10 settembre 2007
Fermore and Kreipe
Sono stanca...molto stanca... di quello stanco che prelude alla nausea e al desiderio di mollare. Così, rubo queste parole all'amico Léon, che oso sperare non se ne avrà a male, e ve le propongo, perché ritengo che, in questi tempi "barbari" abbiano un valore particolarmente forte!

Preserviamo con forza la nostra civiltà: è tutto quello che abbiamo, contro la barbarie di politici falsi e corrotti, contro la falsità imperante, contro tutto ciò che offende il nostro spirito più puro...

"Patrick Leigh Fermor, pur essendo di natali nobili, non riuscì ad integrarsi nella scuola britannica di inizio secolo scorso. Cambiò diverse scuole, anche alcune per ragazzi “difficili”, fino all’espulsione comminata per avere tenuto la mano della figlia del verduraio del paese. Continuò quindi a studiare da solo, fino a compiere, ormai diciottenne, una sorta di Gran Tour dal Nord Europa fino a Costantinopoli, in compagnia di una antologia della letteratura britannica e delle Odi di Orazio.

Al ritorno verso Ovest volle conoscere la tanto amata Grecia dei suoi studi classici e lì conobbe una nobildonna rumena della quale si innamorò. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si arruolò nelle Irish Guards, ma, per la sua conoscenza del Greco e della Grecia, fu trasferito nell’Intelligence.

Heinrich Kreipe era nato in Turingia, aveva frequentato studi umanistici e si era arruolato come volontario allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Rimase in servizio nei ridotti ranghi dell’esercito tedesco, anche alla fine della Grande Guerra e, allo scoppio del secondo conflitto mondiale era oramai un colonnello impegnato sia sul fronte francese che, successivamente, su quello russo. Dal 1944 venne chiamato a Creta per sostituire il sanguinario Generale Muller richiamato in patria.

Il 26 aprile 1944, dei membri dell’Intelligence britannica, che da due anni erano infiltrati nell’isola con lo scopo di rapire Muller, il “macellaio di Creta”, decisero di non abortire l’operazione e di rapire comunque Kreipe.

Sull’isola da due anni, avevano un rapporto stretto con la popolazione che odiava i tedeschi e avevano una fitta rete di relazioni e protezioni (alcune addirittura sancite dall’aver condotto a battesimo i figli dei maggiorenti del posto).

Nessuno quindi soccorse Kreipe quando fu rapito nel tragitto tra Heraklion e Villa Ariani ove risiedeva.

Fermor e i suoi, inscenato un finto posto di blocco vestiti da tedeschi, rapirono il generale e uccisero l’autista, mescolando poi le carte lasciando appositamente vistose tracce che conducevano verso l’approdo per un sommergibile su una baia di Creta.

Per loro, invece, la strada di fuga per l’Egitto britannico era sull’altro lato dell’isola, al di là del Monte Ida.

Seguirono giorni di duro viaggio e di poche parole.

Finché… (ma il resto lasciamolo raccontare a Fermor):

“Ci siamo svegliati fra le rocce, mentre il sole spuntava dietro la cresta dell’Ida, verso la quale eravamo saliti per due giorni interi. Ci siamo messi a fumare in silenzio, e a un certo punto il generale ha cominciato a recitare, scandendo bene le parole:

Vides ut alta stet nive candidum Soracte...

Ero fortunato. (…) Si trattava di Ad Thaliarchum. Così ho ripreso da dove si era interrotto lui:

... nec iam sustineant onus

Silvae laborantes, geluque

Flumina constiterint acuto

e così via, per tutte le cinque stanze che mancavano alla fine.

Il generale ha spostato su di me gli occhi azzurri, che fino a pochi attimi prima erano fissi sulle vette. E quando ho concluso, dopo una lunga pausa, mi ha detto: «Ach so, Herr Major!». Era molto strano. «Ja, Herr General». La guerra, per un attimo, era sembrata lontanissima. Molto tempo prima, avevamo bevuto alla stessa fontana: e per tutto il tempo che avremmo passato insieme, le cose fra noi sarebbero state molto diverse.”

Nei giorni che seguirono, il freddo li costrinse a dormire vicini per scaldarsi e il generale tedesco non approfittò mai della situazione per cercare di ledere l’inglese o per fuggire.

Fu portato in Egitto e di lì in un campo per prigionieri di guerra.

Si rividero con grande affetto nel 1970 in occasione di una trasmissione televisiva.

Non riesco a non pensare che uomini di questa pasta non avrebbero distrutto a cannonate le statue del Buddha solo perché erano venerate dai loro avversari. La fiaccola che il mondo classico ci lascia è un segnale di appartenenza a qualcosa di più alto, di più unitario: l’essere tutti appartenenti al genere umano. E una semplice guerra non può cancellare tutto questo
."

Meditate, gente, mediate...

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postato da la Parda Flora alle 14:28  

 

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