Ricordo che qualcuno mi raccontò d’aver avuto la fortunata ventura, durante un lungo viaggio in treno, di capitare casualmente nello stesso scompartimento di Paolo Poli. Con sorpresa, ma neppure tanta, scoprì, anziché un grande attore famoso e spocchioso, un signore anziano assai colto, che portava con grande grazia auto ironica le proprie non sempre semplici scelte di vita, molto garbato e affabile con lo sconosciuto compagno di viaggio che il caso gli aveva affiancato, e soprattutto, molto, ma molto divertente. Insomma, di questi tempi che vedono spesso la maleducazione e la stupidità come una realtà trasversale, dai nipoti ai nonni, un’autentica rarità! Per le bizzarre associazioni mentali che a volte capita d’avere, proprio oggi m’è tornato in mente, attraverso uno stralcio del suo spettacolo del 1970, “La Vispa Teresa”, raccolta divertita e sarcastica di filastrocche e poesie per bambini che ovviamente comprende la versione di Trilussa della celebre filastrocca (ah, vorrei specificare: ho sempre detestato sadici collezionisti e tormentatori di farfalle e altri insetti: per la psicanalisi, tutta gente la cui personalità si è fissata, evolutivamente, alla fase anale, il che non è un gran risultato, mi pare), che un vecchio amico mi fece conoscere un pomeriggio d’inverno, facendomi sbellicare dalle risate. Spero che le vicende della cresciuta, ma sempre vispa e indomita, Teresa, possano divertire anche chi per caso capiti qui e legga. :-)
La vispa Teresa avea tra l'erbetta a volo sorpresa gentil farfalletta
e tutta giuliva, stringendola viva, gridava a distesa: "L'ho presa! L'ho presa!"
A lei supplicando l'afflitta gridò: "Vivendo, volando, che male ti fo'?"
Tu sì mi fai male stringendomi l'ale. Deh, lasciami: anch'io son figlia di Dio."
Confusa, pentita, Teresa arrossì: dischiuse le dita e quella fuggì. - . - . - . - . - . - . - Se questa è la storia che sanno a memoria i bimbi di un anno, pochissimi sanno che cosa le avvenne quand'era ventenne. Un giorno di festa la vispa Teresa uscendo di chiesa si alzava la vesta per farsi vedere le calze schiffonne che a tutte le donne fa molto piacere.
Armando, il pittore, vedendola bella, le chiese il favore di far da modella. Teresa arrossì, ma disse di sì. "Verrete?" - "Verrò: ma badi però..." "Parola d'onore!" rispose il pittore.
Il giorno seguente, Armando, l'artista, stringendo furente la nuova conquista gridava a distesa: "T'ho presa, t'ho presa!" A lui supplicando Teresa gridò: "Su, su, mi fai male la spina dorsale: mi lasci che anch'io son foglia di Dio... Se ha qualche programma ne parli alla mamma..." A tale minaccia Armando tremò, dischiuse le braccia, ma quella restò.
Perduto l'onore, sfumata la stima, la vispa Teresa, più vispa di prima, per niente pentita, per niente confusa, capì che l'amore non è che una scusa. Per circa tre lustri fu cara a parecchi: fra giovani e vecchi, oscuri ed illustri, la vispa Teresa fu presa e ripresa. Contenta e giuliva s'offriva e soffriva. (La donna che s'offre. se apostrofa l'esse, ha tutto interesse a dire che soffre.)
Ma giunta ai cinquanta, con l'anima affranta, col viso un po' tinto, col resto un po' finto, per torsi d'impaccio dai prossimi acciacchi apriva uno spaccio di Sali e Tabacchi. Un giorno un cliente, chiedendo un toscano le porse la mano così... casualmente. Teresa la prese, la strinse e gli chiese: "Mi vuole sposare? Farebbe un'affare!" Ma lui, di rimando, rispose: "No, no!... Vivendo e fumando che male ti fo'? Confusa e pentita Teresa arrossì, Dischiuse le dita e quello fuggì.
Ed ora Teresa, pentita davvero, non ha che un pensiero: d'andarsene in chiesa. Con l'anima stracca si siede e stabacca, offrendo al Signore gli avanzi di un cuore che batte la fiacca. Ma, spesso, fissando con l'occhio smarrito la polvere gialla che resta sul dito, le sembra il detrito di quella farfalla che un giorno ghermiva stringendola viva.
Così come allora, Teresa risente la voce innocente che prega ed implora: "Deh, lasciami! Anch'io son figlia di Dio!"
"Fu proprio un bel caso!" sospira Teresa, fiutando la presa che sale nel naso. "Se qui non son lesta mi scappa anche questa." E fiuta, e rifiuta, tossisce e sternuta: il naso è una tromba che squilla e rimbomba e pare che l'eco si butti allo spreco... Tra un fiotto e un rimpianto, tra un soffio e un eccì, la vispa Teresa... . . . . . . . . . . . . . . . . lasciamola lì.
(1917) Trilussa
(come forse in altra occasione ho già detto, in arabo un'accettabile traduzione della non amichevole espressione "Barra, barra" potrebbe essere: và fuori dai coglioni!)Etichette: extra vagantes |