03 settembre 2007
Una noiosa domenica sera
"TRISTANO E ISOTTA" di Kevin Reynolds
La natura tragica dell’amore
(2005)

Del fascino della storia originale, che innegabilmente presenta ancora spunti di estrema modernità: la lotta tra dovere sociale e desiderio della scoperta e affermazione della propria individualità e quindi della realizzazione di sé, tragicamente lacerante e insostenibile, pena la pazzia e la perdita della propria umanità, in una società che basava i propri valori sulla omologazione e aderenza a modelli sociali predefiniti, come drammaticamente scoprirà Tristano; il tema del doppio (la doppia Isotta la Bionda: il simulacro che Tristano costruisce ed ama, non potendo avere il vero oggetto del suo amore, e poi l'infelice e mai amata principessa bretone Isotta dalle bianche mani, sempre nella vana ricerca di uno spostamento dell'oggetto amoroso che possa appagare il folle amore di Tristano; la doppiezza di Tristano, comunque traditore del suo re; la doppiezza della regina che tradisce ed escogita arguti escamotage per dire la verità mentendo e sfuggire alla morte che l’aspetta), tema che appare forse per la prima volta nella letteratura europea, e sarà destinato a un grande futuro (facciamo solo l’esempio di due scrittori, che diversamente tra loro e in contesti diversi, hanno fatto del tema del doppio e della doppiezza il fulcro della loro intera produzione letteraria: Robert L. Stevenson ed Hermann Hesse), di tutti i motivi di fascino che hanno reso questa storia così intrigante da renderla popolare e molte volte rivisitata, a partire da una società, quella medievale, che faceva della fedeltà al proprio signore il cardine della propria sopravvivenza - e anche la fedeltà coniugale va intesa in questo senso, essendo la storia, di probabile origine celtica, nata quindi ben prima delle incrostazioni morali cristiane che spingeranno ad inventare il famoso filtro d’amore bevuto per errore, per deresponsabilizzare i due infelici amanti - in questo film non rimane nulla, tranne forse la fugace apparizione del cinghiale - alter ego totemico, nella storia originale, di Tristano, che fugge nella foresta dopo le nozze reali, e impazzisce - che compare nella prima caccia notturna dei cavalieri ed atterra simbolicamente il re Mark ("Nulla di ferito, tranne l'onore!"), così come Tristano lo fa decadere dal suo ruolo di marito.
Non necessariamente un film deve avere il rigore filologico, che caratterizza, per esempio, le trasposizioni cinematografiche di un attore teatrale come Branagh quando si cimenti con regie cinematografiche o di un regista come Ivory, ma almeno il rispetto di ciò che crea il plot narrativo di una storia, si dovrebbe avere, se non altro per astuzia di sceneggiatura.
Qui non ne resta traccia, mentre tutto diviene prevedibile, già visto, piatto, scontato, banalizzato e francamente noioso e a tratti, per anacronismo, ridicolo. Anche i personaggi appaiono insoddisfacenti, monocordi, sbozzati con l’ascia quel minimo per permettere all’azione di procedere quasi meccanicamente, malgrado tutto. Insomma, un film che può far sognare e lacrimare giusto un adolescente di bocca buona e scarsa esperienza di cosa sia la vera, devastante e crudele passione amorosa (della quale nel film non v’è traccia), target per il quale sospetto il film sia nato...
Un gran pastrocchio storico e narrativo, insomma, anche sorvolando su incongruenze quali la ridicola e disinvolta trasposizione nella diruta casa romana, nido d'amore dei due fedifraghi, così per fare "ambientazione", di un famosissimo affresco pompeiano, aggravato da alcune cose francamente incomprensibili (quando l’Irlanda avrebbe dominato sulle sette leggendarie regioni dell’Inghilterra, e non sulla sola Cornovaglia? perché i cavalieri - una eterogenea e poco credibile commistione di celti e germani, che avevano tradizioni e religioni ben diverse e non vedo proprio come potessero condividerle, dal momento che si sono sempre combattuti - usano cavalcare nelle notti di plenilunio? e chi incorona re Mark, un prete o un druido, dato che il suo incomprensibile farfugliare ben difficilmente può essere identificato col latino, e di cristiano non compare nulla nella storia, se non l’accenno all’esistenza di un monastero “della nuova religione” in Irlanda?).
Film francamente inutile, che non vale, a mio avviso, il prezzo del noleggio, né il tempo perso per la visione.

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postato da la Parda Flora alle 10:42  

 

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