28 dicembre 2006
I marines lo chiamavano Mogo
Mentre noi ci rimpinziamo di panettoni, il Corno d’Africa risbuca sui nostri telegiornali, a rovinarci la digestione. In realtà, anche se noi non lo vedevamo, non è che se ne fosse mai sparito: voglio dire, in questi due ultimi decenni, Etiopia e Somalia non è che abbiano conosciuto l’età dell’oro, anzi, ma in fondo, a noi che ce ne importava?
Dalla seconda Guerra mondiale, grazie a Dio, non siamo più neppure un Impero coloniale...

Se c’è infatti una cosa della quale il mondo occidentale si disinteressa beatamente, sono i conflitti africani, a meno che non coinvolgano interessi economici (leggi petrolio vel similia: vedi, ad esempio, come i giornalisti, e non solo loro, hanno alzato il culo per la vicenda Eni in Nigeria!).
A dire il vero, ci interessiamo dell’Africa anche quando qualche idiota di turista, nonostante le chiare note demoralizzanti e inutilmente scoraggianti della Farnesina, si ostina ad andarsi a far rapire in qualche remoto angolo del Continente Nero, facendosi poi liberare coi soldi di un riscatto che tutti noi cittadini italiani paghiamo, ma siccome non ce lo dicono che paghiamo, siamo tutti contenti e commossi, invece di fustigare questi emeriti cretini sulla pubblica piazza, come meriterebbero.

La Somalia ormai è in guerra dal 1991, cioè dalla caduta del presidente Siad Barre, il che ha scatenato i vari signori della guerra per il possesso del territorio e il controllo degli aiuti umanitari inviati dalle Nazioni Unite - cioè, tutto ciò che viene inviato come aiuto umanitario in Somalia, viene requisito e rivenduto a chi il signore della guerra di turno ritiene sia il caso.
Nel 1992, l’ONU ha deliberato affinché forze internazionali cercassero di porre fine a quello che, se mi permettete la metafora, si configurava essenzialmente come un gran casino, ma anche loro, dopo tre anni, hanno dovuto arrendersi e ritirare le truppe internazionali, abbandonando il Corno d’Africa a se stesso e all’antica rivalità fra Somalia ed Etiopia.

Da allora, fra morti ammazzati da loro simili, e morti ammazzati dalla guerra: fame, carestia, malattie, quasi su queste terre si fossero scatenati i quattro cavalieri dell’Apocalisse, morto più, morto meno, ci aggiriamo attorno al mezzo milione di cadaveri. Che non è poco, neanche per un veglione di san Silvestro.

Dal 2000 si tenta una riconciliazione per via diplomatica, con l’elezione di Abdiqasim Salad Hassan, primo capo di stato legale dopo la caduta di Barre, che però si scontra con la fiera opposizione della innumerevoli fazioni armate che ormai spadroneggiano nel territorio. Fra i tanti, i più agguerriti sono i membri dell'Esercito di Resistenza degli Rahanwein (RRA) guidato da Hassan Mohamed Nur, appoggiato dalla vicina Etiopia.
E così arriviamo finalmente a noi e a nostri panettoni.

Da metà dicembre, si infittiscono gli scontri fra truppe governative somale e fazioni islamiche, e si segnalano “movimenti di uomini e mezzi militari appena fuori Buur Hakaba, base del Consiglio delle Corti Islamiche Somale (CCIS)”, sino all’ultimatum lanciato dal governo di Addis Abeba, affinché i 30mila etiopi presenti a Mogadiscio lascino la Somalia, altrimenti sarà la guerra.
Come in effetti sta regolarmente accadendo.

A questo punto basta fare lo sforzo di leggere un giornale, o ascoltare un telegiornale: il primo ministro dell’esecutivo di transizione Gedi ha dichiarato che le forze islamiche, più quattro mila mercenari, si preparano a un attacco dal sud del Paese. D’altra parte ha aggiunto: “Non credo che le Corti Islamiche (che hanno il controllo di Mogadiscio) siano pronte al dialogo, alla pace ed alla stabilità in Somalia, anzi, dimostrerebbero la volontà di attaccare il governo di Baidoa”. Baidoa è, per tutti quelli che lo ignorano, e immagino siano molti, la regione della Somalia dove ha sede il governo di transizione, riconosciuto dalla comunità internazionale, che vorrebbe assicurarsi il controllo di Mogadiscio, secondo il portavoce del governo riconosciuto, Abdirahman Dinari.
Ma, per tornare alla metafora già usata, il casino è sempre più incasinato: e quindi, per non saper né leggere né scrivere, il Programma Alimentare Mondiale (Wfp) ha sospeso i suoi lanci di aiuti umanitari.

Ora il centro nevralgico di quest’assurda situazione è Mogadiscio, contesa fra le varie fazioni somale islamiche, il Consiglio delle Corti Islamiche Somale e gli etiopi: immaginiamo l’allegria della popolazione civile, abbandonata a se stessa dagli aiuti internazionali, terrorizzata dall'idea di rappresaglie e atti terroristici sul modello iracheno in attesa di vedere da questa ennesima follia cosa verrà fuori.
Per il momento gli islamici hanno rinunciato alla Jihad e non hanno conquistato la città di Mogadiscio, ma niente vieta che questo fragile equilibrio si spezzi da un momento all’altro, e ne nascano probabilmente come minimo altri dieci anni di guerra: alla speranza non c’è mai fine...
Intanto i conti dei caduti si arricchiscono di circa mille morti e tre mila feriti, tutti di fazione islamica, il che non significa che le loro vita valgano meno, anche se indiscutibilmente ci si potrebbe chiedere perché non se ne sono stati tranquilli a casa loro, visto che in Somalia, afflitti da uno sfrenato nazionalismo, hanno già i loro guai fin sopra i capelli?

Mentre succedeva tutto questo, il premier etiopico Zenawi cadeva elegantemente dalle nuvole, il 26 dicembre, affermando ufficialmente che l’intervento armato delle forze etiopiche, che avanzano su tutti i fronti, aveva spazzato via i terroristi internazionali (con metodi terroristici, ma questo ce lo diciamo fra noi, sottovoce) anche grazie all’intervento delle forze aeree islamiche, che avevano indotto a un ritiro generale delle forze somale.

Dopo tutto ciò, ne capite qualcosa di più, a parte ipotizzare un attacco massiccio di zanzare tigre geneticamente modificate che ha colpito tutti gli abitanti maschi nella regione in grado di combattere, inducendo una follia omicida generalizzata?

Io personalmente no: guardo, inorridisco, cerco di capire ma proprio non ci riesco. Se a voi riesce meglio, vi prego, fatemi un fischio....

ps.
Nella sostanza, una accettabile traduzione di Barrà potrebbe essere: vai fuori dai coglioni, e si riferisce al periodo ONU. Lascio ai lettori le ovvie deduzioni...

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postato da la Parda Flora alle 13:30  

 

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