"Gli esseri umani non si tengono per mano per tutto il cammino della vita. Per ognuno di noi esiste una foresta vergine; un campo di neve dove non c’è neanche l’orma di una zampa di uccello. Su questa terra viaggiamo da soli, e non vogliamo compagnia. Sarebbe intollerabile essere sempre compatiti, sempre accompagnati, sempre capiti."
Virginia Woolf Ma che senso ha questo per lo scrittore? Dato che "La letteratura però non deve essere terapeutica, non deve curare un determinato malessere. Una persona che non sta male forse non scriverebbe. C’è una frase inglese, piuttosto famosa, che dice: “happiness writes white”"(Simone Barillari) giacché io penso che la malinconia, intesa come patologia, in realtà renda invece silenziosi e solitari, perché scrivere sarebbe solo un lungo pianto senza fine, e probabilmente senza senso, se non per il malato. Un silenzio creativo che aggrava solo la sofferenza del malato, come ad esempio scriveva Italo Alighiero Chiusano raccontando del suo rapporto con la depressione. Perché bisogna fare attenzione, nell'usare la parole: esistono le parole vaghe, e le altre: specifiche, tecniche... quando leggo questo genere di cose, non posso fare a meno di esitare, dubbiosa, circa l'invadenza del linguaggio aspecifico e quotidiano in campi definiti con rigore dove le parole hanno invece ben altri sensi e ricadute. Però la lettura resta interessante, pur in questa sua aspecificità che però lascia, alla fine, almeno secondo me, un po' insoddisfatti.Etichette: esergo e altre perle ai porci, etologia domestica, le vite degli altri |