“Nessun uomo in effetti può vagabondare senza una base. Bisogna avere una sorta di cerchio magico a cui si appartiene che non è necessariamente il luogo nel quale si è nati o si è stati allevati - Bruce Chatwin confessò pochi anni prima di morire a un’amica - E’ un posto con cui ci si identifica, in cui ci capita sempre di tornare... E’ quello che Proust definisce il terreno su cui posso ancora costruire.”
( Domanda: "Come si diceva quando ci si sente così estranei a tutto e soli, perduti i propri fratelli d'arme, da non avere più radici da nessuna parte, se non forse in un passato troppo lontano?"
Risposta della M.: "E non era proprio esattamente questa sensazione, era per rendere il trovarsi in una realtà ed esserne contemporaneamente fuori: idea che uno studioso di origini russe ha espresso (riferendosi all'ultima generazione sovietica) con un termine preso in prestito da Bachtin, vnenachodimost' (vne+nachodimost', dove vne è fuori), tradotto in inglese come outsideness (italiano extralocalità).Il termine resta molto bello e flessibile, tanto da prestarsi appunto a essere applicato ad altri ambiti e situazioni.")Etichette: parole e pensieri scritti sfacciatamente per me (checché ne dica l'Autore) |