31 agosto 2009
Non possumus?
“C’erano una volta, in regno lontano, un re e una regina che non riuscivano ad avere figli; essi erano disperati, e invano consultavano medici e maghi nell’inutile tentativo di procreare il sospirato erede… “.

Quanto fiabe della nostra infanzia iniziavano così. E se è certamente facile comprendere il desiderio emotivo di diventare genitori, la fiaba veicola anche una verità storica solidissima: sino a un bel po’ di secoli fa, un erede era non solo garanzia di una successione che creava o consolidava la dinastia regnante, ma rafforzava anche la posizione del re ancor vivente.
Per questo, il re d’Inghilterra Enrico VIII, che tutti ricordano per le sue otto mogli, sposato in prime nozze con Caterina d'Aragona, un’anziana parente del re di Spagna, nella necessità di consolidare la propria posizione in tempi politicamente non felicissimi, ritenne la sterilità della moglie motivo sufficiente per ottenere dal Papa l’annullamento del matrimonio e quindi la possibilità di risposarsi con ben più giovane e fertile ( e presumiamo sollazzevole) grembo muliebre.
Ma nonostante una sottile e intensa opera diplomatica; nonostante il tentato coinvolgimento del cattolico Lord Cancelliere Tommaso Moro (che dalla sua integrità ricavò solo una condanna a morte, e una tardiva santificazione), la risposta della Chiesa Romana fu quel “Non possumus” che abbiamo proprio di recente sentito pronunciare dalle alte gerarchie vaticane.
Di Enrico sappiamo che non era noto per saper dominare l’irascibilità, come dimostrò anche in quest’occasione.
Appare quindi chiaro quale sia l’unica via politica possibile al reuccio nostrano per sfuggire alla nefasta influenza che una netta opposizione del mondo cattolico inizia a dimostrargli: autodichiararsi, con un Atto di Supremazia, capo della Chiesa Anglicana d’Italia. O, se magari vuol prendere due piccioni con una fava, e strizzare l’occhio ad alleati ultimamente un po’ insofferenti, Capo della Chiesa Padana d’Italia.
E poi dicono - loro - che studiare la storia non serve!

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postato da la Parda Flora alle 11:29  

 

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