26 novembre 2006
Come ama dire K.: una fazza, una razza
“E’ vero, in questa società così impoverita di valori forti, ci sono sempre più persone davvero patetiche: le nicchie per la loro sopravviveza si allargano, infatti, sempre più, fra falsità e inguaribile narcisismo.
Ci si mette un po’ a capirlo, perché in genere sembrano brillanti, e si danno anche molto da fare per mantenere questa facciata, ma poi a furia di parlarci, ti rendi conto che sono patetiche: ripetono con vesti nuove (?) sempre e solo quelle povere quattro idee che hanno in testa; perché una volta sono state ferite, come non fosse capitato a tutti, a torto o a ragione sono convinte di aver acquisto diritti sulla vita altrui,cosa che in realtà mai e poi mai hanno, e invece di pensare ad affrontare i loro problemi, e la loro personalità malata di un protagonismo talora ridicolo, si atteggiano a maître à penser per il loro pubblico, il che riesce loro facile, perché in genere si circondano solo di persone loro inferiori o comunque incapaci di veder la loro pochezza dietro gli scintilli dell’oro matto. Come si diceva una volta, durante la guerra: oro del Giappone, in Italia si chiama ottone.
Perché i patetici, con solo quell'ottone fra le mani, hanno parecchie cose delle quali essere scontenti - sia nella vita pubblica sia in quella privata - e perciò, oltre a necessitare di una piccola corte compensatoria, alla quale cooptano quanti non riconoscano la loro pochezza, devono anche diventare ipocriti. Forse anche per questo a volte si fatica un po’ a riconoscerli: occorre che si presenti una situazione che metta in luce la loro codardia, il loro amare lo spettegolare dietro le spalle, il loro non volere essere mai coinvolti se non nelle cose che possono dare loro un utile, come fosse possibile così non sporcare quell’abito luminoso di santi che si sono scelti e che tanto amano.
Come cantava De André, e credo valga in altre situazioni che non siano solo la politica, ma anche una vita intera di scelte, “anche se voi vi credete assolti, siete per sempre coinvolti”. Ove per sempre è per sempre, anche in questo mondo che scorda tutto e ricorda solo quello che gli fa comodo.
Il patetico porterà con sé per sempre le stimmate della sua piccineria: non è possibile aiutarlo, infatti, poiché lui non è consapevole di avere un disperato bisogno di aiuto. E’ convinto di essere quanto di meglio ci sia in fatto di genere umano, e come tale - ovvero da autentico egotista - si comporta. Il patetico, da gran noioso qual è, ricorda infatti solo quelli che ritiene i suoi trionfi: le sua vigliaccate, le sue omissioni, le sue meschinerie, i suoi mormorii dietro le spalle, nascosti da gran sorrisi, preferisce dimenticarli. Un po’ come la matrigna di Biancaneve, ciò che il patetico vuole è solo uno specchio che lo rassicuri circa il fatto che è sempre lui il più bello del reame, per quanto piccolo e patetico quel reame sia - esattamente a misura sua. E, probabilmente, finirà prima o poi per trovarsi solo con uno specchio appannato, in compagnia al massimo di altri patetici come lui, a lottare per la sopravvivenza, con lacerti dell’anima dell’un l’altro fra i denti, come menadi assatanate di un dramma troppo vecchio e bestiale perché noi, i non patetici, lo possiamo comprendere, per fortuna nostra.
Un’ultima cosa: spesso, le persone patetiche possono essere veramente spregevoli, ma data la scarsa auto consapevolezza che hanno, soprattutto dei loro difetti, ovviamente non se ne rendono conto, quando addirittura non lo sbandierano ai quattro venti come fosse una virtù, il che accade spesso. Anche per questo, nonostante appaia un paradosso, meritano solo la nostra pietà.”
Umberto Galimberti

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postato da la Parda Flora alle 10:34  

 

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