23 novembre 2007
Parla per farsi compagnia, oppure tace...
Mah, caro A., non so perché ma mi vien da descriverti la situazione: sono le sette e 20, son sveglia già da un po’ perché devo prendere una medicina a stomaco vuoto, e poi restarci (a stomaco vuoto) per venti minuti, mezz’oretta perché venga assorbita, così mi sono anche già fatta l’iniezione del mattino, e ora sono finalmente al secondo caffè a fila (americano, una broda immane, ma per una serie di motivi ho finito in casa per abituarmici) e apro il pc per dare un’occhiata al giornale e vedere eventuale posta etc. prima di immergermi in una serie di cose noiosissime.
So di essere stata lunga, in quei post, ma a parte che mi è rimasta una insofferenza dei tempi nei quali per dire, facevo un’intervista di due ore, la sbobinavo diligentemente, alla ricerca della “voce precisa” dell’intervistato da cogliere per poi renderla nello scritto, e poi dovevo condensare il tutto in un paio di botta e risposta, ché quello era sovente lo spazio che mi davano e io avevo l’impressione di tante voci, tante storie che restavano mute, ci sono anche argomenti ai quali la sintesi non rende giustizia. Nel mio caso, il primo post della serie, che nella mia ingenua convinzione conteneva implicite tutte le cose che son venute dopo, ed invece hanno richiesto pagine e pagine di spiegazione.
Ieri riflettevo:

a.che senza l’intervento tuo e di Andrea, non avrei avuto lo stimolo per i due post successivi, nel desiderio di chiarire la mia opinione;

b.che l’apertura dei commenti in fondo, come mi aspettavo, non ha portato poi questa rivoluzione copernicana... chi mi scocciava di più per riaprirli o altre persone con le quali c’è un rapporto più profondo, non si sono praticamente fatte vive, e in generale sarei tentata di tornare al vecchio sistema, che mi pare rendeva la vita più semplice a tutti: chi leggeva capiva quel che gli pareva (cosa che, restandomi ignota, avevo messo in conto tranquillamente e non mi turbava) ed ero libera di agire di conseguenza, dato che neppure a me interessa convincere, però vorrei essere capita, e quando vedo che c’è il fraintendimento, è più forte di me, devo spiegare, magari sino alla noia. E questo è certamente un problema mio.

Stamattina posso aggiungerci, dopo la lettura dei tuoi commenti, che capisco la pigrizia - potessi dormire di più... anzi, visto che l’inverno non è stagione che ami particolarmente, fantastico su come sarebbe bello poter andare in letargo, tipo uno scoiattolo, che ogni tanto si sveglia per mangiucchiare un po’, poi si rimette a nanna sino a primavera; che probabilmente il mio innato perfezionismo sta prendendo, in un momento di mio abbassamento della guardia, il fastidioso sopravvento (vedo sempre quello che mi manca, quello che “colpevolmente” non so ancora...); che ho la passione della storia, ma non mi sono mai sognata che essa sia la sola chiave di lettura del mondo, o quella privilegiata: guai se fosse così, più vasto è l’orizzonte, e meglio ci vedi. Però è anche vero che, se la nuova storiografia dialoga sempre di più e sempre più volentieri con altre discipline (la geografia, l’archeologia, l’etnografia, la statistica, l’antropologia, la sociologia, l’economia, a volte persino la psicanalisi, etc...) una scelta sei costretto a farla, anche se sei terribilmente curioso e onnivoro e ti piacerebbe sapere tutto, che questo è l’amaro privilegio di crescere: capire che per avere una cosa devi rinunciare ad un'altra, anche se, (cosa buffa, mi sono sempre sentita paragonare ad un uomo, cosa che non capisco più di tanto - pare io sia un "uomo d'ordine", che ragioni e addirittura guidi come un uomo,e così via), una volta mi è stato detto che ho un po’ l’animo di un “uomo rinascimentale”, che non trova nulla che non gli competa. E lo diceva pure Terenzio (significativamente nel Punitore di se stesso!): sono un essere umano, e non c’è niente di umano che mi sia estraneo.
Così, che ti devo dire: probabilmente sono anch’io come il marinaio di Biamonti che «Parla per farsi compagnia, oppure tace, e quando parla, spesso delira, non vuol convincere nessuno». E in genere la gente così, non la si sta a sentire, la si scansa. Quindi forse dovrei tornare ai miei deliri solitari, e basta.
E probabilmente non è un caso che io abbia scelto come colonna sonora sempre di Davide Van de Sfroos, la Balada del Genesio che ha fatto nella sua vita un po' di tutto, ma come dice lui:

sun el Genesio e questu l’è tütt…
cun qualsiasi vestii, suta…sun biùtt


(con qualsiasi vestito, sotto sono nudo).

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postato da la Parda Flora alle 07:45  

 

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