« ... E ora Berto, figlio della Lavandaia, compagno di scuola, preferisce imparare a contare sulle antenne dei grilli, non usa mai bolle di sapone per giocare; seppelliva sua madre in un cimitero di lavatrici, avvolta in un lenzuolo quasi come gli eroi; si fermava un attimo per suggerire a Dio di continuare a farsi i fatti suoi...» (da "Canzone del padre", Storia di un impiegato, 1973)
da Fabrizio De Andrè, che dai pisquani detestava farsi chiamare "Faber"! ma inutilmente - ora qualsiasi imbecille - al di fuori della ristretta cerchia degli amici privilegiati, parla di lui così.
Parla come fosse suo fratello di sangue, sebbene non lo abbia mai incontrato in vita sua, ma si riempie la bocca di FABER E FABER...
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