31 dicembre 2006
La notizia del giorno
Sono davanti a un caffè. Dopo molte ore di riflessioni, ho deciso di vedere il video dell’impiccagione di Saddam Hussein.
Solitamente evito questi atti di sciacallaggio, come ho fatto per gli ostaggi italiani a suo tempo trucidati, anche se le immagini che fanno intravedere quel po’ che resta di un uomo sicuramente crudele e temibile, pomposamente pretendono di essere, nella loro crudezza, “immagini storiche”.
Io le reputo, più che sia, morbose. Meglio, reputo il guardarle, morboso: mentre posso capire la necessità documentaria di attestare un fatto di questa portata. Ma ormai ci perseguitano da giornali, siti web, televisione... difficile sfuggire anche volendolo.

Fatalità ha voluto che, poco prima, guardando una replica di dottor House, telefilm che adoro per affinità elettive (misantropia), abbia assistito alla simulazione dell’autopsia di un neonato. Nella mia vita, su per giù, penso di averne viste dal vero più o meno un centinaio - neonatali, perinatali, a seconda che si trattasse di morte per deficit respiratori, gastroenterici o cardiovascolari. Chissà quanti sanno che per aprire il cranio di un neonato non si usa la sega vibrante, ma semplici forbici, tanto l’osso è ancora elastico e prematuro? E quanto il loro cervello, ancora privo di mielina, risulti informe e lasso, quando lo si appoggi su di un piano rigido?
Eppure, non sono queste le immagini più crude che abbia visto nella mia vita, perché quei piccoli visi infantili, ancora deformi per il tumor partus, avevano nonostante tutto la bellezza delle promesse mancate, e non pensare con tenerezza partecipe al cumulo di dolore che si caricava su quei loro piccoli corpi era impossibile.
Ho veduto i cadaveri sanguinanti, coperti da un lenzuolo al bordo della strada, quei cadaveri che sai potrebbero un domani essere anche il tuo destino, chissà?
Il mio primo cadavere fu quello di una anziana donna, morta da sola in casa per avvelenamento da monossido di carbonio, crollata accanto ad una stufetta che con il suo calore le aveva rosicchiato naso e dita, lasciando dietro di sé l’inconfondibile odore di carne umana bruciata, che molti avranno letto descrivere in gialli e thriller, ma che bisogna aver annusato per davvero almeno una volta, per capire veramente cos’è. Ma neppure quel viso e quelle mani sconciate sono stata l’immagine più crudele che abbia visto.
Durante la mia permanenza presso l’Istituto di Anatomia patologica ho veduto anche molti morti per AIDS: erano i primi, e per la maggior parte erano tossicodipendenti. Corpo magri, emaciati, in genere già malati di epatite, talvolta anche di sifilide, quando non addirittura cachettici per la immunodepressione che li aveva letteralmente divorati, facendo fiorire loro la pelle col sarcoma di Kaposi, intasando i loro polmoni con la Pneumocisti carinii, o qualche altro agente patogeno, che normalmente sarebbe stato innocuo, o quasi...
Ricordo in particolare lo stomaco di un giovane drogato, così putrefatto dopo sole 24 ore, da consentire di vederci attraverso come se fosse stato di carta oleata.
Ricordo ancora il professor Fiore Donati, prelevare fra le altre cose umor vitreo dagli occhi dei morti, e posso assicurare che non è un bello spettacolo.
Perciò le immagini “crude” di un sacco mortuario dal quale si intravedeva sbucare una testa barbuta, che si presume essere quella di Hussein, non è che mi abbiano mandato di traverso la colazione. Ho imparato che i morti sono morti, e basta: si posso stringere fra le braccia con amore o pietà, si possono accarezzare, si possono piangere, l’unica cosa che non si può proprio fare è riportarli in vita. Che siano santi, boia o semplici persone comuni.
Così, ho visto un uomo scarmigliato e vestito di scuro, circondato da così tanti boia incappucciati da farmi riflettere su quanto ancora lo si potesse seriamente ritenere pericoloso. Oppure la prassi irachena per le esecuzioni capitali è quella: confesso la mia ignoranza. Uno di loro gli ha parlato a lungo - io guardavo e pensavo che, come lui, non avrei voluto un cappuccio sul viso. Ho visto molte volte negli occhi la morte, l’ho vista nascondersi in angoletti bui: meglio fissarla dritta negli occhi che aspettare di sentirsela arrivare alle spalle. Poi gli hanno messo una sciarpa attorno al collo - ti ammazziamo, ma non vorremmo mai lasciarti antiestetiche abrasioni ! - e gli hanno posto al collo un cappio grosso come una gomena di nave.
Tutto qui.
Questa è stata la fine di Saddam il mostro.
Almeno credo, perché, mi auguro per pudore - quello che di solito manca ai cameraman americani che riprendono le "allegre" esecuzioni texane, per esempio - la telecamera si è bloccata su di un viso che non riesco a decifrare se più smarrito, incredulo o spaventato
A pensarci bene, nemmeno queste sono state le immagini più crudeli che io abbia mai visto.
Me le sarei anche potute risparmiare: mi sento un po’ sporca per aver ceduto a questa curiosità, che chiuderà un anno decisamente non bello, da nessun punto di vista.

Forse, a pensarci bene, le mie immagini più crudeli sono quelle di quando, tornando a casa, mi sono trovata a dover soccorrere un uomo di mezza età, alla guida della macchina di fronte alla mia, che ebbe un infarto guidando. Io che ho molto consapevolmente scelto di non voler fare il medico, e perciò non ho con me una valigetta di medicinali, neppure un fonendoscopio, che normalmente se sta inutilizzato nel mio comodino.
La macchina che sbandava fermandosi addosso al guard rail, telefonare al pronto intervento, avvisare gli automobilisti che arrivavano ignari dell’ostacolo di traverso alla strada, rincuorare la moglie terrorizzata, sentirmi orribilmente impotente, priva di mezzi di fronte a ciò che capivo stava accadendo: questo è davvero crudo e terribile. Come non sapere come sia andata a finire.
I minuti in attesa dell’eliambulanza sono stati fra i più lunghi della mia vita....

Forse anche per questo, su di un anno, per molti versi tragico, che si chiude, i miei auguri per un nuovo anno migliore e più sereno, ad amici vecchi e nuovi, passanti casuali e naviganti di lungo corso.
Io festeggerò ascoltando l’Harlem Gospel Choir e brinderò pensando anche a tutti voi, come al solito alla salute di chi mi vuol male, meschino...
;-)
Se passa di qui, un abbraccio speciale a Viviane, con tutto il mio affetto, e
BUON 2007 A TUTTI!
postato da la Parda Flora alle 09:15  

 

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