21 agosto 2008
"Il geranio ha bisogno d'acqua"
Chi non se lo ricorda, con quel suo sorriso sbruffone e simpatico da morire, ne Il destino di un cavaliere?

Annunciato da un mirabolante Paul Bettany - Geoffrey Chaucer, degno del marketing cavalleresco più sfrenato, interpretava uno strano, anomalo film: strana ambientazione, strani costumi, strana colonna sonora - We will rock you! dei Queen prima di scendere in lizza nei duelli - strano destino di rappresentare con più fedeltà storica di quanto la media degli spettatori abbia mai capito, quello che era, davvero, il possibile destino di un cavaliere sino al XII secolo (solo XII, non è un errore, anche se l’ambientazione del film era più tarda - Geoffrey Chaucer appunto).
Un film che la mia” vecchia” (nel senso che è passato un po’ di tempo da quando ho fatto l’esame) professoressa di storia medievale dichiarava tranquillamente di trovare adorabile, anche storicamente, appunto. Lei che aveva recentemente dedicato un corso monografico proprio alle varie tesi sulla nascita della cavalleria; la tesi classica di Marc Bloch e quelle venute dopo, fino a Jean Flori, che avevano spostato avanti e indietro di un secolo circa l’origine e il significato profondo, per la società feudale, della cavalleria di sangue, quella che una volta divenuta immutabie gerarchia sociale, avrebbe impedito nella realtà al protagonista del film di Brian Helgeland di poter diventare, con la sola forza della sua prestanza fisica, unita al fortunoso reperimento di cavallo e armatura, davvero cavaliere.
Ma sino ad allora no: lui aveva raccontato per davvero il possibile e fortunoso destino di un cavaliere, in modo storicamente bizzarro, ma reale.
Solitamente, si nominano come ultimo esempio di mobilità sociale in genere i cavalieri contadini del lago Palau, ma quel film che pareva sgangherato e assurdo, in realtà a suo modo rispettava così profondamente la più attuale concezione storica della cavalleria, ed era più serio e attendibile di tanti Artù, e Lancillotti, e Merlini e Tristani coi quali ci hanno asfissiato per anni, da finire, come ricordavo più sopra, per essere consigliato sorridendo con entusiasmo agli studenti alla fine del corso di storia medievale.
Onore al merito, dunque, per Heath Ledger e i suoi troppo pochi 29 anni finiti malamente il 22 gennaio scorso!
.
Ora, il Cavaliere, davvero oscuro, non c’è più, portato via come direbbe Bukowsky in un poesia che ho spesso citato, anche se non tutti la sanno capire, dal destino implacabile che segna la vita dei “belli” lasciando i brutti alla loro brutta e lunga vita.
Ha fatto appena in tempo a godere la candidatura all’Oscar per il cow boy di Brokeback Mountain di Ang Lee, ruolo per il quale fu finalmente riconosciuto per la sua bravura, dopo una vita da gregario. Sempre secondo, con la parte soffiata di un niente da un altro: Toby Maguire per Spider man (forse sarebbe stato troppo difficile renderlo un Peter Parker davvero insignificante, spegnendo la luminosità di quel suo sorriso inconfondibile...); Hayden Christensen che gli soffierà la parte del giovane Skywalker in "Star Wars: Episode II - Attack of the Clones"; Ewan McGregor che lo sostituirà, accanto alla Kidman, in Moulin Rouge...

Ma noi amiamo ricordarlo un po’ Heathcliff di Cime tempestose e un po’ ancora una volta accanto al pazzo e visionario Gilliam, con Matt Damon, come Jake Grimm nella fiaba I fratelli Grimm e l’incantevole strega, dare ancora prova di quel suo talento un po’ sbruffone che lo aveva fatto amare dal tempo dello scudiero William Tatcher.

Allora perché ricordarlo solo ora, a tanti mesi dalla sua morte?
Perché tre attori di certo più famosi ed economicamente “preziosi” di lui - Johnny Depp, Jude Law e Colin Farrell - hanno finito, grazie alle magie della sceneggiatura e della regia, il film che la sua morte aveva lasciato incompiuto, ancora una volta con Terri Gilliam: The Imaginarium of Dr. Parnassus. E poi, padri tutt’e tre, hanno deciso di donare il loro cachet alla sua amatissima figlioletta di due anni, nata da una relazione non legalizzata, che Heath non aveva fatto in tempo ad inserire nel suo testamento (credo di ricordare, cosa che mi pare un po’ tutti tacciano, che il diritto ereditario americano a differenza dal nostro, non riconosca la quota cosiddetta “legittima” ai figli, anche naturali, cosa che rende ancora più evidente lo scopo del gesto dei tre colleghi e il conseguente rilievo dato alla notizia).
Non perché Matilda sia povera, quindi, così come non lo è la madre, ma per ricordare che essa esiste, e non sarebbe umanamente e legalmente giusto che venisse esclusa a favore del nonno dall’asse ereditario paterno.

Certo, per tre mostri sacri del loro calibro, saranno state briciole, ma c’è chi è più avido di un vampiro anche col proprio sangue , quindi onore e gloria anche per loro.

A noi resta, e ricordarlo in questa luminosissima e calda giornata di estate pare quasi una beffa, la faccia che pareva così allegra di Heath Ledger, mentre come sempre accade, ci sfuggiva la sua essenza più profonda, incapaci di cogliere il segreto doloroso che quel suo caldo e luminosissimo sorriso probabilmente nascondeva.

MABEL OSBORNE

I tuoi fiori rossi tra le foglie verdi appassiscono, bellissimo geranio!
Ma tu non chiedi acqua.
Tu non puoi parlare!
Non occorre che parli
tutti sanno che stai morendo di sete,
ma non ti danno l'acqua!
Passano oltre e dicono:
"Il geranio ha bisogno d'acqua".
E io, che avevo felicità da spartire
e desideravo spartire la tua felicità;
io che ti amavo, Spoon River,
e anelavo al tuo amore,
appassii sotto i tuoi occhi,
Spoon River, assetata, assetata, muta
per il pudore dell'anima
di chiederti amore,
tu che sapevi e mi vedevi morire davanti a te,
come questo geranio
che qualcuno ha piantato sopra di me,
e lascia morire.

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postato da la Parda Flora alle 18:53  

 

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