ à la page, che si aggirano per le nostre periferie "intellettuali" senza vergogna, e son convinti di saperla così lunga che nessuno li fregherà mai. E invece piano piano, a furia di rovistare nell’immondizia, torneranno le belve che erano, e le vedremo rapide attraversare la nostra notte coi loro occhi inquietanti.

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postato da la Parda Flora alle 12:18  

 

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